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Richiedevano asilo politico in Israele, venivano spediti in Ruanda e Uganda

Negli ultimi 2 anni 262 richiedenti asilo eritrei e sudanesi sono stati illegalmente trasferiti in Uganda e Ruanda. La Corte Suprema sospende le espulsioni.

Il report “Forced and unlawful: Israel’s deportation of Eritrean and Sudanese asylum seekers to Uganda” mostra il trasferimento forzato di richiedenti asilo attuato da Israele. L’inchiesta infatti documenta e prova che il governo israeliano abbia trasferito illegalmente richiedenti asilo eritrei e sudanesi in Ruanda e Uganda. Il rapporto analizza 262 casi di richiedenti asilo forzato eritrei, che tra il 2016 e il 2018 si sarebbero ripetutamente rivolti a Israele. La maggior parte dei richiedenti ha fatto domanda da una a quattro volte, 18 tra cinque e sei volte, 14 almeno sette volte e sette almeno 10 volte.

Il governo israeliano metteva molti di loro davanti a una scelta: essere espulsi in altri paesi, ritornare nei paesi d’origine o detenzione a tempo indeterminato. Nel 2017 Israele aveva infatti annunciato che avrebbe trasferito dei richiedenti in “paesi terzi”, senza però specificare la destinazione. I “paesi terzi”, però, avrebbero accettato di accogliere i migranti. Si sapeva che questi paesi erano Ruanda e Uganda, ma Israele non lo hanno mai confermato. Di recente, la Corte Suprema ha sospeso tutte le espulsioni di eritrei e sudanesi da Israele.

Trasferimenti illegali che violano gli standard internazionali

Nel 2013 il governo di Israele ha iniziato a trasferire i richiedenti asilo in Uganda. Ciononostante, le autorità promettevano ai migranti che al loro arrivo nei “paesi terzi” avrebbero ricevuto un permesso di soggiorno e non sarebbero stati rimandati nei paesi d’origine. Sono state realizzate 30 interviste approfondite ad altrettanti richiedenti asilo che hanno subito i trasferimenti “volontari”. È emerso che le promesse del governo israeliano non erano che vane rassicurazioni. Non hanno ricevuto permessi di soggiorno, ritrovandosi costretti a vivere nell’illegalità. Rischiavano di essere arrestati e non avevano la possibilità di lavorare. Inoltre, correvano il rischio di essere rimandati nei paesi d’origine, in violazione del principio internazionale di non respingimento.

“Il malfunzionante sistema d’asilo israeliano lascia i richiedenti asilo eritrei e sudanesi in una sorta di limbo per anni”, ha detto Charmain Mohamed, direttore del programma Diritti dei migranti e dei rifugiati di Amnesty International. “Persone che arrivano in Israele per cercare un riparo trascorrono lunghi anni in carcere e vedono violati i loro diritti fondamentali all’asilo, alla salute e al benessere”. Mohamed conferma anche “la prospettiva di essere trasferiti in un paese sconosciuto o di essere rimandati in quella situazione di persecuzione dalla quale sono fuggiti”.

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