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Chernobyl: le conseguenze sui bambini nati dai sopravvissuti al disastro

La Giornata Internazionale in Commemorazione del disastro di Chernobyl, che si celebra il 26 aprile di ogni anno, rappresenta un momento di riflessione su uno degli eventi più catastrofici della storia: l'incidente nucleare del 1986 e le sue tragiche implicazioni sull'ambiente e sulla salute umana. In questo articolo, ci addentriamo in uno degli studi più esaustivi mai condotti, offrendo un quadro delle connessioni tra la ricaduta radioattiva del disastro e l'insorgenza di tumori.

DI Michael Greshko

pubblicato 11-04-2024

Chernobyl: le conseguenze sui bambini nati dai sopravvissuti al disastro

Presso il Thyroid Center di Minsk, in Bielorussia, i pazienti vengono trattati per gli effetti distruttivi sulla tiroide delle radiazioni dopo l’esposizione alla ricaduta radioattiva dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl nel 1986.

FOTOGRAFIA DI GERD LUDWIG, NAT GEO IMAGE COLLECTION

Il 26 aprile è la Giornata Internazionale in Commemorazione del disastro di Chernobyl. Un momento di profonda riflessione sul tragico evento che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'umanità. Non a caso proprio la mattina del 26 aprile 1986, un reattore della centrale nucleare nell'attuale nord dell'Ucraina esplose e prese fuoco, innescando un catastrofico incidente nucleare.

L’incendio infernale ha provocato immense nubi di fallout radioattivo che è penetrato nei polmoni delle persone, si è depositato sulle case, sui campi e sui pascoli del bestiame e ha contaminato le scorte alimentari. Latte, salumi e uova erano diventati, per usare le parole di un ingegnere nucleare, “un sottoprodotto radioattivo”.

Da allora, i ricercatori hanno monitorato la salute dei sopravvissuti al disastro di Chernobyl, dagli abitanti dei villaggi vicini ai cosiddetti “liquidatori” che hanno ripulito e costruito un imponente sarcofago di cemento attorno al sito. Circa 4 decenni dopo, un team internazionale ha analizzato in modo approfondito gli effetti genetici del disastro e la coppia di studi emersi dall’analisi ha rivelato dettagli rassicuranti.

Il più grande studio di questo tipo mai condotto — pubblicato sulla rivista Science — non ha riscontrato prove del fatto che i genitori che furono esposti alle radiazioni di Chernobyl abbiano trasmesso ulteriori mutazioni ai figli concepiti dopo l’esposizione, dissipando così antichi timori sulla possibilità che il disastro avrebbe potuto influire sulle generazioni future. I ricercatori sperano che i risultati siano utili anche per altre popolazioni colpite da incidenti nucleari, come quelle costrette all’evacuazione dopo il meltdown della centrale nucleare di Fukushima Daiichi in Giappone nel 2011.

“Se c’è una mutazione dannosa, si tratterà di un evento raro. Non significa che non possa accadere ma non la consideriamo una questione di emergenza sanitaria pubblica”, spiega Stephen Chanock, principale autore di entrambi gli studi nonché direttore della Divisione di epidemiologia e genetica dei tumori del National Cancer Institute statunitense. “Riteniamo che i risultati siano rassicuranti”.

Chernobyl: le conseguenze sui bambini nati dai sopravvissuti al disastro

Persone conosciute come liquidatori hanno aiutato a costruire un “sarcofago” di acciaio e cemento per contenere i resti del reattore che ha provocato il disastro di Chernobyl. Circa 30 anni dopo, è stato aggiunto un massiccio arco di contenimento in acciaio chiamato New Safe Confinement.

FOTOGRAFIA DI Mike Hettwer

L’altro studio del team, pubblicato anch’esso su Science, prende in esame il rapporto tra il fallout di Chernobyl e le centinaia di casi di carcinoma alla tiroide tra le persone esposte. Lo studio fornisce dettagli su come si sono manifestati questi tumori, ma i ricercatori hanno scoperto che anche quelli causati dalle radiazioni non presentano marcatori che li contraddistinguono dagli altri.

Entrambi gli studi sottolineano quanto i moderni progressi nella conoscenza del DNA abbiano favorito enormemente lo studio sul cancro e l’importanza, sempre attuale, di capire in che modo le radiazioni possano influire sulla salute umana.

“I due studi rappresentano traguardi fondamentali nella valutazione degli effetti delle radiazioni sull’uomo in risposta all’incidente di Chernobyl”, scrive in un’e-mail Shaheen Dewji, esperta di radioprotezione presso la Texas A&M University che non è stata coinvolta nello studio.

Per decenni i ricercatori hanno studiato i sopravvissuti ai bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki del 1945 per stabilire il collegamento tra le radiazioni e i rischi sanitari a lungo termine. Ma quei disastri hanno comportato dosi elevate di radiazioni assorbite in un periodo di tempo molto breve. Al contrario, Chernobyl ha provocato l’esposizione della popolazione a dosi di radiazioni inferiori ma per un arco di tempo più lungo — una condizione che non era stata studiata in modo altrettanto approfondito specialmente su larga scala e con le tecniche del DNA.

Per comprendere i rischi causati da tali livelli di radiazioni, gli scienziati si sono basati soprattutto sugli studi di laboratorio condotti sui topi. Alcuni studi genetici precedenti sulle persone colpite da Chernobyl sostenevano di aver trovato indizi di mutazioni ereditarie, in particolare uno studio del 1996 che sosteneva di aver riscontrato cambiamenti eccessivi nei “minisatelliti” dei bambini: porzioni di DNA ripetute e inclini a mutazioni che non codificano le proteine.

I minisatelliti esaminati nello studio del 1996 non presentavano legami chiari con gli effetti sulla salute. Successive revisioni della letteratura scientifica hanno scoperto che quando i pazienti esposti alle radiazioni trasmettevano le mutazioni ai loro figli, i rischi per la salute erano ridotti. Tuttavia, sono state reclutate più persone rispetto agli studi precedenti su Chernobyl e, grazie alla tecnologia moderna, è stato possibile analizzare in modo più approfondito il DNA dei partecipanti.

Il genetista dell’Università di Leicester Yuri Dubrova, autore principale dello studio del 1996, scrive in un’e-mail che, nonostante sia necessario procedere con ulteriori ricerche su sperma e ovuli umani, “gli autori hanno realizzato un lavoro eccellente: dimensioni notevoli del campione e una copertura del genoma molto elevata”.

Nessuna ulteriore mutazione

Dal 2014 al 2018 un team guidato da Meredith Yeager – ricercatrice presso il National Cancer Institute statunitense – ha sequenziato il genoma di 130 bambini concepiti dopo l’incidente e nati tra il 1987 e il 2002 oltre al genoma dei relativi genitori. Lo studio si è concentrato sulle famiglie in cui almeno un genitore si trovava entro un raggio di 70 km da Chernobyl o aveva lavorato come “liquidatore” alla bonifica del sito.

Chernobyl: le conseguenze sui bambini nati dai sopravvissuti al disastro

Questa ruota panoramica a Pripyat, in Ucraina, avrebbe dovuto essere inaugurata il mese successivo all’esplosione della centrale; rimane tuttavia inutilizzata.

FOTOGRAFIA DI Mike Hettwer

Il team di Yeager si è servito anche dei dati precedenti per ricostruire meticolosamente la dose di radiazioni che ciascun genitore aveva ricevuto. Ad esempio, tra i padri coinvolti nello studio era stato riscontrato un assorbimento nelle gonadi di una dose di radiazioni media di 365 milliGray, all’incirca un centinaio di volte in più rispetto alla dose media che si riceve con una radiografia pelvica.

Per stabilire se le radiazioni avevano influito sul DNA dei figli, i ricercatori hanno tracciato le mutazioni de novo o lievi variazioni nel DNA di un bambino che non sono presenti in nessuno dei due genitori biologici. Questo tipo di mutazioni si verificano naturalmente poiché l’“ingranaggio” cellulare che copia il nostro DNA durante la divisione delle cellule — comprese quelle che producono sperma e ovuli — compie errori occasionali. In media, nel nostro genoma sono presenti da 50 a circa 100 di queste mutazioni casuali che distinguono il nostro DNA da quello dei nostri genitori.

In linea di principio, se le radiazioni avessero avuto effetto, i ricercatori si sarebbero aspettati di riscontrare più mutazioni nei bambini i cui genitori erano stati soggetti a dosi di radiazioni più elevate. Ma quando Yeager e i suoi colleghi hanno setacciato il DNA familiare non hanno notato nessun rapporto di questo tipo. Al contrario, il fattore principale che influenzava il numero delle mutazioni de novo era l’età del padre.

Ritratto dettagliato del cancro alla tiroide

Gli studi hanno anche analizzato in dettaglio il modo in cui la ricaduta radioattiva di Chernobyl ha provocato il cancro alla tiroide, una ghiandola a forma di farfalla che svolge un ruolo essenziale nel metabolismo umano. Il cancro alla tiroide è altamente trattabile con un tasso di sopravvivenza superiore al 90 percento. Nei primi 20 anni post-Chernobyl, pochissime persone sono morte di cancro alla tiroide associato al fallout.

In passato le ricerche avevano scoperto che le persone esposte al fallout di Chernobyl erano soggette a un rischio superiore di carcinoma papillare della tiroide, in modo particolare coloro che all’epoca erano bambini piccoli. Questo perché la ricaduta radioattiva includeva lo iodio-131, un tipo di iodio radioattivo, che ha contaminato le scorte alimentari locali dopo essersi depositato sui campi e sui pascoli degli animali. Lo iodio-131 che aveva contaminato il latte e le verdure si è accumulato nella tiroide delle persone. Successivamente, le radiazioni rilasciate dallo iodio-131 hanno danneggiato il DNA delle cellule della ghiandola.

Ma grazie ai progressi nelle tecniche genetiche i ricercatori hanno potuto utilizzare i set di dati relativi a Chernobyl per iniziare a “capire in che modo una sostanza cancerogena provoca concretamente il cancro”, spiega Lindsay Morton, autrice principale dello studio ed epidemiologa presso il National Cancer Institute statunitense.

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Letti arrugginiti abbandonati all’interno di una scuola a Pripyat, in Ucraina.

FOTOGRAFIA DI Mike Hettwer

Morton e i suoi colleghi hanno studiato campioni di tessuto di 440 ucraini che avevano ricevuto una diagnosi di cancro alla tiroide di cui 359 erano stati esposti alle radiazioni di Chernobyl. La maggior parte di loro erano donne che avevano vissuto a Kiev, capitale dell’Ucraina, durante il disastro di Chernobyl, ed erano giovani al momento dell’esposizione, con un’età media di circa 7 anni, e 28 anni all’epoca della diagnosi di cancro.

Il team di Morton, inoltre, disponeva di molte informazioni sulla quantità di radiazioni assorbite dalla tiroide di quegli individui. Per 53 dei partecipanti allo studio, già nel 1986 i ricercatori avevano misurato direttamente i livelli di radioattività della tiroide. Altri erano stati intervistati per sapere dove vivevano e cosa avevano mangiato nei giorni dell’incidente di Chernobyl, permettendo così ai ricercatori di stimare la quantità di radiazioni che potevano aver assorbito.

“Con questo studio abbiamo collegato per la prima volta immagini molecolari su larga scala a dati sull’esposizione molto dettagliati”, prosegue Morton.

Analizzando i dati, Morton e i suoi colleghi hanno notato chiari segni degli effetti delle radiazioni sul DNA. All’aumentare della dose di radiazioni di un individuo aumentano anche le probabilità che le cellule della sua tiroide presentino un tipo di mutazione detto DSB (dall’inglese Double-Strand Break, ovvero la rottura del doppio filamento del DNA). I ricercatori, inoltre hanno scoperto che tanto più giovane era l’individuo al momento dell’esposizione alle radiazioni, tanto più marcate diventavano le alterazioni. Ad esempio, con una dose più elevata era più probabile che al DNA dei tumori mancassero piccole sezioni.

Il team di Morton, inoltre, ha notato un eccesso di eventi di cosiddetta “fusione genica”: mutazioni in cui i filamenti del DNA erano colpiti da rotture complete e mentre la cellula provava a riparare il danno venivano ricongiunti i pezzi sbagliati. Questo tipo di mutazioni può verificarsi anche nei casi “spontanei” di carcinoma alla tiroide, ma in genere sono più rari.

“Per usare una metafora, potremmo dire che le radiazioni hanno truccato il mazzo”, spiega Chanock, direttore di divisione del National Cancer Institute. Tuttavia il fallout non ha aggiunto ulteriori carte a quel mazzo. Sebbene Morton e i suoi colleghi abbiano fatto ricerche estremamente approfondite, non hanno trovato una “firma” caratteristica delle radiazioni nel modo in cui le cellule tumorali hanno espresso i loro geni o li hanno contrassegnati chimicamente.

Se i tumori presentano una tale caratteristica deve essere presente solo nelle fasi iniziali del cancro, secondo Morton e Chanock. Quando si verificano le mutazioni chiave che provocano il cancro, questi geni prendono il sopravvento dal punto di vista biochimico cancellando qualsiasi traccia delle radiazioni come un’onda che distrugge un piccolo castello di sabbia. “È un tumore e al tumore non interessa la presenza di radiazioni precedenti”, spiega Chanock. “Ha una mente evolutiva propria, per così dire”.

Ullrich aggiunge che i risultati dello studio supportano concretamente le idee precedenti degli scienziati su quanto le radiazioni aumentino il rischio di cancro. E prosegue: “Si tratta davvero del primo studio che è stato in grado di caratterizzare i tumori provocati dalle radiazioni in modo esauriente e dettagliato”.

Gli studi sui sopravvissuti di Chernobyl

Gli studi devono informare gli scienziati sui rischi per la salute generale delle radiazioni ionizzanti specialmente tra le popolazioni colpite da disastri nucleari come gli abitanti evacuati dopo l’incidente alla centrale di Fukushima del 2011. Chanock ha espresso la speranza che i risultati rassicurino coloro che sono stati allontanati da Fukushima, che ha rilasciato un decimo delle radiazioni di Chernobyl, e che quindi in teoria dovrebbe determinare un rischio ancora inferiore di mutazioni ereditarie.

Ma gli autori dello studio e gli esperti esterni concordano che è necessario proseguire con il lavoro specialmente per tracciare gli effetti delle radiazioni di Chernobyl sulla salute nei prossimi decenni.

“Ci sono pochissimi studi sulle persone esposte alle radiazioni in giovane età per cui disponiamo dei dati di follow-up nel corso dell’età adulta”, spiega Eric Grant, collaboratore del responsabile della ricerca presso la Radiation Effects Research Foundation in Giappone. “I sopravvissuti alla bomba atomica sono uno di questi gruppi e quello di Chernobyl sarà un altro per cui verranno realizzate attività di follow-up continuative”.

Evgenia Ostroumova, epidemiologa presso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione, in Francia, ha sottolineato che è necessario continuare a finanziare la ricerca su Chernobyl in particolare per scoprire di più sulle conseguenze sanitarie delle dosi ridotte di radiazioni, conseguenze che potranno emergere solo grazie a un impegno prolungato nel tempo.

“Per ottenere una valutazione solida ed esaustiva degli effetti sanitari di Chernobyl e per non perdere informazioni scientifiche preziose, le parti interessate non possono agire singolarmente”, ha scritto l’epidemiologa in un’e-mail. “Dobbiamo consolidare i nostri sforzi e agire senza ulteriori ritardi”.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.