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Grecia: a Lesbo suicidi a 10 anni tra violenze e stupri

Grecia Lesbo

MSF denuncia la grave situazione nel campo profughi di Moria, dove condizioni di vita insostenibili spingono sempre più bambini a tentare il suicidio

Nel campo profughi di Moria, situato sull’isola greca di Lesbo, in Grecia, la situazione è ormai insostenibile. Medici Senza Frontiere lancia l’allarme: l’ambiente sovraffollato, le scarsissime condizioni igieniche e la scarsità di cibo portano numerosi bambini – anche di soli 10 anni – a tentare il suicidio.

La denuncia di MSF

A denunciarlo è Medici Senza Frontiere, che lancia l’allarme attraverso Luca Fontana, coordinatore delle operazioni della ONG sull’isola. “È qualcosa con cui ormai abbiamo costantemente a che fare. E nonostante le nostre pressioni affinché i bambini vengano evacuati dall’isola verso la terraferma, continuano a rimanere stipati qui”.
Le condizioni di vita al campo profughi sono ormai insopportabili. Progettato per ospitare circa 3000 persone, ormai ne vede stipate più di 8000. Con 70 persone per bagno e una doccia ogni 82 l’intero campo puzza ormai di fogna, e code per il cibo, risse e aggressioni rendono la vita quotidiana una lotta per la sopravvivenza.

Inevitabili ripercussioni sulle persone ospitate

Una situazione che, denuncia Medici Senza Frontiere, non può non avere ripercussioni sulla salute, anche psicologica, di chi è costretto qui. “Siamo molto preoccupati perché l’insicurezza, le condizioni di vita inumane e il limbo in cui queste persone si trovano per mesi o anni, hanno un grave impatto sulle condizioni psicologiche delle persone. La nostra clinica per la salute mentale a Mitilene segue solo i casi più gravi e al momento opera al massimo della propria capacità”, prosegue il portavoce di MSF.

Alla clinica i medici devono occuparsi di persone che hanno subito gli orrori della guerra, dei bombardamenti e dei rastrellamenti, che mostrano gravi disturbi da stress post-traumatico. Tra di essi anche molti giovani uomini vittime di violenze sessuali. Uno di loro, racconta Bonvini, medico di MSF, “è stato accompagnato in clinica da un amico nel pieno di un crollo psicotico. Aveva allucinazioni e flashback, sentiva rumori attorno a se e non è riuscito a smettere di piangere nelle due ore di sessione con i nostri psicologi”.

“Qui la speranza è tolta dal sistema”

Luca Fontana, che ha operato in campi profughi di tutto il mondo, ed era presente in Africa occidentale durante l’epidemia di Ebola, su questo non ha dubbi: “non ho mai visto il livello di sofferenza di cui siamo testimoni ogni giorno. Persino le persone colpite dall’Ebola hanno ancora la speranza di sopravvivere, o hanno il sostegno della loro famiglia, della loro società, del loro villaggio, dei loro parenti. Qui, la speranza viene tolta dal sistema”.

Enormi problemi di sicurezza

Il campo oltre a problemi igienici e di sostentamento ha ormai anche enormi problemi di sicurezza. Numerosi stupri sono avvenuti al suo interno e nei dintorni, e le risse per il cibo causano accoltellamenti quasi quotidiani.
Ma il problema principale è che il conflitto tra le diverse fazioni e gruppi ribelli siriani è approdato sulle coste greche assieme ai profughi.
Nel corso del maggio del 2018 centinaia di curdi sono fuggiti a causa di un forte scontro con gli arabi presenti. “Appena arrivati al campo ci siamo accorti che il settarismo e il razzismo ci avevano preceduti, sia che si tratti di odio tra sunniti o sciiti, sia tra curdi arabi e afghani” racconta Ali, ragazzo tra coloro costretti ad abbandonare il campo per fuggire alla violenza. “È come la guerra in Siria, e anche peggio”, dice all’inviata della BBC.

La stessa troupe dell’emittente britannica, il giorno in cui era presente nel campo per le riprese, ha assistito per due volte all’esplosione della violenza scatenata dalla distribuzione del cibo. Violenza che ha lasciato a terra due accoltellati, e altre persone che hanno assistito alla scena in preda ad attacchi di panico.

Il campo di Moria

Il campo è stato aperto nel 2015, ed era stato pensato come luogo di transito in cui le persone sarebbero dovute rimanere al massimo per qualche giorno, ma alcune sono ormai qui da anni.
Gestito dal governo greco, è sovraffollato perché in ottemperanza alla politica di “contenimento” europea – mentre attendono di essere rimandati in Turchia come previsto dall’accordo stipulato con il governo di Erdogan nel 2016 – si preferisce evitare il loro trasferimento sulla terraferma.

La situazione in Grecia

Da quando l’accordo è stato firmato ad oggi sulle coste greche sono approdate più di 71.000 persone, ma di queste solo 2.224 sono state rimandate indietro.
Il governo greco, attraverso il suo portavoce George Matthaiou, pur riconoscendo le terribili condizioni in cui versa il campo, scarica la responsabilità sull’Unione Europea. “Noi non abbiamo soldi. Conoscete tutti la situazione finanziaria del mio paese. Noi vorremmo aiutare, ma non possiamo fare nulla, perché l’Unione Europe ha chiuso le frontiere”.

L’appello di Medici Senza Frontiere

E, nel tentativo di trovare una soluzione alla situazione ormai drammatica Medici Senza Frontiere lancia un appello alle autorità europee: “chiediamo che le persone vulnerabili possano lasciare il campo di Moria in favore di destinazioni sicure e MSF continua a spingere perché il campo venga decongestionato. Inoltre insistiamo nel chiedere la fine delle politiche di contenimento. La nostra esperienza dimostra che le politiche di deterrenza dell’UE e della Turchia non sono efficaci perché le persone continueranno a fuggire dalla guerra e dalle violenze per sopravvivere”. L’ONG sostiene inoltre che “intrappolare queste persone in condizioni terribili e insicure non fa che provocare ulteriori traumi a una popolazione già estremamente vulnerabile”.