L'Asia chiude bene la settimana, sostenuta oggi dal premier cinese Li Keqiang, che ha concluso a Pechino i lavori del partito con una serie di promesse di stimoli. Il Nikkei finisce la corsa in rialzo dello 0,77%, mentre alle ore 7:30 italiane l'Hang Seng guadagna lo 0,81% e Shanghai sale dello 0,75%.
Oro in salita dello 0,45% a 1.301,3 dollari l'oncia, mentre il petrolio Wti americano cresce dello 0,15% a 58,71 dollari il barile. Euro in rinforzo dello 0,10% a 1,1318, yen stabile a 111,64, mentre la sterlina è ferma alla chiusura di Wall Street a quota 1,32 42. I futures sulla borsa americana sono positivi per lo 0,3%.
Oggi il premier Li Keqiang ha spiegato in conferenza stampa che la Cina può utilizzare i requisiti di riserva e i tassi di interesse per sostenere la crescita economica. Li ha promesso ampie misure politiche per prevenire una decelerazione più acuta del previsto, mentre la seconda economia mondiale sta crescendo al ritmo più lento in quasi tre decenni. Il Paese punta per il 2019 a un aumento del pil tra il 6% e il 6,5%, in calo dal 6,6% del 2018, il ritmo più lento degli ultimi 28 anni.
Uno dei fattori importanti della frenata è la guerra commerciale dei dazi delle prime due potenze economiche mondiali. E, nonostante l'ottimismo di Li su una possibile soluzione alla diatriba, ieri sera è intervenuto a Washington il segretario al Tesoro Steven Mnuchin per precisare che il vertice fra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping non avrà luogo alla fine di marzo come previsto.
Li Keqiang ha specificato che "possiamo implementare strumenti di politica monetaria fondati sulla quantità o sul prezzo (quantity-based or price-based policy tools, ndr) come i requisiti di riserva e i tassi di interesse. Non si tratta di un allentamento monetario, ma di un sostegno più efficace all'economia reale".
La banca centrale cinese ha tagliato i coefficienti di riserva degli istituti di credito cinque volte dallo scorso anno, con una doppia riduzione a gennaio, iniettando in questo modo 1.500 miliardi di yuan (223,23 miliardi di dollari) nel sistema finanziario. Ulteriori tagli nei coefficienti di riserva erano ampiamente previsti dagli economisti, dopo che nuovi dati sull'export e sull''inflazione hanno evidenziato una domanda persistentemente debole, sollevando i timori di un rallentamento più netto.
Un taglio generalizzato dei costi di finanziamento potrebbe tuttavia rischiare un'altra riacutizzazione del debito, già alto in Cina e l'avvio di attività speculative che si sono registrate dopo la crisi finanziaria globale del 2008-9. Ed è questa la ragione per cui la riduzione del costo del denaro in Cina è vista come una soluzione da prendere con cautela.
Intanto i tagli promessi all'Iva nel settore produttivo entreranno in vigore dal 1° aprile (la riduzione è del 3% e l'aliquota passa dal 16% al 13%, quella per i settori dei trasporti e delle costruzioni sarà limata dal 10% al 9%), mentre le tasse sui versamenti previdenziali saranno ridotte dal 1° maggio. Il premier Li ha aggiunto che il governo assumerà maggiori misure quest'anno per ridurre i costi di finanziamento per le piccole e micro imprese di un punto percentuale.
Intanto i dati di ieri sul tasso di disoccupazione hanno evidenziato una crescita al 5,3% a febbraio, dal 4,9% di dicembre, in parte a causa della perdita di posti di lavoro da parte delle aziende orientate all'export.