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"Ho pianto per un anno": famiglie divise da guerra coreana

guerra coreana

Lee Keum-seom, una mamma coreana, ha perso suo figlio quando aveva solo 4 anni. Erano in fuga dai combattimenti durante la guerra

Primo vero confronto armato dall’inizio della Guerra Fredda, sancì l’attuale divisione al 38° parallelo. Nel 1951 si era a un passo dall’atomica: la Terza Guerra mondiale era alle porte. Il conflitto devasta Paesi e civiltà, strazia le famiglie, miete vittime dietro le trincee e per le strade. Bisogna sopravvivere nel clima di terrore, in un fuggifuggi verso la speranza. Ci si protegge tra amici e parenti, ma morire diventa così tremendamente facile. La guerra coreana fu combattuta tra il 26 giugno 1950 (con l’invasione del Nord) e il 27 luglio 1953.

Tre anni estenuanti, fatti di scontri nei quali si confrontarono sul campo di battaglia i due eserciti nazionali del Nord e del Sud. La penisola era divisa in due dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La guerra vide il massiccio intervento dell’esercito degli Stati Uniti sotto la presidenza di Harry Truman e di altre nazioni occidentali del Patto Atlantico. La Corea del Nord, invece, faceva affidamento sul supporto dalle potenze comuniste dell’Unione Sovietica e della Cina di Mao Tse-Tung.

La guerra di Corea fu una delle più sanguinose della storia. Le vittime totali ammontarono a quasi 5 milioni tra mori, feriti e dispersi, di cui oltre la metà civili. Le perdite totali americane e degli alleati furono di 178.000 uomini, mentre le armate del Nord persero quasi 900.000 effettivi. Per cercare di mettersi in salvo dai combattimenti armati, furono tante le famiglie divise dai propri affetti. A distanza di sessant’anni, le due Coree hanno dato il via all’atteso ciclo di incontri tra le famiglie separate dal conflitto.

Di nuovo insieme dopo 60 anni

L’iniziativa è la prima in quasi tre anni e rientra negli sforzi per allentare le tensioni intercoreane, così come concordato tra i due leader, il presidente sudcoreano Moon Jae-in e il “supremo comandante” Kim Jong-un. E’ questo l’accordo a cui sono giunti durante il summit tenuto il 27 aprile al villaggio di confine di Panmunjom.

Il piano concordato si basa su due turni d’incontri. Il primo da lunedì 20 agosto 2018 a mercoledì 22, il secondo da venerdì 24 a domenica 26 agosto. Seul ha designato 89 persone per il primo turno, mentre la Corea del Nord ne ha scelte 83 per il secondo. I partecipanti, nel rigido protocollo concordato, potranno riunirsi in sei occasioni con i familiari separati. A 65 anni dalla fine della Guerra di Corea, il numero di potenziali partecipanti si riduce sempre più, dato che si tratta in prevalenza di ultraottantenni. L’iniziativa prende corpo in una location suggestiva. Si tratta dello scenografico resort turistico del monte Kumgang, nella Corea del Nord.

Le prime riunioni si tennero nel 1985. Più frequenti a partire dal primo summit Sud-Nord tenuto a Pyongyang nel 2000. Da allora infatti, includendo anche i collegamenti video, oltre 20.000 persone hanno potuto rivedere i familiari nel calcolo a ottobre 2015, prima del deterioramento dei legami tra Seul e Pyongyang. Il ministero dell’Unificazione di Seul ha stimato a fine maggio 2018 l’esistenza di 56.890 cittadini residenti al Sud di famiglie separate dalla Guerra di Corea. E’ una lotta contro il tempo.

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Non bastano undici ore per riempire i vuoti di oltre 60 anni: quella sofferenza rimane incolmabile, una sorta di eterna ferita trafitta nel cuore. Eppure, nelle sale del resort, la regola seguita alla lettera è di “non sciupare neanche un singolo istante”. La gioia è incontenibile, l’emozione è tanta, l’aria è trepidante d’attesa.

La storia delle famiglie coreane

“Sangchol!”, ha urlato Lee Keum-seom, sudcoreana di 92 anni, scandendo in lacrime il nome di suo figlio 71enne. “Quanti figli hai?”, ha aggiunto tenendo ben strette le sue mani. L’ultima volta che lo ha visto aveva appena 4 anni. Con Sangchol, il marito e l’altra loro figlia stavano scappando dai combattimenti. Ma in quella folla indistinta, nella massa incomposta formata da centinaia di migliaia di persone, perse il suo bambino.

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Han Shin-ja, 99 anni, non è riuscita a dire molto. Ha ceduto all’emozione di incontrare le due figlie 70enni, Kim Gyong-sil e Gyong-yong. Le tre donne, abbracciandosi e tenendosi per mano, sono rimaste in silenzio per diverso tempo. Erano tutte a Heungnam quando la guerra scoppiò, ma furono separate nella ritirata del 4 gennaio del 1951. La cosa che sorprende nei loro racconti è come le rispettive vite abbiano preso strade tanto diverse i cui effetti sono visibili già da come appaiono.

Poi c’è Baik Sung-gyu. E’ la persona più anziana con i suoi 101 anni: è entrato nella sala dei meeting sulla sedia a rotelle. Ha visto nuora e nipote dal Nord, sorridendo senza parlare. Suo figlio ha rotto il silenzio: “Sono tuo zio”, ha detto rivolgendosi alla nipote. Così hanno riferito i media sudcoreani.