Il risultato elettorale del M5S è storico. Superare di slancio lo sbarramento del 30% in una competizione elettorale proporzionale pone il movimento politico che riesce a compiere tale impresa al centro dei giochi. Il risultato non era per nulla scontato, pur essendo stati i pentastellati il partito più votato alla Camera già nel 2013 con il 25%, perché nel frattempo il M5S era diventato per il Pd e per Berlusconi il nemico politico numero uno. Quindi il più attaccato dai media ed il meno gettonato tra i cosiddetti poteri forti.
Eppure la linea politica di svolta scelta per il M5S da Luigi Di Maio e da Davide Casaleggio ha dato i suoi frutti, visto che sono riusciti a guadagnare quasi sette punti percentuali rispetto al 2013 e sono oggi di gran lunga il partito più votato che stacca a doppia cifra, di dodici punti percentuali, un Pd scarnificato perfino nelle ex regioni rosse. Di Maio e Casaleggio hanno preso in mano il movimento, concordando con Beppe Grillo il superamento della linea del vaffa e del movimentismo permanente e anche la fine del protagonismo del comico genovese, per imboccare una agenda politica “di governo”. Niente più attacchi frontali all’euro, niente più attacchi alle istituzioni, niente più arroccamenti sull’Aventino della politica al grido “o governiamo da soli o morte”.
Di Maio e Casaleggio hanno, in silenzio, trasformato la startup politica di maggiore successo al mondo, un fatto troppo ignorato in Italia visto che a suo modo il M5S è la Apple della politica democratica, per incanalarla sulle rotaie della governabilità. Non era per nulla una scelta facile, quella di innestare cellule di cultura di governo in una organizzazione politica così movimentista ed originale, per questa ragione è indubitabile la vittoria della strategia del duo Di Maio- Casaleggio che ha ora in mano buona parte delle carte della non facile partita che si è aperta domenica notte.
Come dovrebbero valutare il risultato italiano le cancellerie europee e soprattutto la Cancelliera Angela Merkel? A Berlino il M5S è ancora un oggetto poco conosciuto ma a questo punto, non essendoci più in Italia ancoraggi veri del PPE, aiutare l’evoluzione governativa del partito più votato dagli italiani è la scelta più conveniente che la Merkel può assecondare. Gli italiani hanno chiaramente detto che non vogliono più governi tecnici o non eletti da alcuno, come è accaduto senza soluzione di continuità da Monti in poi, ed insistere sull’implicito commissariamento del paese con una Lega così forte porterebbe all’escalation della tensione con Bruxelles. Offrire, non diciamo l’entusiastica apertura di credito concessa quattro anni fa al neo premier Matteo Renzi, ma quantomeno una sponda costruttiva ad un governo costruito attorno al risultato elettorale del M5S aiuterebbe Berlino a comprendere meglio quanta e quale panna si cela sotto la svolta del M5S.