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I pentiti di mafia e terrorismo, una pagina da riaprire

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Anche in Paradiso il centenario della nascita di Giulio Andreotti ha galvanizzato gli animi. Come sempre il più curioso è stato Francesco Cossiga. Scandendo le parole, ha richiamato l’attenzione del Divo impegnato ad assaggiare un ballokume, dolce albanese preparato da Madre Teresa di Calcutta.

Cossiga: “Giulio, Giulio, hai visto chi c’era ad ascoltare la relazione del cardinale Bassetti, presidente della CEI, che ti ha quasi santificato?”

Andreotti: “Lascia stare i Santi che qui non è proprio il caso”.

C: “Parli sempre come fossi il Segretario di Stato Vaticano…”.

A.: “C’erano anche altri cardinali, il nostro amico Giovanni Battista Re, il teologo Gianfranco Ravasi e il rampante Angelino Becciu. L’instancabile Gianni Letta si è fatto uno e trino per parlare in tutte le cerimonie. Ormai su di me sa più di me. E poi monsignor Leonardo Sapienza mi ha fatto emozionare con il suo libro “I miei Santi in Paradiso”…

C.: “Tu emozionato è una novità. Hai notato che non è passato Sergio Mattarella? Qualche uccellino gli avrà consigliato di non andare, mentre c’era la brava Elisabetta Casellati, sempre spumeggiante”.

A.: “Sergio non c’era! E perché mai, è stato pure un mio Ministro”?

C.: “Lo so bene io, la cosiddetta Manica Larga, voluta dal Bernini per collegare gli uffici imperiali, è sempre stata piena di veleni”.

A.: “Ma che dici, il Quirinale ha ringalluzzito pure lui, come del resto quel Conte a Palazzo Chigi. Hai visto che postura assumono davanti ai picchetti d’onore? Ma, dimmi, quale presenza ti ha colpito di più alla mostra fotografica che l’ottimo Nicosia ha allestito con tanto amore con il caro Ambasciatore Sessa?”.

C.: “Non sei più il vecchio Belzebu’. Non hai notato che al convegno organizzato da Angelo Chiorazzo nella Sala Zuccari, c’era il potentissimo ex capo della polizia, Gianni De Gennnaro, che ha gestito per anni i pentiti”.

A.: “Allora non passava per caso. Ora è nella vecchia Finmeccanica, oggi Leonardo, mi dicono che lì abbia un incarico anche Luciano Violante, per anni capo della commissione antimafia dove hanno sfilato tanti pentiti. Che coincidenza!”.

C.: “Poliziotti e magistrati che si sono occupati di pentiti in Italia hanno tutti fatto carriere spettacolari. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina, come dicevi sempre tu”.

A.: “Qui peccati non si fanno e le mie pene le ho scontate con dieci anni di processi per via dei pentiti. Mi facevano a Palermo quando ero a Tokyo, a baciare Riina quando non baciavo neppure mia madre, come mi ha ricordato zia Mariannina che ci ha cresciuti in via dei Prefetti”.

C.: “A proposito, la prima legge sui pentiti l’hai firmata tu. Ti sei forse pentito?”.

A.: “Affatto. Ne sono convinto. Strumento fondamentale. Ma, come accade negli USA, non ci devono essere pentiti a rate. Ci si pente una sola volta e per sempre. E mai lo stesso avvocato per tutti. Ma, visto dove ci troviamo, bisogna pur dire che non si deve presentare per Cherubino chi Cherubino non è. Quelli che mi accusavano si incontravano fra di loro, giravano l’Italia, andavano in Svizzera a comprare kalashnikov e non credo per preparare l’anno mariano”.

C.: “Il tuo Cirino Pomicino, che sembrava sempre dovesse precederci, è ancora arzillo come un grillo e ha raccontato all’eterno Bruno Vespa che si batte per la pubblicazione degli interrogatori dei pentiti”.

A.: “Non succederà mai. Figurati se il tuo amico Caselli, che non perde occasione di parlare del mio processo, lo permetterà mai”.

C.: “De Gennaro sarà rimasto colpito a sentire quanto detto su di te dai Principi della Chiesa. E’ un galantuomo. Magari ne parlerà con Caselli, invitandolo a casa sua in Maremma”.

A.: “Come ha ricordato padre Leonardo: i pregiudizi sono i ragionamenti degli stupidi e denigrare la passione dei mediocri…”

C.: “Forse è il momento che questi giovanotti del governo del cambiamento e delle dirette Facebook aprano i cassetti”.

A.: “Potrebbe iniziare il ministro Salvini. Al Viminale era stato istituito uno speciale ufficio con gli elenchi di tutte le spese per i pentiti”.

C.: “Un fiume di euro, senza rendiconti”.

A.: “Parlano tanto di trasparenza, potrebbero cominciare da lì”.

C.: “Prima di lasciarti con Madre Teresa, hai letto l’ennesima edizione del libro di Massimo Franco?”.

A.: “Sinceramente no. Mi dice Stefano Andreani che è la solita minestra riscaldata.”

C.: “Ha ragione. Franco è rimasto quel cronista che scriveva per Avvenire durante il caso Moro. Avrebbe potuto volare alto, soprattutto sulla tua visione in politica estera, ma non l’ha fatto”.

A.: “Non essere così severo, tiene famiglia, sta al Corriere, deve pure campà…”, ha concluso sornione stringendo le spalle e andando via camminando svelto, svelto tre metri sopra il cielo.

Luigi Bisignani, Il Tempo 20 gennaio 2019

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