#FestivalDirittiUmani: Le religioni possono curare le ferite delle guerre?

È in corso la 4^ edizione del Festival, quest’anno dal titolo “Guerre e pace”. Quattro le città coinvolte, si chiude sabato a Roma al MAXXI. Tra gli appuntamenti, un dibattito con Alessandra Trotta

Roma (NEV) 7 maggio 2019 – La 4^ edizione del Festival dei diritti umani, iniziata il 2 maggio a Milano, ha quest’anno come titolo “Guerre e pace”. Dal capoluogo lombardo, la rassegna si sposta oggi a Bologna e domani a Firenze, per approdare sabato 11 maggio a Roma per la giornata di chiusura, presso il Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI).

Tra gli appuntamenti (sabato 11 maggio, ore 15, MAXXI, via Guido Reni, 4/A – Roma), segnaliamo la tavola rotonda “Le religioni possono curare le ferite delle guerre?”, un confronto a più voci con Alessandra Trotta, già presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI) e diacona delle chiese valdesi e metodiste, Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio, Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia.

Se le religioni possono fare qualcosa per curare le ferite delle guerre, lo possono fare attraverso i loro leader religiosi? Oppure serve una presa di coscienza dei singoli individui? Risponde così Alessandra Trotta all’agenzia NEV: “Vi è un livello di intervento che compete sicuramente ai leader religiosi, a cominciare dal non consentire la strumentalizzazione della fede e del nome di Dio come motivazione delle guerre; e dal farlo in modo sinergico e cioè lavorando, parlando, agendo sempre più visibilmente ‘insieme’. Ma credo che la cura delle ferite delle guerre passi soprattutto dall’accoglienza in comunità – civili e religiose – che sanno ‘prendersi cura’, essere luoghi inclusivi di riconciliazione, di ricostruzione di relazioni umane basate sulla fiducia, sul rispetto della dignità di tutti e sulla solidarietà”. L’incontro sarà moderato dalle giornaliste Elena Ribet, Agenzia stampa NEV della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), e Azzurra Meringolo, Giornale Radio Rai.

“Un quinto del mondo è in guerra. L’odio senza frontiere scatena combattenti individuali, ma collegati tra loro in reti globali. Le vie d’uscita pacifiche sono difficili. E quindi vanno incoraggiate – si legge sul Manifesto del Festival, firmato dal direttore Danilo De Biasio, che prosegue -. Proprio perché il genere umano è intriso di violenza, la quarta edizione del Festival dei Diritti Umani ha deciso di occuparsi di guerre e di pace. Guerre per procura, sempre più soldati senza divisa. Civili uccisi, società annichilite. Città distrutte dove combaciano prima linea e retrovia, dove la vita di un bambino o di un soccorritore non vale niente. Miliardi spesi in orribili armi killer che potrebbero essere convertiti in tecnologie di pace. Ma non basterebbe: senza diritti uguali per tutti la pace è solo una tregua fra la guerra di ieri e quella di domani. I cambiamenti climatici stressano le zone povere del mondo, generando conflitti e esodi. Benzina per chi predica disvalori. Egoismo e superiorità razziale sono amplificati dal lessico ansiogeno della politica e del giornalismo, giustificando arbitri, vendette, conflitti. Esserne consapevoli è il primo passo per invertire la rotta”.

Il Festival coinvolge direttamente studenti delle scuole superiori in dibattiti, lezioni, incontri, film, documentari. In programma anche la Mostra “Traces of light” di Diego Ibarra Sánchez e Lorenzo Tugnoli.


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