23/04/2019

Giorgia Meloni contro l’utero in affitto

Tutto si può rimproverare, a una politica come Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ma non di non essere una di parola. Sì, perché la scorsa settimana, durante la conferenza  programmatica del suo partito, a Torino, ha parlato decisamente quando ha affermato: «In Europa chiederemo una moratoria universale contro l’abominio dell’utero in affitto». Un annuncio che la politica romana ha fatto esplicitando come ritenga «abominevole» il fatto che degli «uomini ricchi» possano arrivare a «comprare un figlio da una donna disperata».

Meloni si è pure soffermata sul fondamentale diritto, per ogni bambino, ad avere un padre e una madre, raccogliendo molti meritati applausi. Applausi che però, a ben vedere, andrebbero estesi anche agli organizzatori del criticatissimo Congresso Mondiale delle Famiglie che si è tenuto a Verona dal 29 al 31 marzo 2019. Anche se sono trascorse solo poche settimane, infatti, molti fingono di essersi dimenticati come quella tre giorni, al suo termine, abbia prodotto un apposito Documento finale. Si tratta di una serie di impegni – da qualcuno, anche nel mondo cattolico, sprezzantemente liquidati come «libro dei sogni» – tra cui rientra proprio quello detto domenica da Meloni.

Infatti, se lo si va a riprendere in mano, si scopre come il Documento finale del Congresso di Verona ritiene «urgente» e «inderogabile» il perseguimento di obbiettivi quali, appunto, il contrasto alla pratica dell’utero in affitto tramite una rogatoria internazionale e la protezione dei minori, a partire dai loro diritti ad avere una mamma e un papà, a non diventare oggetti di compravendita, di abusi sessuali e pedopornografia e a ricevere un’educazione che non metta in discussione la loro identità sessuale biologica e non li induca a una sessualizzazione precoce.

Se Giorgia Meloni ha annunciato, a livello europeo, «una moratoria universale contro l’abominio dell’utero in affitto», significa dunque una cosa sola: che il Congresso mondiale delle Famiglie si è fatto ascoltare. Ben lungi dall’essere solo una «passerella» per i politici amici – come, anche qui, sentenziato da alcuni -, l’evento scaligero conferma quindi di essere stato un appuntamento fondamentale, verrebbe da dire di svolta, sulla scena della politica italiana.

Suffraga questo dato di fatto, a ben vedere, anche la reazione scomposta dei grandi media, che non per giorni bensì per settimane, lo scorso mese di marzo, si sono scatenati contro il convegno di Verona, lasciando intendere che in quella sede si sarebbero teorizzate le peggiori nefandezze: un pandemonio che non avrebbe avuto motivo di esserci, se il Congresso mondiale delle famiglie fosse stato un ritrovo sterile, senza contenuti. Invece i contenuti ci sono stati, eccome. E le conseguenze pure, come dimostra la dichiarazione di guerra che, appunto, Giorgia Meloni ha fatto contro l’utero in affitto. Un segnale che lascia ben sperare nell’auspicio, naturalmente, che alla coraggiosa presa di posizione della leader di Fratelli d’Italia possano seguirne altre.

La battaglia contro l’utero in affitto è infatti anzitutto una battaglia contro un enorme giro d’affari; ragion per cui occorre un fronte vasto e traversale che si schieri contro tale pratica, così  «abominevole» eppure, al tempo stesso, così spalleggiata dai grandi media, che tentano sistematicamente di presentarla attraverso il filtro dell’emotività, privilegiando la prospettiva del desiderio di una coppia di diventare famiglia. Invece il punto di vista da cui partire è quello del diritto del bambino ad avere un padre e una madre, come ha giustamente ricordato Giorgia Meloni. Che, speriamo, sia presto imitata da altri.

Giuliano Guzzo

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