Cosa Nostra controllava l'ippodromo di Palermo, un driver disse no al boss per truccare una corsa
Boss, fantini e proprietari di scuderie. La mafia a cavallo. E' stata battezzata "Corsa nostra" l'operazione dei carabinieri di Palermo che ha 'staccato' le mani della mafia dalle 'redini' dell'ippodromo cittadino. Su richiesta della Dda, il gip ha disposto l'arresto di 9 indagati - 8 in carcere e uno ai domiciliari - ritenuti a vario titolo responsabili di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e frode in competizioni sportive. Sequestrati tre cavalli gestiti dai mafiosi.
IL 'PANDA' LO AVEVA DETTO Il pentito Giovanni Vitale, l'aveva spiegato ai pm: "All'ippodromo comanda Cosa nostra". La procura indaga e la struttura, che sorge ai margini del parco della Favorita, viene chiusa con un decreto formalizzato l'8 marzo 2017 dal ministero delle Politiche agricole, in cui si parla di "infiltrazioni criminali". Un passo arrivato dopo la richiesta del 3 marzo della Ires Spa, societa' che gestisce l'impianto. La motivazione prossima e' una Supertris truccata, il 24 febbraio, e annullata pochi minuti prima della partenza dai giudici di gara, che avevano rilevato manovre poco chiare tra i fantini e un flusso "strano" di scommesse. Attivita' sospesa, dunque: perche' mentre la gara veniva "aggiustata" Vitale, detto 'il Panda', aveva riferito le proprie conoscenze sul controllo totale dell'organizzazione criminale all'ippodromo. Il blitz di oggi, cosi' costituisce l'approfondimento di alcuni elementi investigativi acquisiti nell'operazione "Talea" del dicembre 2017 e ha permesso di documentare come cosa nostra esercitasse un controllo sull'impianto della Favorita. Quel blitz aveva smantellato gli organigrammi dei mandamenti mafiosi palermitani di San Lorenzo e Resuttana, facendo parzialmente emergere anche le infiltrazioni di cosa nostra nell'ippodromo.
SE A COSA NOSTRA PIACE VINCERE FACILE Lo sviluppo degli elementi investigativi - che avevano portato il prefetto di Palermo all'emissione, in via preventiva, di una misura interdittiva antimafia, il 9 dicembre 2017, nei confronti della societa' privata che gestiva l'impianto - ha consentito ai militari del Nucleo Investigativo di documentare come l'associazione mafiosa esercitasse sull'ippodromo un Controllo pressoche' totale, richiedendo, attraverso addetti del settore "vicini", una percentuale del volume d'affari, quantificabile in 4 mila euro al mese, manipolando le corse ippiche attraverso alcuni storici fantini, vicini agli affiliati mafiosi, i quali minacciavano i colleghi in modo da alterare il risultato; lucrando sulle scommesse relative alle corse ippiche, effettuate sia presso gli sportelli presenti nell'ippodromo sia presso la rete delle agenzie esterne dislocate sul territorio, e facendo confluire le relative vincite nelle casse dell'organizzazione mafiosa. In particolare, le indagini hanno fatto emergere che i responsabili di tutte le attivita' relative all'ippodromo per conto di Cosa nostra fossero prima Giovanni Niosi e poi Sergio Napolitano, entrambi - in periodi diversi, gia' reggenti del mandamento di Resuttana.
COMPLICI A CAVALLO I due mafiosi, in periodi storici diversi, si sono fatti affiancare da personaggi interni al mondo delle corse ippiche (Niosi da Giuseppe Greco, Napolitano da Massimiliano Gibbisi e Salvatore La Gala) i quali veicolavano le direttive, facendo si' che diversi titolari di scuderie e fantini compiacenti realizzassero frodi e intimidazioni nei confronti degli altri colleghi finalizzate a consentire al prescelto di Cosa nostra di vincere la gara. Nel caso in cui uno dei fantini non si fosse sottomesso alle indicazioni provenienti dagli esponenti mafiosi, scattavano gravi ritorsioni: dalle minacce di morte (come rivelato dalle intercettazioni), agli attentati intimidatori (in un caso era stato bruciato un furgone per il trasporto cavalli) fino alle aggressioni (i collaboratori di giustizia Vitale, Macaluso e Galatolo parlano di veri e propri pestaggi eseguiti nei confronti dei fantini). Nell'attuale provvedimento restrittivo viene contestato il concorso esterno ad alcuni proprietari di scuderie e fantini, quali Natale Cintura, Giuseppe Greco, Salvatore La Gala, Giovanni La Rosa, Antonino Porzio e Domenico Zanca per aver collaborato, in un vasto arco temporale, con gli affiliati mafiosi al fine di realizzare il pieno controllo delle corse ippiche. Per trasferimento fraudolento di valori, e' ai domiciliari Gloria Zuccaro, proprietaria, per i pm, di uno dei cavalli del boss Niosi.
CONCORSO ESTERNO E FRODE Gli sviluppi investigativi hanno permesso di contestare il concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso a due proprietari di scuderie e 5 fantini; la frode in competizioni sportive a 3 degli indagati, avendo alterato complessivamente il risultato di almeno 4 corse ippiche avvenute, tra il 2016 e il 2017, presso gli ippodromi di Palermo, Taranto e Follonica; il trasferimento fraudolento di valori aggravato, avendo i due mafiosi trasferito la titolarita' dei loro tre cavalli da corsa a due prestanome.
ANCHE FOLLONICA E TARANTO E' stato anche accertato che almeno quattro corse ippiche, svolte tra il 2016 e il 2017 negli ippodromi di Palermo, Follonica e di Taranto, erano state truccate su mandato dei mafiosi siciliani. Grazie a queste alterazioni, Cosa nostra ha realizzato ingenti profitti con le scommesse: in particolare, Sergio Napolitano si e' avvalso di Gibbisi al quale ha consegnato il denaro e le indicazioni sulle puntate, con la raccomandazione di effettuare le scommesse in gran segreto, per evitare che gli appassionati del settore, a conoscenza di tale meccanismo di controllo, effettuassero le stesse puntate facendo emergere l'anomalia dai sistemi elettronici del ministero, provocando una sospensione.
GLI ARRESTATI Misura della custodia cautelare in carcere per Natale Cintura, 53 anni, Massimiliano Gibbisi, 48 anni, Giuseppe Greco, 62 anni, Salvatore La Gala, 66 anni, Giovanni La Rosa, 56 anni, Giovanni Niosi, 64 anni, Antonino Porzio, 57 anni, Domenico Zanca, 48 anni; arresti domiciliari per Gloria Zuccaro, 38 anni.
LE MINACCE AL DRIVER
"Lo hai visto cosa mi ha combinato Cusimano? L'unico che non si è voluto mettere a disposizione? Bravo! l'unico che non si è voluto calare è lui. L'unico, ora vedi gli dici che porta i soldi perché lo ammazzo". E' la conversazione tra il boss Sergio Napolitano e Giovanni Ferrante, entrambi arrestati oggi, che commentano, non sapendo di essere intercettati dai carabinieri, il rifiuto del fantino Vito Cusimano di truccare una corsa di cavalli. Il dialogo è riportato agli atti dell'indagine che ha svelato gli interessi di Cosa nostra sull'ippodromo di Palermo. "Ha fatto perdere tutta Palermo", commenta Napolitano facendo intendere che a essere danneggiati dalla ribellione del fantino sono tutte le "famiglie" della città. "Questo ragazzo è cornuto, ma da sempre è stato cosi ... è questo del labbro leporino, questo ? E' quello che ha il labbro leporino", prosegue. "E' un gran cafone questo ragazzino....(incomprensibile)... lo ammazza ...incorno... sicuro questa sera succede gualche cosa".