In vista del dato PCE e dell’audizione di Powell, cresce il nervosismo del mercato (di Arnaud Masset). Oggi pomeriggio sarà diffuso il barometro dell’inflazione preferito dalla Fed riferito al mese di gennaio, vale a dire l’indice di fondo sui consumi personali (Core PCE). Fra gli investitori cresce la tensione, perché la Fed monitora con attenzione questo indicatore, che potrebbe influire significativamente sul corso della politica monetaria negli USA. La pubblicazione dell’IPC di gennaio ha già provocato forti reazioni sui mercati finanziari; i partecipanti al mercato hanno, infatti, adeguato le loro posizioni in vista di un corso dei tassi più ripido. A gennaio il PCE primario dovrebbe essere rimasto stabile all’1,7% a/a, quello core dovrebbe attestarsi all’1,5% a/a.
Il secondo appuntamento chiave della giornata è l’audizione del presidente della Fed Powell alla commissione bancaria del Senato. Crediamo che Powell ammorbidirà la sua posizione da falco sull’economia USA. Durante un’audizione al Congresso, Powell aveva detto che la Fed potrebbe aumentare i tassi quattro volte nell’anno in corso, rispetto ai tre rialzi previsti dai partecipanti al mercato e segnalati finora dalla banca centrale.
Quindi cosa devono aspettarsi gli investitori dalla giornata odierna? Da una parte, un rialzo inaspettato dell’inflazione potrebbe davvero spingere il dollaro; tuttavia, come discusso ieri, tassi d’interesse più elevati potrebbero frenare la crescita USA, visto l’alto indebitamento del settore privato e il budget federale già tirato. Ma oggi, durante la sua audizione al Senato, Powell potrebbe anche ricorrere a toni più accomodanti. Crediamo quindi che, nel complesso, il rischio per l’USD sia inclinato al ribasso.
L’EUR/USD al momento si muove intorno al minimo della sua fascia mensile. Lo sfondamento del forte supporto a 1,2165 spianerebbe la strada verso 1,20, poi 1,1916 (minimo 9 gennaio). Al rialzo, la prima resistenza si trova intorno a 1,2350 (massimi precedenti), seguita da 1,2555 (massimo 16 febbraio).
Stupisce la crescita indiana (di Vincent Mivelaz). Il Prodotto Interno Lordo indiano del T4 (ottobre-dicembre) pubblicato mercoledì è stato motivo di grande sollievo per il primo ministro Narendra Modi. L’indice, infatti, si è attestato al 7,20% (previsione: 6,90%), a fronte del 6,30% e del 5,70% dei trimestri luglio-settembre e aprile-giugno; si tratta della maggiore crescita trimestrale dell’anno. In numeri relativi, l’India diventa così l’economia che cresce più velocemente (PIL 2017 di India e Cina: 7,10% e 6,80%), con la Cina che inizia a vedere segnali di rallentamento nei consumi e nel manifatturiero (IPC di gennaio ai minimi dal luglio 2017, IPP al tasso minimo dal novembre 2016 e PMI manifatturiero al minimo dal luglio 2016).
Il Sensex indiano è tuttavia sceso a 34.153 punti (-0,56%) dopo la pubblicazione, sulla scia della flessione globale degli indici azionari. (riproduzione riservata)