Le borse asiatiche hanno sovraperformato gli indici mondiali nel corso del primo trimestre dell'anno, con l'indice MSCI Asia Ex-Japan che ha registrato un rendimento dello 0,4% a fine marzo, contro l'indice MSCI World che ha visto un calo dell'1,7%. A guidare i rendimenti per l'Asia sono state le economie spinte dai mercati interni, tra cui l'indice Msci China che ha registrato un ritorno del 2,2% nel primo trimestre. «Le aziende dell'healthcare e del settore immobiliare hanno sovraperformato, mentre le telecomunicazioni hanno registrato un calo», ha sottolineato Christopher Chu, Fund Manager Asian equities di Union Bancaire Privee (Ubp). «L'indice Msci Asean ha visto un ritorno dell'1,4% nel periodo in esame, grazie all'aumento degli investimenti interregionali e degli scambi che continuano a sostenere la crescita economica. I mercati si sono focalizzati prevalentemente sul rischio geopolitico proveniente dagli Stati Uniti e sulle prospettive che un'amministrazione della Casa Bianca più aggressiva possa far deragliare lo slancio della crescita economica». Gli annunci delle tariffe dell'acciaio e dell'alluminio, infatti, hanno riacceso le preoccupazioni sul protezionismo che, con il pretesto della sicurezza nazionale, potrebbe creare un effetto domino, in cui altri paesi potrebbero adottare misure di ritorsione simili che farebbero deviare la ripresa dell'economia globale. «Nonostante il rumore, queste preoccupazioni sono a nostro avviso ingiustificate, in quanto le misure tariffarie fanno ben poco per affrontare le preoccupazioni economiche strutturali», ha rassicurato l’esperto di Ubp. «Inoltre, queste politiche sono autolesionistiche e la storia recente dimostra che i costi a medio termine superano i benefici immediati». Le tariffe di Trump prolungano la narrazione protezionistica e istigano ulteriormente la Cina. Trump continua a considerare il deficit commerciale un segno di debolezza per gli Usa e spinge la Cina a ridurlo di 100 miliardi di dollari (dai 375 miliardi) per correggere lo squilibrio. Questo non avrà l'effetto di stimolare un ciclo di investimenti privati e aumenterà invece la vulnerabilità degli Stati Uniti, mettendo in luce la loro dipendenza economica. Le principali esportazioni statunitensi verso la Cina comprendono infatti prodotti agricoli, che possono subire la concorrenza di prodotti brasiliani. Fattore che rinforza l'influenza di Pechino, in quanto l'agricoltura statunitense impiega un numero di lavoratori simile a quello dell'industria automobilistica, e il Brasile sarebbe probabilmente più disposto a espandere le relazioni commerciali con altre nazioni dopo che il Paese è stato tra i più colpiti dalle tariffe dell'acciaio statunitensi.