Concorso IRC aperto anche a neolaureati. Lettera al Miur e alle Autorità ecclesiastiche

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inviato da Angelo De Finis – L’insegnamento della religione cattolica (IRC) in Italia trova il suo fondamento giuridico nella legislazione concordataria tra Stato italiano e Chiesa cattolica che ne fissa la natura, le motivazioni e le modalità di svolgimento.

Il concordato prevede che in tutte le scuole pubbliche italiane siano riservate lezioni settimanali all’insegnamento della religione cattolica: un’ora e mezza per la scuola dell’infanzia, due ore per la scuola primaria, un’ora per la scuola secondaria di primo grado e secondo grado.

I genitori per i figli minori o gli alunni maggiorenni possono scegliere annualmente di avvalersi dell’IRC. L’88% degli studenti italiani si avvale di tale possibilità.

A volte, però, questo insegnamento sembra essere sottovalutato da una parte della società.

La religione è invece importante come le altre materie, al pari dell’italiano, della storia, dell’arte e della filosofia.

La nuova intesa tra lo Stato e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) sulla qualificazione degli insegnanti, firmata il 28 giugno 2012, stabilisce che per accedere all’insegnamento della religione cattolica in ogni ordine e grado di scuola si debba aver conseguito due lauree, una di primo livello che ha una durata di tre anni (Laurea in Scienze Religiose) e una di secondo livello che corrisponde al corso di studio della durata di due anni (Laurea Magistrale in Scienze Religiose), oppure essere in possesso dei titoli accademici di baccalaureato, licenza o dottorato in teologia o in altre discipline ecclesiastiche (come era già stabilito in precedenza).

L’Intesa del 2012 ha sostituito integralmente quella del 1985 per adeguare i livelli di formazione iniziale richiesti agli insegnanti di religione (Idr) a quelli previsti oggi per tutti gli altri insegnanti (laurea quinquennale per tutti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria).

Si chiede pertanto alle spettabili Autorità Ecclesiastiche e allo spettabile Ministro del MIUR On. Valeria Fedeli, ma anche allo SNADIR, Sindacato Nazionale degli insegnanti di Religione, insieme agli altri sindacati che seguono le diverse problematiche che interessano i docenti di religione cattolica, di provvedere alla predisposizione del concorso pubblico, per titoli ed esami, riservato agli insegnanti di religione cattolica, permettendo la partecipazione a tutti. Il prossimo concorso, imminente, annunciato recentemente, non dovrà essere riservato soltanto agli anziani precari del settore con una determinata anzianità di servizio (come previsto nel concorso del 2004), ma aperto anche a tutti i neolaureati che possiedono la laurea specialistica, magistrale, in scienze religiose.

Favorire il ricambio generazionale nella scuola con il passaggio ad una nuova, giovane generazione di insegnanti per comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. La tradizione “rigenerata” dai giovani, attraverso l’educazione autentica, proponendo di valorizzare il merito, premiare l’eccellenza, e soprattutto ripristinare i valori etici negati nella società contemporanea.

Nelle scuole dell’infanzia e primarie, dove il Concordato del 1984 consente di affidare l’insegnamento della religione cattolica anche agli insegnanti ordinari delle sezioni (Scuola dell’Infanzia) o delle classi (Scuola Primaria), questa possibilità è stata confermata anche nella recente intesa del 2012, ma richiedendo agli interessati il conseguimento di un apposito master universitario di secondo livello in scienze religiose che prevede un percorso formativo della durata di due anni accademici, al fine di equiparare in qualche modo la preparazione professionale degli insegnanti specialisti che svolgono solo l’Irc e quella degli insegnanti comuni che curano l’Irc solo nella propria classe o sezione. I nuovi titoli sono entrati in vigore dal 1° settembre 2017.

Questo significa che l’insegnamento della religione cattolica non può essere impartito da chiunque.

È evidente che, al di là di lodevoli eccezioni, l’insegnante di religione specialista risulta formato in maniera più specifica e completa rispetto all’insegnante di classe o di sezione.

Inserire gli specialisti di religione vuol dire assicurare alle famiglie e ai bambini un Piano Triennale dell’Offerta Formativa (P.T.O.F.) qualitativamente alto, capace di assicurare il successo scolastico degli alunni della scuola primaria e della scuola dell’infanzia.

Considerato, inoltre, che la disoccupazione nella scuola permane elevata e preoccupante e che le maestre di classe e di sezione rinunciando a insegnare religione non perderebbero nulla, visto che molti aspiranti insegnanti di religione specialisti sono in attesa di ricevere un contratto di lavoro anche per solo poche ore a settimana, si chiede ai docenti di classe e di sezione di coltivare una nascente e benefica consapevolezza di rinunciare ad impartire l’insegnamento della religione, in modo da consentire ai docenti specialisti di religione di svolgere il proprio lavoro. La professionalità degli insegnanti di posto comune che ha sempre assicurato una alta qualità dell’insegnamento e apprendimento potrà essere indirizzata al ritrovamento delle ore da dedicare al recupero di gruppo o individualizzato.

Si chiede alle curie vescovili e ai direttori degli uffici scuola delle diocesi di pretendere di più dai docenti di ruolo su posti di tipo comune che vorranno continuare a insegnare religione. È opportuno innalzare il livello di preparazione di chi insegna religione nella propria classe o sezione predisponendo adeguati corsi di formazione lunghi e impegnativi come un master di secondo livello previsto dalla normativa vigente, con relativi esami finali, sui contenuti disciplinari oggetto della formazione svolta dagli insegnanti di religione specialisti.

Infine, con riguardo alle problematiche relative alle supplenze brevi, si invitano i dirigenti scolastici a rispettare le disposizioni di legge vigenti. É necessario nominare sempre i supplenti in sostituzione del personale titolare del posto sia per non incorrere in conseguenze legali per violazione delle norme sulla sicurezza e garantire nel contempo una continuità didattica (il docente assente sostituito da un supplente della stessa materia) sia in segno di rispetto alla pesante crisi occupazionale.

Anche se in una riconosciuta situazione di difficoltà nella quale si trovano, i dirigenti scolastici e i direttori dei servizi generali e amministrativi sono tenuti al rispetto delle norme e della legalità, al fine di evitare di danneggiare ulteriormente i lavoratori e tutta la comunità scolastica.

La sostituzione dei docenti specialisti di Religione Cattolica deve avvenire esclusivamente con colleghi specialisti della stessa materia.

Gli insegnanti di religione non possono, inoltre, essere utilizzati per supplenze in quanto è unico il loro ruolo.

Non c’è dubbio che i tagli che i vari governi hanno realizzato nei confronti della spesa per le supplenze crea gravi difficoltà alla scuola pubblica in tutte le circostanze nelle quali gli insegnanti e gli ATA si assentano, ma ciò non può costituire un alibi per i Dirigenti Scolastici per trasgredire le leggi e i Contratti Nazionali, né può costituire una ragione per i Collegi dei Docenti e per la Contrattazione integrativa di Istituto per derogare alla normativa e per sottrarsi al dettato costituzionale (art.97) che impone: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione.”

Con l’auspicio della più ampia partecipazione e attenzione dirette a promuovere la cultura del lavoro, della legalità, della sicurezza nelle scuole in termini concreti e una chiara professionalità in grado di restituire riconoscibilità sociale all’insegnante.

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