Il giorno della memoria e l'Irpinia, tra Palatucci e Preziosi

Abbiamo dato natali a un eroe che li salvava e al peggior teorico dell'antisemitismo

 

di Nunzio Cignarella

27 gennaio: giornata della memoria per le vittime dell’olocausto e dell’odio razziale. Anche quest’anno, anzi ogni anno sempre più consapevolmente, soprattutto nelle scuole, viene ricordato il tragico delirio di chi volle sterminare gli ebrei solo sulla base della loro genealogia. Gli ebrei non erano una nazione in guerra, non venivano perseguitati per la loro religione, non avevano segni somatici diversi da quegli stessi che li internavano e li uccidevano. Erano perseguitati solo perché non appartenevano alla razza pura –così dicevano i teorici dell’antisionismo e della difesa della razza ariana- e molti ritennero davvero che fossero parte di un complotto  ( i savi di Sion) che intendeva dominare il mondo.

Anche quest’anno molte sono state le iniziative e molte le scolaresche italiane che si sono recate in pellegrinaggio ad Auschwitz, il campo di sterminio al quale maggiormente è legata la giornata della memoria. Infatti, quando, nel novembre del 2005,  l’assemblea delle Nazioni Unite istituì la giornata della memoria, venne indicata come data commemorativa, quella del 27 gennaio, perché in questa giorno, nel 1945,  le truppe dell’Armata Rossa giunsero a liberare gli ultimi superstiti nel campo di sterminio di Auschwitz.

Certo i campi di sterminio degli ebrei (e secondo le ricostruzioni storiche vi trovarono la morte dai cinque ai sei milioni di ebrei) si trovavano in Germania e in territori oggi polacchi, ma il 27 gennaio deve essere di stimolo, per noi italiani, a riflettere  sull’antisemitismo che durante il regime fascista imperversò anche nella nostra nazione. Non a caso quando il Parlamento italiano , precedendo l’analoga deliberazione delle Nazioni Unite, con la legge n.211 del 2 luglio 2000, istituì la giornata della memoria, da celebrarsi il 27 gennaio, vi fu chi, nel dibattito parlamentare –e mi riferisco all’onorevole Furio Colombo-  propose come data commemorativa il 16 ottobre, a ricordo del rastrellamento nel ghetto di Roma, avvenuto proprio in questo giorno, nel 1943. Evidente il tentativo di ricordare il crimine delle leggi razziali ed antiebraiche con una data, come dire, più nostrana.

Invece, il 27 gennaio ci riporta più ai crimini tedeschi. E’ vero che nella nostra penisola non v’erano campi di sterminio (ma a San Sabba c’era un forno crematorio), ma solo campi di raccolta (a Fossoli, in provincia di Modena, a Bolzano e a Trieste) da dove partivano i convogli per i campi tedeschi. E’ anche vero che su 43.000 ebrei italiani ne furono sterminati “solo” 7.000 (vale a dire circa il 16%), ma dei 1023 ebrei rastrellati nel ghetto di Roma solo 16 sopravvissero ad Auschiwitz.

E però il 27 gennaio deve essere anche la data della “nostra” memoria, l’occasione per ricordarci il nostro antisemitismo e soprattutto per capire come esso andò crescendo poco alla volta, anche approfittando della nostra tolleranza verso misure che apparivano limitate. Nel 1931, quando fu imposto agli insegnanti il giuramento di fedeltà al regime, non apparve tutto sommato come un’imposizione vessatoria della nostra libertà di cittadini. Ed infatti su oltre 1200 professori universitari solo 12 rifiutarono di prestare tale giuramento e  preferirono perdere il posto. Nel 1938, quando furono approvate le leggi razziali, non fu poi molto difficile l’espulsione del dieci per cento circa fra professori ed assistenti universitari, perchè ebrei. E fra essi anche Rita Levi Montalcini e Salvatore Luria, due futuri premi nobel per la medicina, che ripararono negli Stati Uniti.

Nell’aprile del 1937 passò senza contestazioni il divieto di relazioni coniugali fra italiani e sudditi dell’Africa Orientale Italiana, in nome della difesa della razza italica.Apparve così meno disumano l’anno dopo la proibizione di matrimoni misti con gli ebrei.

E sarebbe bello se in questa occasione, da Irpini, ricordassimo che anche da noi vennero istituiti campi di concentramento (sia pure riservati solo a prigionieri politici) a Monteforte, ad Ariano e a Solofra ( riservato alle mogli degli oppositori al regime fascista). E sarebbe ugualmente bello ricordare che in Irpinia ha avuto i natali non solo l’ultimo questore di Fiume, il montellese Giovanni Palatucci, che salvò le vite (poco importa se furono molte o poche) di ebrei, ma anche il teorico della purezza della razza, Giovanni Preziosi, il prete di Torella dei Lombardi, che abbandonò l’abito talare e fu feroce sostenitore delle leggi razziali, aderendo dopo l’otto settembre alla repubblica di Salò e preferendo suicidarsi, insieme con la moglie, piuttosto che sopravvivere alla caduta del nazi-fascismo. Negli ultimi giorni della RSI Preziosi con la famiglia raggiunse Milano. Ma non tentò la strada della Svizzera. Si buttò da una finestra, insieme alla moglie, la notte tra il 26 e il 27 aprile 1945. Lasciò un biglietto per il figlio. Vi parlò solo del duce, che aveva seguito, scrisse, perché riteneva che potesse dare «grandezza alla Patria».

Questa memoria aiuterebbe anche noi Italiani e noi Irpini ad essere più vigili e meno tolleranti verso manifestazioni antisemite ed antirazziali che all’inizio sembrano solo folcloristiche iniziative di sparute minoranze, ma poco alla volta rischiano di diffondersi e penetrare anche in organismi sani, proprio come un virus che se non viene combattuto in tempo, se viene preso sottogamba, se all’inizio non desta la nostra preoccupazione, finisce per occupare il nostro organismo ed infettare l’intero corpo sociale.