Avviso di sfratto al governo: la presidente Meloni si attrezzi!

Dopo la presentazione della Manovra finanziaria del governo guidato dall’onorevole Giorgia Meloni sono immediatamente ed inevitabilmente scoppiate da più parti le polemiche sui vari provvedimenti annunciati, che testimoniano come l’assedio a Palazzo Chigi è iniziato. Tutte le componenti sociali e produttive, hanno avuto da dire sulle misure e sull’impostazione data alla finanziaria e senza nessuno che la difendesse, nemmeno i presidenti delle regioni di centrodestra. In sequenza si sono detti scontenti: Confindustria; tutti i sindacati (tranne forse qualche eccezione molto residuale); tanti sindaci; i “giornaloni”; le varie trasmissioni televisive controllate da esponenti dichiaratamente di sinistra, ostili alla premier Meloni; ed in ultimo è arrivata la ciliegina sulla torta, il richiamo di Bankitalia su alcune proposte e su cui non avrei fatto una facile, quanto pretestuosa, polemica sulla partecipazione al capitale sociale da parte delle altre banche, che poi ha pure costretto Palazzo Chigi a una rettifica, per riaffermare la salvaguardia dell’indipendenza dalla politica dell’istituto di “Via Nazionale”, che è un presupposto fondamentale per mantenere la libertà economica nel nostro sistema.

Tutto questo in attesa della pronuncia delle istituzioni europee, anch’esse rappresentate da personalità espressione dall’accordo tra il Partito popolare europeo e quello socialdemocratico. Pleonastico dire poi che le opposizioni a breve, dopo il congresso del Partito democratico, si organizzeranno per non dare tregua all’attuale governo, soprattutto se, come mi pare plausibile, vinceranno Bonaccini e Nardella, che apriranno all’alleanza con il gatto (Calenda) e la volpe (Renzi) i quali stanno assorbendo classe dirigente ed elettorato di Forza Italia, giocando con astuzia sui riferimenti all’ossimorico “socialismo liberale” di Carlo Rosselli il quale sosteneva peraltro che fosse il primo il fine e il secondo il mezzo. E da qualche giorno i due leader di Azione e Italia viva sono passati dal dire di avere trovato la presidente Giorgia Meloni preparata con un atteggiamento quasi paternalistico, al sostenere ora che le sue sono misure inutili se non dannose. Il segno di un cambio repentino di atteggiamento indotto o dedotto?

Mossa furba, capace di attrarre i disillusi e i delusi del centrodestra, che saranno, inconsapevolmente per i più, trascinati tra le fauci della consueta sinistra, abile a ritornare e poi a rimanere al governo anche quando perde le elezioni. Mi pare evidente questo progetto avendo ascoltato le “tonnellate” di parole che il presidente dell’Emilia-Romagna scarica in ogni intervista sui teleascoltatori per non dire nulla e per girare attorno al vero ed inconfessabile nodo: che cosa farà il suo Pd dopo il congresso? Semplice. Tenterà di tornare dove è stato negli ultimi 10 anni con la compartecipazione di larghe fette parlamentari di centrodestra e dei 5 Stelle, al governo. Detto questo però, non si può addebitare all’avversario la colpa di saper giocare troppo bene.

Purtroppo per Fratelli d’Italia e la sua leadership, bisogna riconoscere che in quell’area Pd c’è un ceto dirigente, che non è frutto di “cerchi magici”, di cene tra aficionados, o di “Fedayyin di Atreyu”, ma della ben nota cultura “egemonica” gramsciana, che a destra è stata fin troppo erroneamente osannata piuttosto che combattuta. Questo campo, che va da CalenZi (la fusione di Calenda e Renzi) a BonaccElla (l’unione di Bonaccini e Nardella), da Fratoianni a Bersani, ha ben chiaro a differenza, mi pare, del centrodestra, quale sia il loro obiettivo (il potere sempre, comunque e con chiunque), la strategia per ottenerlo e principalmente per mantenerlo (la delegittimazione, e in qualche caso la ridicolizzazione, costante dell’avversario) e la tattica per non perderlo (mass media benevoli, coperture internazionali degli amici e una piazza infiammata).

Di fronte a questo magma che sta per esondare, prevedo nella prossima primavera, sembra che ci sia poca chiarezza da parte del governo nel prendere decisioni che troppe volte sono state prima annunciate e poi corrette se non ritrattate. Ci sono stati pure provvedimenti inopportuni come quello sui “rave party” e disposizioni come quella sui migranti che ha portato a confliggere frontalmente con la Repubblica francese francamente evitabili, ma ancora altre decisioni economiche di buon senso, come quella sui Pos, sul limite al contante e il reddito di cittadinanza che però sono state divulgate confusamente e male. Su questi ultimi tre punti il governo dovrebbe avere il coraggio di parlare chiaramente agli italiani: sono misure di libertà e non fiscali.

Libertà dal controllo ossessivo dell’agenzia delle entrate sulle nostre vite; Libertà di fare ciò che si vuole del proprio denaro guadagnato onestamente; Libertà dal bisogno e dall’assistenza dello stato per la propria sopravvivenza, sostituendo il Rdc con uno strumento meno vago e che stimoli l’infinita creatività umana, come l’imposta negativa elaborata dal premio Nobel Milton Friedman con alcuni miglioramenti significativi che bisognerebbe introdurre come: la progressività, la temporalità e la rimborsabilità, perché come diceva Adam Smith “non esistono pasti gratis” e chi viene oggi sostenuto deve sapere che domani avrà l’obbligo a sua volta di sostenere gli altri affinché nessuno resti indietro. La presidente Giorgia Meloni, seppur efficace nella comunicazione e brava nell’aver saputo costruire in dieci anni un successo straordinario e forse irripetibile, deve darsi un obiettivo chiaro da raggiungere a breve (6 mesi): consolidare il governo attraverso la crescita economica, ed uno da conseguire nel lungo periodo (5 anni): rendere l’Italia una società più dinamica, aperta e libera.

Tutto da compiere per passi significativi, che trasmettano la sensazione tangibile di un processo inarrestabile ed irreversibile di mutamento in senso “liberale, liberista e libertario”. Intanto però l’approccio ai problemi dovrebbe essere più cauto, quantomeno per alcuni dei suoi ministri, “meno parole più fatti”. Spesso improvvide affermazioni, come quella inaccettabile “sull’umiliazione degli studenti” (un uomo mortificato è più facile che diventi un tipo rabbioso più che un cittadino modello), hanno causato in passato più dammi di una slavina (vedi quelle del “migliore” Berlusconi sui i fessi che votano a sinistra). Per questo lo stile responsabile di Guido Crosetto, Giancarlo Giorgetti e Antonio Tajani parrebbe più adeguato al ruolo di chi guida una nazione.

Sarebbe anche utile la costituzione di un gruppo di studio sui vari dossier che ci sono sul tavolo, composto da personalità, di cui la destra non scarseggia, capaci, indipendenti e con il coraggio di dirle direttamente “signora Presidente sta sbagliando” senza timore reverenziale o la paura di quello che non vuole perdere il posto nella stanza accanto; critici quanto basta e scettici quando serve, portati più a dubitare che ad esprimere certezze assertive. Infine chiuderei gli effimeri profili sulle piattaforme social, messi in campo da qualche collaboratore per farle saltare il, comunque salutare confronto con i giornalisti, nella speranza di rimanere agli occhi del popolo solo “Giorgia”, che se per un leader partitico può avere un senso, non lo ha invece per un capo del governo, che si espone così agli improperi e ai dileggi dei vari leoni da tastiera nel migliore dei casi o nel peggiore dei veri e propri hater che non mancano mai, perdendo quell’autorevolezza che la funzione assegna e abbassando nell’immaginario collettivo il livello “mistico” dell’istituzione governativa.

Il caso di Donald Trump sull’uso smodato dei social e sui nefasti esiti dovrebbe far riflettere. Ci provarono pure prima Renzi con le sue dirette Facebook e poi Giuseppe Conte, e ci lasciarono la faccia di fronte ai quotidiani insulti a cui chi sta dentro il palazzo del potere naturalmente è esposto. Andrebbero inoltre valorizzate tutte quelle personalità “bandiera” che Lei ha portato in Parlamento, vedi Marcello Pera e Giulio Terzi di Sant’Agata, di chiara cultura liberale e conservatrice, che sarebbe uno spreco tenere in qualche grigia commissione a discutere di lana caprina, invece di invitarli a elaborare una linea politica coerente e poi a difenderla nei media nazionali e nei consessi internazionali. Bisogna anche cogliere con orecchio attento le aperture che vengono da mondi lontani e tesaurizzarli: come le parole di apertura pronunciate in diretta a Otto e mezzo che hanno fatto strabuzzare gli occhi a Lilli Gruber, dal professore Massimo Cacciari sulla destra del presidente Giorgia Meloni, che lui ritiene proiettata in una dimensione più moderna ed europea.

Bene! si colga l’occasione di intraprendere un dialogo costruttivo e franco con chi non viene dalla sua stessa parte; si discuta con le fondazioni culturali indipendenti; si ascoltino le categorie e poi si decida che cosa fare e in quale direzione procedere senza infingimenti ondeggianti. Ad ascoltare gli altri in particolare modo se sono intelligenti e colti, anche se alle volte fanno venire il mal di testa come il filosofo Tommaso Romano, si corre il rischio di imparare qualcosa. Ecco, meglio correre questo pericolo, che può portare alla correzione di errori, che quello di chiudersi in una torre eburnea aspettando i tartari che già premono alle porte di Palazzo Chigi. L’avviso di sfratto al governo è stato inviato, si attrezzi signora presidente Meloni prima che diventi esecutivo.

Aggiornato il 07 dicembre 2022 alle ore 11:25