Quando si parla di sicurezza alimentare il più delle volte si pensa al rischio microbiologico, ovvero che un alimento per essere sicuro non debba contenere virus o batteri (come salmonella, clostridium botulinum, norovirus ecc) e quindi non provochi patologie acute al consumatore.

In realtà, per alimento sicuro si intende un alimento non solo privo di microbi, ma anche di residui fisici, allergeni non dichiarati e sostanze chimiche.

Rischio chimico – Proprio il rischio chimico viene spesso trascurato soprattutto dai consumatori. Quando si parla di rapporto tra alimentazione e salute infatti i residui chimici giocano un ruolo fondamentale nel rendere dannoso a lungo termine un alimento.

L’alimentazione può nuocere a lungo termine alla salute (soprattutto dal punto di vista cardio-circolatorio) quando è sregolata dal punto di vista nutrizionale, quando è eccessiva negli zuccheri semplici, nel sale o nei grassi saturi ma lo può essere ancor di più quando gli alimenti che mangiamo sono contaminati da sostanze chimiche, come pesticidi, metalli pesanti, sostanze derivanti dai processi di cottura o dai materiali di imballaggio.

I residui chimici infatti, anche se in tracce, a lungo termine possono essere molto dannosi per la salute, provocare tumori (ecco perché il rapporto tra tumori e alimentazione è così stretto) e tanti altri danni a svariati organi.

Il punto è che il rischio chimico è legato anche ad un altro aspetto fondamentale per la salute dell’uomo, ovvero la tutela dell’ambiente. Se il pesce che mangiamo contiene mercurio o se le verdure che coltiviamo contengono pcb o diossine non è colpa dell’ambiente, ma dell’uomo che nel tempo lo ha inquinato.

Tutto ciò che di negativo immettiamo nell’ambiente poi ci ritorna attraverso ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo.

I contaminanti ambientali che rappresentano una fonte di pericolo per la salute umana sono estremamente diversi e agiscono con molteplici effetti; in particolare poi, per quanto riguarda l’inquinamento degli alimenti, risulta obbligata la massima conoscenza sui livelli dei contaminanti negli alimenti stessi.

L’alimentazione umana è legata strettamente all’agricoltura, sia per il consumo diretto di alimenti di origine vegetale, sia per il consumo di carni e di altri alimenti provenienti da allevamenti in cui gli animali sono nutriti con prodotti derivanti dall’agricoltura stessa.

Anche i prodotti ittici ormai risultano contaminati da questo tipo di composti, poiché i fitofarmaci, per dilavamento del terreno ad opera della pioggia, finiscono nelle acque dei fiumi ed infine nei mari.

Nonostante l’attenzione sempre più crescente sulla tematica, è ancora tanta l’ignoranza nei consumatori. Quindi pensando a una ipotetica dieta da seguire vediamo quali possono essere i rischi chimici che si nascondono negli alimenti, cercando di capire anche quali sono le contromisure da adottare per limitare il più possibile i danni.

Colazione – Se partissimo da una ipotetica colazione potremmo pensare di bere del latte, tipico tra gli italiani di tutte le età. Il latte a livello chimico potrebbe contenere tracce di residui chimici, più precisamente di antibiotici. Tali sostanze infatti se usate in modo eccessivo nelle fasi di allevamento dell’animale possono poi ritrovarsi nelle carni e appunto nel latte.

Questo a lungo termine non comporta un rischio cancerogeno bensì provoca un fenomeno molto grave che è quello dell’antibiotico resistenza, poiché queste tracce di antibiotici che ingeriamo fanno si che i batteri presenti nel corpo e nell’ambiente sviluppino una resistenza all’antibiotico rendendolo non più efficace.

Il problema è forse più per le carni che per il latte poiché nel 2016, su 2.570 campioni di latte analizzati in Italia nell’ambito del Piano nazionale disposto dal Ministero della Salute, sono state registrate solo 5 positività, vale a dire lo 0,2% del totale. Anche in Europa il problema è molto contenuto: i dati complessivi forniti dai Paesi membri per il 2016 riportano solo 38 positività (0,16%) su 23.934 campioni di latte analizzati.

Continuando la colazione si potrebbero mangiare frutti come mele o banane contaminate da pesticidi. Le piantagioni di banane sono quelle in cui si usano il maggior numero di agrofarmaci che si possono poi ritrovare sulla buccia che hanno effetto cancerogeno e tossico per l’uomo.

Se il problema è la buccia si deve stare attenti a lavare bene e con acqua calda le banane prima di riporle nella dispensa (per evitare contaminazioni crociate magari con frutti che si mangiano con la buccia) e di cercare di scegliere banane biologiche dove la presenza di pesticidi sarà inferiore.

Tra gli alimenti più cancerogeni che potremmo mangiare durante la colazione però, ci sono sicuramente le micotossine. Queste sostanze chimiche di origine biologica infatti le possiamo trovare nei cereali, nel latte e nelle uova.

Le micotossine sono sostanze chimiche tossiche naturalmente prodotte dai funghi e da muffe che possono svilupparsi anche nei cereali destinati al consumo. Le micotossine sono prodotte da funghi microscopici (più comunemente conosciuti come muffe) che appartengono ai generi Fusarium (Gibberella), Aspergillus, Penicillium.

In particolari condizioni ambientali, quando la temperatura e l’umidità sono favorevoli, questi funghi proliferano e possono produrre micotossine.

Generalmente entrano nella filiera alimentare attraverso colture contaminate destinate alla produzione di alimenti e mangimi, principalmente di cereali. Dai cereali, alcune micotossine possono passare direttamente agli alimenti utilizzati dall’uomo (derivati da cereali come farine, prodotti da colazione ecc) oppure, attraverso i mangimi (mais compreso), venire ingeriti dagli animali e da questi passate agli alimenti da essi prodotti (latte, formaggio, uova ecc).

La tossicità per l’uomo e gli animali è data essenzialmente delle epatotossine dotate anche di attività cancerogena (1 ppb di aflatossina B1 nella dieta della trota è sufficiente per causare il cancro del fegato), mutagena e probabilmente teratogena. Tra esse la più potente è la B1 che per questo è stata oggetto di molte approfondite ricerche.

In conseguenza della loro azione lesiva sulle funzioni cellulari, alcune esplicano azione nefrotossica (ocratossine), epatotossica (aflatossine), immunotossica (aflatossine, ocratossine), mutagena (aflatossine), teratogena (ocratossine) e cancerogena (aflatossine, ocratossine, fumonisine).

La loro possibile presenza in molti alimenti costituisce oggi un motivo di crescente preoccupazione per la salute dei consumatori. Gli alimenti più esposti alla contaminazione diretta sono soprattutto cereali (mais, frumento, riso, orzo, segale, ecc.), semi oleaginosi (arachidi, girasole, semi di cotone, ecc.), frutta secca ed essiccata, legumi, spezie, caffè e cacao.

Per chi a colazione non riesce a mangiare ma beve solo un caffè, anche qua potrebbero nascondersi rischi, infatti il caffè potrebbe contenere acrylammide, sostanza cancerogena di cui si parlerà più avanti.

Pranzo – A pranzo molti italiani puntano ad un primo, magari ad una pasta al pomodoro. La pasta potrebbe contenere glifosato e vomitossina mentre il pomodoro, se per questioni di tempo si utilizza il passato nel tubetto, dalla confezione, soprattutto se schiacciata e ripiegata per farlo uscire meglio, potrebbe contenere alluminio migrato dal contenitore all’alimento con caratteristiche acide.

Per la pasta, sono stati diversi i test effettuati da Altroconumo o da Il Salvagente. Ad esempio uno degli ultimi test effettuati proprio da Altroconsumo hanno evidenziato la presenza della micotossina Don (deossinivalenolo). Lo studio de Il Salvagente ha evidenziato invece la presenza in alcune paste del Glifosato.

Se è vero che i livelli riscontrati rispettavano i limiti di legge,  un prodotto che si avvicina troppo alle soglie indicate può non essere indicato per i bambini più piccoli o per i ragazzi e comunque a lungo termine può incidere nel provocare problemi anche gravi alla salute.

Infatti i più piccoli, 0-3 anni, non dovrebbero mangiare alcune paste per adulti proprio perché potrebbero contenere dosi per loro eccessive di Don (meglio affidarsi ai prodotti specifici).

Se le micotossine sono classificate per lo più cancerogene, il glifosato, come tutti gli erbicidi e i pesticidi, è da tempo sotto osservazione. Finora, nonostante qualche studio contrario, era stato ritenuto relativamente innocuo.

Nel 2015, lo IARC, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che fa parte dall’Oms, lo ha inserito nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene”.  Un tumore in particolare sarebbe quello cui, in alcune analisi epidemiologiche, il glifosato è stato associato: il linfoma non-Hodgkin.

Per chi volesse fare un pranzo veloce a base di toast prosciutto e formaggio, non sarebbe esente dal rischio chimico.

Infatti sia nel toast che nel prosciutto possiamo trovare sostanze chimiche dannose a lungo termine. Nel prosciutto crudo ad esempio potremmo trovare nitriti e nitrati.

Nella preparazione dei salumi, nitriti e nitrati hanno una doppia utilità: aiutano a selezionare i microrganismi responsabili del caratteristico aroma finale e impediscono la proliferazione del botulino, il batterio che produce tossine mortali per l’uomo. In secondo luogo, concedono un bel colore rosso alle carni per il formarsi della nitroso-mioglobina che deriva dalla mioglobina (è la proteina che conserva l’ossigeno nei muscoli, simile all’emoglobina per il sangue).

In alcune condizioni – ed è qui il problema – i nitriti formano sostanze cancerogene chiamate nitrosammine. I nitrati, invece, per conto loro innocui, possono essere ridotti a nitriti e perciò formare anche loro le temute nitrosammine.

Questo è l’esempio tipico di come per contrastare il rischio biologico, si rende l’alimento pericoloso dal punto di vista chimico.

Il pane del toast se cotto troppo invece potrebbe contenere sulle bruciature, l’acrilammide. L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma nei processi di cottura ad alte temperature. Quando si forma negli alimenti a causa di eccessive cotture, diventa pericolosa, infatti l’acrilammide è un composto mutageno e potenzialmente cancerogeno, con tossicità sistemica ma preferenziale per il sistema nervoso sia centrale che periferico (causa polineuropatia) e quello riproduttivo.

La reazione principalmente coinvolta è quella tra asparagina e zuccheri riducenti come fruttosio e glucosio, o carbonili reattivi come appunto quello acroleinico, a temperature superiori a 120 °C. Viene ascritta alle sostanze SVHC (substance of very high concern), regolamentate REACH.

Proprio per queste ragioni negli ultimi anni l’EFSA ha dato diversi pareri sull’acrilammide, pareri rivolti alla Commissione Europea, utili alla realizzazione del REG UE 2017/2158.

Questa sostanza cancerogena la possiamo trovare nelle bruciature della pizza, nei prodotti da forno, sulle parti più imbrunite nelle patatine fritte, nel caffè, nel pane e nei cereali.

Se per i prodotti da forno o nelle patatine l’acrilammide si forma nei processi di cottura, nel caffè la fase responsabile è la tostatura dei chicchi di caffè.

Cena – Passando alla cena potremmo immaginare di mangiare del pesce con dell’insalata. Come si sa il problema del pesce (che a livello nutrizionale può essere un ottimo alimento poiché contiene Omega 3 utilissimi per la salute cardiocircolatoria) sta nella possibile presenza di metalli pesanti e residui chimici presenti nel mare.

Gli sversamenti dell’uomo vanno in mare dove vengono poi assorbiti dai pesci, in particolare dai molluschi (che vivono filtrando l’acqua del mare) e dai predatori, ovvero dai pesci più grossi.

Un esempio su tutti è la contaminazione di mercurio dei pesci di grossa taglia: squali (palombo, verdesca, smeriglio), il pesce spada e il tonno rosso. La norma comunque fissa un limite di 1 milligrammo per kg di peso del pesce per queste specie ittiche: rana pescatrice, pesce lupo, palamita, anguilla, pesce specchio, pesce topo, ippoglosso, abadeco del Sudafrica, marlin, rombo del genere Lepidorhombus, triglia, abadeco, luccio, palamita bianca, cappellano, squalo portoghese, razze, scorfano del genere Sebastes, pesce vela del Pacifico, pesce sciabola, pagello, squali (tutte le specie), tirsite, storione, pesce spada, tonno e tonnetto.

Per tutti gli altri pesci il limite fissato dall’UE è di 0,5 milligrammi per chilogrammo.

E’ importante che la presenza di mercurio sia sotto i limiti stabiliti dalla legge per evitare danni alla salute. I fattori che determinano il tipo e la gravità delle conseguenze prodotte sono: la forma di mercurio; la quantità, la durata e la via dell’esposizione (inalazione, ingestione, contatto cutaneo); l’età dell’individuo esposto (le fasi dello sviluppo del feto e del bambino sono, ad esempio, le più critiche).

Il mercurio è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una delle 10 sostanze (o gruppi di sostanze) chimiche che causano maggiori preoccupazioni per gli effetti che può produrre nella popolazione esposta. L’esposizione ripetuta a metilmercurio, principalmente attraverso la dieta, porta ad effetti neurologici.

Anche l’insalata non è esente da rischi. Il problema dei pesticidi l’abbiamo già citato, ed è presente anche nelle insalate in busta. Una analisi della rivista Il Salvagente mostra la presenza di residui chimici nelle insalate in busta. Ecco i risultati insalata per insalata, elencate in ordine di punteggio dalla migliore alla peggiore:

Bonduelle: Cadmio (mg/kg): 0,04 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Assenti

Coop: Cadmio (mg/kg): 0,04 Piombo (mg/kg): 0,02 Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,017

Ecor: Cadmio (mg/kg): 0,02 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Assenti

Esselunga: Cadmio (mg/kg): 0,05 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Eccellente Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,096 Mandipropamid 0,948

Eurospin: Cadmio (mg/kg): 0,02 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Buona Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,073 Mandipropamid 0,035 Metalaxyl 0,139 Chlorantraniliprole 0,028

Conad: Cadmio (mg/kg): 0,10 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Fludioxonil 0,899 Cyprodinil 2,112 Fosetil Al 0,200

Selex: Cadmio (mg/kg): 0,13 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,463 Pyraclostrobin 0,034

Carrefour: Cadmio (mg/kg): 0,09 Piombo (mg/kg): Assente Igiene: Buona Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,012 Cyprodinil 0,171 Mandipropamid 0,018 Metalaxyl 0,043

Lidl: Cadmio (mg/kg): 0,15 Piombo (mg/kg): 0,01 Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,133

Dimmidisì: Cadmio (mg/kg): 0,16 Piombo (mg/kg): 0,01 Igiene: Ottima Pesticidi (mg/kg): Boscalid 0,010 Abamectin 0,014 Fludioxonil 0,110

In alternativa chi vuole mangiare carne al posto del pesce sa di poter andare incontro al problema delle tracce di antibiotici (come già sottolineato) sino al cancro, specialmente consumando carne rossa e/o lavorata.

Nessuna patologia è causata soltanto dal consumo di carne rossa. Tuttavia gli epidemiologi concordano sul fatto che gli individui che seguono diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro. Riguardo ai tumori, il rischio aumenta soprattutto per quelli dell’apparato gastro-intestinale, come il cancro al colon-retto e allo stomaco, ma anche per alcuni tumori dipendenti dagli ormoni, come quello al seno, alla prostata e all’endometrio.

Nel 2015 l’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione, un’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A della classificazione dello IARC) e la carne rossa lavorata (insaccati e salumi) come sicuramente cancerogena (classe 1 della classificazione dello IARC).

Tutti i dati che hanno portato a tale classificazione e le riflessioni sul tema sono contenuti e descritti in dettaglio in una monografia dedicata a “Carni rosse e lavorate”, pubblicata dagli esperti IARC nel 2018 e basata sulla revisione di oltre 800 studi sull’ argomento.

Il problema alla salute della carne rossa è dato da uno dei suoi costituenti: il gruppo eme.

Diversi studi indicano che il gruppo eme stimola nell’intestino la produzione di alcune sostanze cancerogene e provoca infiammazione nelle pareti intestinali. Un’infiammazione prolungata nel tempo dovuta a una massiccia ingestione di carne rossa aumenta le probabilità di sviluppare tumori al colon-retto, che nei Paesi industrializzati, dove il consumo di carni rosse è molto diffuso, rappresenta una delle neoplasie più comuni e una delle principali cause di morte per malattie oncologiche.

Non solo: le carni rosse possono essere lavorate mediante essicazione, salatura o affumicatura, e conservate con additivi come nitrati, nitriti e idrocarburi policiclici aromatici. Negli studi epidemiologici in generale si distingue il consumo di carne fresca da quello di salumi e insaccati, proprio per via della diversa composizione.

I pasti saranno sicuramente accompagnati da del vino o della birra, che contengono alcol etilico, classificato come cancerogeno o semplicemente da dell’acqua minerale in bottiglia.

Anche l’acqua può nascondere dei problemi.  Una indagine realizzata nell’ambito del progetto Atlante Europeo dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Expert Group (pubblicata nel maggio 2010 dalla rivista ‘Le Scienze’) ha permesso di conoscere tutti i dati relativi alla composizione delle acque minerali europee.

Nel caso di quelle italiane è stato quindi possibile conoscere tra gli altri, anche il valore per litro del tanto discusso Arsenico.

Ecco l’elenco delle principali acque minerali e loro contenuto in Arsenico (ricordando che per tutte le acque minerali italiane prese in esame, in nessuna è stato riscontrato un valore superiore ai 10 microgrammi per litro).

Denominazione Acqua Minerale/Fonte Valore (microgrammi per litro): Acqua Gaudianello: 0.619; Acqua Santa Croce: 0.124; Acqua Leggera: 4.650, Acqua Lilia: 1.900; Acqua Sveva: 2.740; Acqua Ferrarelle: 6.810, Acqua Lete: 0.759; Acqua Lieta (Conad): 0.238; Acqua Galvanina: 0.162; Acqua Monte Cimone (Coop): 0.098, Acqua di Nepi: 5.710; Acqua Claudia: 0.059; Acqua Egeria: 8.910; Acqua Fiuggi: 1.850; Acqua Boario: 0.056; Acqua Coop (Sorgente Grigna): 0.390; Acqua Frisia: 5.640; Acqua Levissima: 6.200; Acqua Maniva: 0.675; Acqua Norda (Sorgente Daggio): 3.730 Acqua Norda (Nuova Acqua Chiara): 0.161 Acqua San Pellegrino: 1.380; Acqua Sant’Antonio: 0.475, Acqua Vitasnella: 0.117; Acqua Gaia: 0.248; Acqua Nerea: 0.102; Acque Alpi Cozie: 1.040;  Acqua Alte Vette (Iper): 0.407; Acqua Crodo Liesel: 0.088; Acqua Cime Bianche: 0.798; Acqua Lauretana: 0.019; Acqua San Bernardo: 0.489; Acqua Sant’Anna: 1.310; Acqua Sant’Anna (Fonte Vinadio): 5.220; Acqua Candida: 5.410; Acqua Funte Fria: 5.690; Acqua Isola Antica: 7.440; Acqua Pejo: 0.091; Acqua Fonteviva: 0.153; Acqua Panna: 0.355; Acqua Uliveto: 0.088; Acqua Fabia: 0.404; Acqua Rocchetta: 0.198; Acqua Sangemini: 0.204; Acqua Viva: 0.109; Acqua Dolomiti (Esselunga): 0.533; Acqua Guizza: 0.428; Acqua Recoaro: 0.054; Acqua San Benedetto: 0.468; Acqua Vera: 1.410.

L’Arsenico è classificato dall’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro come elemento cancerogeno certo di classe 1, e posto in diretta correlazione con molte patologie oncologiche, e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute. L’assunzione cronica di arsenico, soprattutto attraverso acqua contaminata, è indicata, da una rilevante documentazione scientifica, anche quale responsabile di patologie cardiovascolari, neurologiche, diabete, lesioni cutanee, disturbi respiratori, disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.

Tutti questi esempi ci fanno capire come è importante considerare anche il rischio chimico quando si parla di sicurezza alimentare. Bisogna sempre analizzare il problema considerando le dosi (sempre che i limiti previsti dalle norme non siano influenzati maggiormente dalla tutela dei mercati che dalla reale salute delle persone), il principio di precauzione e l’effetto cumulativo nel tempo.

Le misure – Ma cosa si può fare per contrastare tutte queste problematiche?

Le misure da attuare sono diverse:

  • Innanzi tutto ci si deve informare. La conoscenza dei rischi è la prima arma per poterli gestire. L’informazione deve avvenire leggendo però articoli scientifici, o comunque facendo riferimento a siti e riviste scientifiche, serie e credibili.
  • Si deve cercare di variare il più possibile la dieta, evitando di mangiare sempre gli stessi cibi ed evitando anche di comprare sempre le stesse marche e di comprare sempre negli stessi posti gli alimenti.
  • Si devono scegliere gli alimenti di stagione e preferire quelli prodotti e coltivati in zona. Alimenti che vengono dall’altra parte del mondo facilmente devono essere trattati per poterli mantenere in buone condizioni per molto tempo.
  • Preferire alimenti freschi a quelli conservati.
  • Evitare di mangiare alimenti bruciati.
  • Conservare gli alimenti alle giuste temperature e per i tempi massimi stabiliti dal produttore o dalla legge (per evitare fenomeni come ad esempio la sindrome sgombroide nel pesce conservato a temperature troppo alte e per tempi troppo lunghi).
  • Preferire prodotti biologici dove sicuramente il rischio non è pari a zero ma dove perlomeno (se il produttore è serio) è stato utilizzato un livello più basso di sostanze chimiche.
  • Si devono scegliere metodi di cottura più sani (vapore, bollitura) piuttosto che la frittura o su fiamma diretta che facilitano la formazione di IPA o acrilammide (cancerogeni).
  • Per cucinare si devono usare pentole in buono stato, eliminare le pentole con il fondo anti aderente rovinato e le pentole in alluminio piene di graffi dove lo strato di anodizzazione si è tolto e dove l’alluminio può migrare nell’alimento.
  • In cucina utilizzare in modo corretto le pellicole alimentari (quella in alluminio non potrà essere messa a contatto con alimenti acidi o salati mentre quella trasparente non potrà andare a contatto con cibi costituiti da grassi animali e vegetali). Sostituire la classica pellicola trasparente da cucina con quella senza PVC che non ha limitazioni di utilizzo.
  • Conservare gli alimenti in contenitori originali oppure in contenitori certificati MOCA (con il simbolino bicchiere forchetta), infatti spesso la contaminazione chimica deriva proprio da contenitori sbagliati o non adatti al contatto con alimenti.
  • Preferire l’acqua e le bevande in bottiglia di vetro piuttosto che in plastica.
  • Non bere bevande in lattina se la stessa è ammaccata, lo stesso vale per i tubetti sempre in alluminio.
  • Conservare gli alimenti alle temperature e nelle modalità previste dal produttore (esempio tenere certi alimenti lontano dalla luce del sole o al caldo o all’umido).
  • Limitare al minimo il consumo di carne rossa e quando la si mangia associarla sempre a verdura a foglia verde.
  • Scegliere fornitori ufficiali e di fiducia evitando di acquistare da fornitori occasionali non certificati.
  • Buttare gli alimenti che hanno muffe, considerando che da alcune muffe si possono generare tossine cancerogene (non si deve togliere la parte con la muffa e mangiare il resto dell’alimento).
  • Quando si puliscono e lavano le stoviglie, i piani di lavoro, gli strumenti da cucina si deve effettuare un buon risciacquo per eliminare ogni residuo di prodotto chimico.
  • Lavare bene frutta e verdura prima dell’utilizzo e togliere sempre la buccia.
  • Tenere gli alimenti separati per evitare contaminazioni crociate tra alimenti e per evitare di permettere a quelli più contaminati di contaminare anche gli altri.
  • Leggere le etichette degli alimenti confezionati per capirne i contenuti, gli additivi come i conservati utilizzati.
  • Acquistare pesce pescato in mari meno inquinati o in allevamenti.
  • Cercare di acquistare carne che deriva da allevamenti che non utilizzano antibiotici.
  • Ridurre al minimo il consumo degli alimenti più a rischio soprattutto per le fasce di età e per la popolazione più a rischio (come le donne incinte).
  • Infine è importantissimo fare di tutto, per evitare di contaminare l’ambiente, ogni persona, nel suo piccolo, deve fare qualcosa per migliorare l’ambiente che ci circonda per evitare di far finire in esso sostanze chimiche che poi ritorneranno a noi attraverso ciò che mangiamo e beviamo.

Dott. Matteo Fadenti


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