Un colosso. Opaco, iper-indebitato e (forse) pronto a implodere. È il modo un po’ allarmista con cui viene talvolta dipinta la Cina. Ma al di là delle molte contraddizioni e delle inevitabili resistenze al cambiamento, il Dragone è impegnato in un radicale processo di trasformazione che riguarda alcuni dei settori chiave del Paese. In alcuni casi ha già rivelato buone possibilità di successo. Ma questo non dovrebbe autorizzare ad abbassare la guardia. Prendiamo il macroscopico eccesso di capacità produttiva accumulato negli anni. “Alcune province hanno approfittato di un ambiente macroeconomico favorevole per accelerare il processo di riduzione delle inefficienze o incoraggiare operazioni di M&A. Se consideriamo il settore siderurgico, la Cina ha fissato l'obiettivo di ridurre la capacità produttiva di 150 milioni di tonnellate entro il 2020. L’iniziativa è stata un successo e si dovrebbe raggiungere questo obiettivo entro la fine dell'anno”, racconta Charles Sunnucks, fund manager emerging markets di Jupiter am. Questo significa che si apriranno opportunità interessanti per le aziende più efficienti, ma molte altre andranno incontro a un drastico declino. Un altro settore protagonista di una rapida evoluzione è quello finanziario. Il forte controllo statale sui mercati finanziari cinesi ha incentivato i banchieri più esperti ad aggirare la regolamentazione in materia di credito, spostando l’erogazione dei prestiti tradizionali verso il perimetro dei prodotti d’investimento e di wealth management, un’area con una vigilanza più limitata e che non richiede adeguamenti di capitale. Questo sistema bancario “ombra” è andato a gonfiarsi fino a raggiungere dimensioni inquietanti, che hanno sostenuto la crescita degli asset, creando però un notevole rischio sistemico, non pienamente riflesso nei dati ufficiali. “L'anno scorso l'Autorità cinese di regolamentazione finanziaria ha iniziato a proporre misure più incisive per limitare la crescita del cosiddetto "shadow banking” e questo ha già avuto un impatto positivo sulle pratiche di finanziamento. Tuttavia – precisa il gestore di Jupiter am - sebbene la recente crescita degli asset bancari sia rallentata, i livelli di debito del sistema sono ancora elevati e ciò richiederà riforme continuative sul medio termine”. Si calcola che i debiti dello Stato, delle famiglie e delle imprese abbiano raggiunto a livello aggregato un’entità pari a circa il 260/280% del pil cinese. Il timore è che prima o poi il processo di riduzione della leva finanziaria possa mandare in tilt l’economia del Dragone. In alcune aree delle sviluppo tecnologico, d’altro canto, la Cina è tra i leader globali. Basti pensare che circa il 15% di tutte le vendite al dettaglio avviene online, una percentuale quasi doppia rispetto agli Stati Uniti.