Si prospetta un periodo difficile per il dollaro australiano e per la neozelandese. Entrambe le monete, nella seduta di giovedì 21 febbraio, hanno registrato una forte svalutazione dovuta alle tensioni tra l’Australia e la Cina. La pietra dello scandalo sarebbe stato un attacco hacker ai danni della rete di computer del Parlamento di Canberra all’inizio di febbraio. Secondo i media australiani, sarebbe stata proprio Pechino la responsabile di questo attacco informatico.
L’accusa, respinta con forza dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha tuttavia prodotto un effetto psicosi presso la autorità australiane che, spinte anche dalle insistenze americane, hanno deciso di bandire dal suolo australiano i sistemi per le telecomunicazioni 5G delle aziende cinesi Huawei e Zte, ritenuti un rischio per la sicurezza nazionale. Affronto che non poteva non avere conseguenze. Per rappresaglia, infatti, le autorità doganali dei principali porti cinesi hanno vietato a tempo indefinito le importazioni di carbone termico dall’Australia.
L’impatto della decisione è ancora da valutare ma influirà sicuramente sul budget statale australiano considerato che solo lo scorso anno, la Cina ha importato circa 80 milioni di tonnellate di carbone dall’Australia. Il primo campanello d’allarme è arrivato dal dollaro australiano che, rispetto al dollaro americano, a seguito della notizia ha registrato un calo giornaliero dell’1,35%, passando da un massimo di 0,72 dollari al minimo di 0,7070 dollari. Nell’ultima seduta della settimana si è però assistito a un leggero recupero che ha fatto chiudere la settimana di contrattazioni dell’Aussie a ridosso di 0,7135 dollari.
Tecnicamente però, il movimento di venerdì 22 febbraio dovrebbe essere solo un rimbalzo fisiologico prima di riprendere la via discendente. Nelle prime sedute della settimana prossima, il dollaro australiano contro il dollaro americano potrebbe dunque ritornare verso i minimi relativi del 12 febbraio, nell’area supportiva di 0,7060 dollari. Se questa configurazione si dovesse avverare, verrebbero inoltre a crearsi i presupposti per la formazione di un testa e spalle ribassista. Questa figura tecnica avrebbe la sua neck line intorno ai 0,7040 dollari che se rotti a ribasso potrebbero sviluppare un movimento ribassista sul cambio della stessa ampiezza dell’altezza tra la neck line e la testa. Il risultato finale di questa situazione potrebbe essere un ritorno verso l’area di 0,68 dollari.
Dollaro neozelandese/dollaro Usa. Situazione leggermente diversa per il kiwi, cambio che è stato impattato dalle vicende Cina/Australia (per la forte correlazione tra la Nuova Zelanda e Canberra) ma che nell’ultima giornata dell’ottava ha recuperato più dell’Aussie. Il dollaro neozelandese ha infatti trovato una solida base di ripartenza sulla trend line rialzista, che sta funzionando da supporto dinamico, incrociata sul minimo di 0,6755 dollari. L’impostazione di questo cambio risulta essere molto più solida con target rialzista di breve a 0,6880 dollari. (riproduzione riservata)