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Made in Italy, in Cina non vuol dire niente

Made in Italy, in Cina non vuol dire niente

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Made in Italy: per molti è una parola che racchiude tutto il buono del Paese, agroalimentare compreso. Ma in Cina, questa parola vale poco, e perde tutto il significato evocativo e di qualità.

Questa la conclusione di una ricerca dell’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies sul posizionamento del made in Italy in Cina, condotta in collaborazione con Nomisma Wine Monitor.

Gli scienziati hanno lavorato su Baidu (75% delle investigazioni online in Cina) esaminando diverse keyword, in lingua originale ed in inglese. In seguito, sono stati controllate le ricerche nei 90 giorni precedenti il primo esame.

E’ allora emerso come la query “Made in Italy”fosse comparsa sul motore di ricerca solo 20 volte al giorno, a fronte di 772 milioni di utenti.

La parola chiave “Italia” è stata invece cercata 9.200 volte al giorno, con ricerche correlate che mostrano curiosità ma non conoscenza del Paese, come “L’Italia in Europa?”, o “Quale Paese è l’Italia?”. Gli utenti cinesi iniziano con ricerche su informazioni generali (34%), per poi focalizzarsi sui prodotti visti come italiani e di qualità. Ecco allora indagini su arredo e design (26%) e turismo (23%), con quote minori opportunità di studio (8%), ‘cibo’ (4%) e il vino, che chiude con l’1%.

Purtroppo, i dati non sono così positivi, se confrontati con quelli del principale rivale, la Francia.

Su Baidu, i transalpini battono gli italiani su tutti i campi, dal già citato vino (1% contro 6%), al turismo (34%) e moda/shopping (13%).

L’indagine traccia anche il profilo dell’utente-tipo di Baidu. In maggioranza (63%) sono under 40 e maschi. L’analisi geografica ha mostrato come la provincia del Guangdong è quella con il maggior numero di ricerche, mentre i territori di Pechino e Shanghai sembrano riscuotere maggior interesse verso il vino italiano rispetto a quello francese.

Per completare il quadro, i sondaggisti hanno valutato anche WeChat. Ed anche il principale social ha mostrato come, nonostante una riduzione del gap, il vino italiano (query “vino rosso italiano”) è 10 volte meno cercato (3,182 contro 33,360).

Secondo Silvana Ballotta, Ceo di Business Strategies, il lavoro svolto non fa che confermare quanto gli addetti ai lavori avevano percepito da tempo. Infatti, “Oltre al monitoraggio sul digitale, il nostro studio comprende l’analisi del mercato e una survey su awareness, percezione e reputazione del made in Italy realizzata sull’upper-class delle metropoli cinesi. I risultati che emergono, seppur sorprendenti, confermano le impressioni di chi come noi presidia il mercato da diverso tempo. Abbiamo perciò voluto dimostrare con i numeri ciò che è il loro sentiment nei nostri confronti, per capire come meglio direzionare il lavoro dell’impresa Italia”.

Matteo Clerici

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