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Mediaset paga la sconfitta di Forza Italia
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Mediaset paga la sconfitta di Forza Italia

di Andrea Montanari
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Il titolo cede il 4,5% perché si allontana un ruolo centrale di Berlusconi nella formazione del nuovo governo. E le pressioni su Vivendi potrebbero attenuarsi

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Non c'è solo la sconfitta alle urne a preoccupare Silvio Berlusconi. Perché il leader di Forza Italia, partito superato nella coalizione di Centrodestra dalla Lega Nord di Matteo Salvini, deve preoccuparsi anche dei destini di Mediaset, uno dei peggiori titoli del listino principale assieme alle banche. Le attese della vigilia elettorale di un possibile rilancio dell'ex premier avevano aperto scenari positivi e ottimistici sul futuro del gruppo televisivo di Cologno Monzese nell'ottica di una vittoria industriale e legale con Vivendi. Questo perché non si è trovato alcun accordo extragiudiziale tra i due contendenti e ora si andrà a fine ottobre con la nuova udienza in tribunale sulla causa avanzata dal Biscione con la richiesta di risarcimento danni da 3 miliardi all'azionista (28,8%) francese per il mancato rispetto dell'accordo vincolante firmato tra le parti nell'aprile di due anni per la vendita della pay tv Premium.

Ora, però, a urne chiuse e a spoglio definito, lo scenario cambia drasticamente. Perché se gli analisti e il mercato si attendevano, in qualche modo, un ruolo da protagonista di Berlusconi nel possibile governissimo Centrosinistra-Centrodestra, magari a trazione FI, adesso lo scenario pare nettamente diverso. La vittoria netta dei 5Stelle e l'exploit della Lega Nord potrebbero cambiare le carte in tavola e non portare a questa opzione di governo. Con un effetto immediato sulle strategie berlusconiane, a partire dalla possibile nomina di Adriano Galliani a ministro dello Sport (con delega ai diritti televisivi che impattano sul calcio italiano).

L'esito di questa tornata elettorale, di fatto, boccia Mediaset, crollata anche del 5% all'apertura del listino. Perché ora non vi è più la certezza di questa opzione garantista e pro-Biscione. E così il mercato già si interroga sul futuro della battaglia legale con Vivendi. Gruppo che avrebbe potuto subire contraccolpi, sempre di natura politica, in caso di affermazione di Forza Italia, per quel che riguarda il futuro di Telecom Italia, impegnata tra le altre cose nel progetto di scorporo della rete.

In attesa di capire come sarà formato il prossimo esecutivo, nelle sale operative si fa notare che per Mediaset – la cui raccolta pubblicitaria d'inizio anno dovrebbe essere partita con un segno positivo, in linea con le attese, anche se gli ascolti non stanno premiando le reti - l'opzione possibile resta solo quella dell'accordo con i francesi. Del resto, come ha fatto notare il professore della Bocconi, Massimo Scaglioni, nell'inchiesta di MF-Milano Finanza nel numero in edicola sul futuro della tv in Europa, Vivendi sta già lavorando nell'ottica del polo multimediale avendo a disposizione diverse frecce al suo arco. L'azienda guidata da Arnaud de Puyfontaine, a differenza di Mediaset, infatti è già diversificata sul fronte della produzione dei contenuti e dell'offerta. Perché controlla Universal Music, il principale operatore del settore a livello mondiale. Inoltre, è il primo azionista di Banijay (partecipata anche dalla De Agostini), ovvero il secondo operatore su scala mondiale in termini di produzione di contenuti televisivi (reality show e serie tv) dietro il big Endemol, un tempo partecipata dalla stessa Mediaset.

Inoltre, è già presente in diversi Paesi, oltre alla Francia, con la sua pay tv Canal+. E infine ha in portafoglio due grossi produttori di videogame, quali Gameloft e Ubisoft. Tutti asset da sfruttare in ottica multimediale. Mentre il Biscione deve ancora capire cosa farsene di Premium, legata indissolubilmente al futuro del calcio giocato in tv. Per questo, secondo gli esperti di mercato, l'unica soluzione possibile per la famiglia Berlusconi è quella di riprendere i contatti con Bolloré. Anche se ora la posizione, soprattutto politica, appare indebolita. Perché alternative non ce ne sono. Restare arroccati sulle posizioni di leader, in termini di raccolta pubblicitaria, in Italia e Spagna, sul mercato della televisione gratuita, in un'ottica di lungo periodo, potrebbe non bastare più.

Il mercato, come dimostrano le grandi operazioni studiate negli Usa (da AT&T-Time Warner a 21st Century Fox-The Walt Disney Company) e come certifica la corsa ad aggiudicarsi Sky Plc (prima pay tv satellitare europea con quasi 23 milioni di clienti, 4,78 milioni dei quali in Italia), è quella della convergenza e dell'aggregazione. Per non essere prima o poi fagocitati dai colossi digitali, a partire da Google, Facebook, Amazon e così via. E senza trascurare la minaccia sempre più incombente rappresentata da Netflix.

Ovviamente, in caso di un progetto multipiattaforma e condiviso, anche Telecom Italia potrebbe essere coinvolta dai francesi di Vivendi. Sempre che ora il dialogo con Mediaset venga riattivato. Ma questa volta potrebbe essere d'interesse anche per i Berlusconi, anche perché salvo qualche eccezione, la guerra sugli ascolti con la Rai è sovente persa, in particolare per quello che riguarda le due reti ammiraglia, Rai1 e Canale5. Altrimenti, l'unica alternativa che resta realmente al Biscione sarebbe cedere Premium a Sky Italia. Anche se al momento, per questioni di concentrazione di mercato, questa opportunità non è facilmente realizzabile. E la stessa pay guidata da Andrea Zappia ha pochi margini di manovra viste le grandi operazioni che si stanno concentrando sulla casa madre londinese.

MF - Numero 046 pag. 8 del 06/03/2018


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