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Cina in rosso, teme per i dazi tech negli Usa
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Cina in rosso, teme per i dazi tech negli Usa

di Elena Dal Maso
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Hong Kong sotto stress. Sono arrivati i funzionari mandati da Trump a Pechino per discutere di barriere commerciali. La Cina ha messo le mani avanti, avvertendo che non intende accettare pre-condizioni. Il dollaro cede visibilmente dopo il discorso di ieri della Fed

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Giappone chiuso oggi per festività, mentre alle ore 7:40 italiane la Cina viaggia in rosso. L'Hang Seng soffre di più (-1,27%, ma i cali sono stati anche più forti) e Shanghai sta recuperando le perdite dell'avvio (+0,12%). Che cosa accade in Asia? Le vendite si stanno concentrando sul settore tecnologico per i timori di ritorsione degli Usa sull'import di beni tech da produttori cinesi. E questo avviene mentre i funzionari mandati dal presidente americano, Donald Trump, a Pechino per trattare di dazi sono appena arrivati e hanno già anticipato che resteranno solo fino a domani sera.

Intanto l'oro guadagna lo 0,34% a 1.310 dollari l'oncia e il petrolio americano (Wti) arretra dello 0,15% a 57,83 dollari il barile. Dopo che la Fed si è espressa ieri sera in sede di Fomc, nella notte si è vista una certa volatilità sulle valute e oggi il trend del dollaro è debole con l'euro che sale dello 0,31% a 1,987 e lo yen che si rafforza dello 0,22% a quota 109,6.

Ieri il board della Fed ha segnalato la volontà di permettere all'inflazione di superare appena il target del 2%, aggiungendo un riferimento alla natura "simmetrica" di questo obiettivo. Il Federal Open Markets Committee ha rilevato un leggero aumento della crescita economica nel primo trimestre, rimuovendo però ogni riferimento nella dichiarazione di marzo secondo cui le prospettive economiche si sarebbero "rafforzate negli ultimi mesi".  La frase è stata poi bilanciata con un'annotazione alla forte crescita degli investimenti delle imprese. Gli investitori negli Usa hanno interpretato il discorso come una conferma ai 3 aumenti del costo del denaro nel 2018, di cui il prossimo a giugno.

Il segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin, è quindi arrivato oggi a Pechino per una visita di due giorni in cui verranno discussi gli attriti sul Commercio tra Cina e Stati Uniti. Mnuchin è a capo di una delegazione speciale che comprende anche il segretario al Commercio Usa, Wilbur Ross, gli adviser della Casa Bianca Peter Navarro e Larry Kudlow, e lo Us Trade Representative, Robert Lighthizer. In programma, per il viaggio che si concluderà domani ci sono discussioni con i più alti funzionari cinesi dell'economia, tra cui il vice primo ministro, Liu He, consigliere economico del presidente Xi Jinping, e capo della delegazione cinese nei colloqui.

L'arrivo della delegazione è stato segnalato anche da un tweet del presidente Usa, Donald Trump, che si dice impaziente di incontrare di nuovo il presidente cinese, faccia a faccia. "Il nostro grande team finanziario è in Cina per cercare di negoziare un piano egualitario sul commercio!", ha scritto Trump su Twitter poco dopo l'arrivo a Pechino delle delegazione guidata da Mnuchin. "Sono impaziente di incontrare il presidente Xi in un futuro non lontano. Avremo sempre una buona (grande) relazione". L'entusiasmo per i colloqui è stato, però, molto ridimensionato negli ultimi giorni, sia da parte cinese che statunitense.

"Se la delegazione statunitense verrà in buona fede, i colloqui potranno essere costruttivi", ha dichiarato ieri la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, aggiungendo che sarebbe però irrealistico aspettarsi una risoluzione dei problemi dopo un solo round di colloqui. Molto più duro il giudizio di un funzionario del governo di Pechino, che nelle scorse ore aveva sottolineato al South China Morning Post che la Cina non intende soccombere nella disputa sul Commercio con gli Stati Uniti e che la Cina è pronta a combattere "fino alla fine" una guerra commerciale con gli Stati Uniti.

In particolare, secondo fonti che hanno parlato al New York Times nei giorni scorsi, la Cina non intende cedere su due precondizioni poste da Trump per il successo delle trattative: la riduzione del deficit commerciale bilaterale a vantaggio di Pechino di cento miliardi di dollari, e il ridimensionamento del piano di sviluppo del manifatturiero avanzato, il Made in China 2025.

Intanto il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha lanciato un appello a Donald Trump, chiedendo al presidente Usa di non uscire dall'accordo sul nucleare iraniano del 2015. Parlando alla Bbc, Guterres ha avvertito che ci sarà un reale rischio di guerra se l'accordo non sarà preservato. Trump deciderà entro il 12 maggio se uscire dall'accordo.

Orario di pubblicazione: 03/05/2018 07:40
Ultimo aggiornamento: 03/05/2018 08:01


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