Islam e donne: la Tunisia pensa a un’eredità senza discriminazioni

Il presidente Essebsi spinge per una legge di riforma del Codice di statuto personale che prevede la parità fra maschi e femmine in caso di eredità. Se la norma sarà approvata, si potrà scegliere fra la Sharia, che privilegia i maschi, e un'equa redistribuzione. Una novità importante per il mondo islamico, anche se si teme per il fondamentalismo

Il presidente della Repubblica tunisino Béji Caid Essebsi ha sollecitato l’Assemblea dei rappresentanti del popolo, l’organo legislativo della Tunisia, a deliberare in via prioritaria sul progetto di legge sull’eredità, che riguarda la giusta ripartizione in materia di successione fra maschi e femmine con uno stesso grado di parentela, salvo espressa volontà di chi fa testamento. Un intervento significativo, richiesto lo scorso 23 novembre, che modifica le norme in materia del Codice di Statuto personale e andrebbe verso l’eliminazione di questa discriminazione: la Costituzione consente al presidente di intervenire quando si tratta di questioni ritenute particolarmente rilevanti, soprattutto in tema di diplomazia e sicurezza, una prerogativa che finora Essebsi aveva sfruttato un’altra volta soltanto.

Regole di uguaglianza “volontaria”: si potrà scegliere

Se la norma sarà adottata, una persona potrà decidere di lasciare in eredità i propri beni in parti uguali ai figli, senza differenza di sesso. Inoltre, assenza di una disposizione specifica prima della morte, la legge applicherebbe la regola dell’uguaglianza.

«Tuttavia, ognuno potrà specificare in un testamento legale che sceglie di condividere il suo patrimonio secondo la vecchia legge, cioè secondo la Sharia. Così lo Stato tunisino stabilisce la parità fra uomini e donne in materia di eredità, ma i singoli possono scegliere liberamente la disuguaglianza e assumerla di fronte alla propria famiglia», spiega Iqbal Gharbi, docente di psicologia all’Università islamica Zitouna di Tunisi.

Una legge facoltativa, quindi, che non andrebbe contro i testi sacri, anche se su questo punto ci sono interpretazioni differenti. Infatti è proprio su un’ijtihad, un’interpretazione del Corano, che si basa la Sharia, il diritto acquisito degli uomini a ereditare il doppio delle donne.

Si tratta di una rivendicazione di uguaglianza e una richiesta di equità, in particolare per le donne che vivono in zone rurali o deprivate del paese, in quanto negli ambienti colti la disparità sancita finora dalla legge veniva spesso già aggirata con donazioni fra vivi.

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© European Union 2016 – European Parliament (via Flickr)

Mondo islamico e donne: la novità del Codice di Statuto

La parità nella successione era stato l’unico punto su cui gli ulema si erano opposti al presidente Bourguiba nel 1956, al tempo della promulgazione del Codice di Statuto personale, un documento rivoluzionario nel mondo arabo e musulmano e assolutamente all’avanguardia per l’epoca, che ha bandito la poligamia e il ripudio delle donne. Si tratterebbe quindi, dicono i promotori, di concludere un processo verso la parità di genere cominciato molto tempo fa ma anche di una prima assoluta nel mondo islamico.

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«Questo disegno di legge sull’eredità è un riflesso della storia della nazione – conferma la professoressa Garbi – Non bisogna dimenticare che la Tunisia ha un movimento riformista unico nella regione araba e islamica. Il nostro è stato il primo paese musulmano ad abolire la schiavitù. La Tunisia ha avuto, nel corso della sua storia, una ricca esperienza in tema di diritto, inaugurata dalla costituzione di Cartagine, elogiata persino da Aristotele. Anche durante l’era moderna, a metà dell’800, durante il regno di Ahmed Bey sono state realizzate alcune importanti riforme che hanno permesso ai suoi successori di sviluppare l’impianto giuridico modernista del paese».

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Islam e donne in Tunisia: il progetto di legge

Nell’agosto del 2017, il presidente della Repubblica aveva affidato a una commissione di giuristi ed esperti in questioni religiose (la Commission des libertés individuelles et de l’égalité, Colibe) il compito di esaminare le leggi tunisine per verificarne la conformità con i principi di uguaglianza e libertà rivendicati dalla nuova Costituzione, votata nel 2014, e con le convenzioni internazionali ratificate dalla Tunisia.

Il 12 marzo 2018, la commissione ha prodotto 220 pagine di relazione, comprese alcune proposte di legge pronte per essere sottoposte al vaglio dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo.

Trasformazione sociale alla prese col partito islamista

Secondo le ultime indagini sociologiche, la famiglia tunisina è ancora, in quasi il 70% dei casi, una famiglia coniugale, il tasso di donne occupate è del 31,3% e il 72% delle donne che lavorano usa tutto il suo reddito per le spese della famiglia.

«Il paese è cambiato e questa legge si adatta alle nuove trasformazioni demografiche e sociologiche della Tunisia moderna, oltre ad essere fedele ai valori di dignità e uguaglianza della rivoluzione dei gelsomini del gennaio 2011. Purtroppo, il dibattito pubblico ha ripreso a usare i toni virulenti delle polemiche degli anni 2012-2013, quando il partito islamista Ennahda era al potere e l’opposizione era terrorizzata all’idea che il paese potesse scivolare verso una teocrazia», continua Iqbal Gharbi.

Fondamentalismo islamico e donne: l’incognita elezioni

I conservatori ora gridano allo scandalo. Othman Battikh, mufti della Repubblica, ha dichiarato pubblicamente che il Corano proibisce la parità nell’eredità, citando il versetto 11 della sura An-Nissa: «Ecco che Allah ingiunge riguardo ai figli: al maschio andrà una parte equivalente a quello di due femmine».Da parte sua Ennhada, il partito islamista, agita la reazione degli estremisti in vista delle elezioni presidenziali del 2019. E, allo stesso tempo, i movimenti femministi e le associazioni democratiche nel paese non vogliono perdere l’occasione offerta dalla riforma.

«Noi vogliamo che la legge arrivi in Parlamento perché ripara le ingiustizie millenarie patite dalle donne, ma non ci nascondiamo che in periodo elettorale la religione è un problema e uno strumento di potere. L’Islam è una fonte di legittimità per i partiti religiosi che cercheranno di sfruttare a loro vantaggio questa riforma progressista e la conseguente mobilitazione popolare», conclude Gharbi.

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