Disperso in Russia: Giovanni Caruso torna idealmente a casa

Consegnato ai familiari a Melito Irpino, il piastrino di riconoscimento

La storia, i ringraziamenti da parte del sindaco Michele Spinazzola e l'emozione del giovane nipote Giovanni che porta lo stesso nome di suo nonno...

Melito Irpino.  

 

di Gianni Vigoroso

Recuperato in una fossa comune in Russia, consegnato al sindaco del paese e successivamente ai familiari a Melito Irpino, un piastrino di riconoscimento appartenente ad un figlio ed eroe di questa terra, Giovanni Caruso, dichiarato disperso durante un combattimento nel 1942.

Per la piccola comunità ufitana guidata dal primo cittadino Michele Spinazzola è una giornata storica e solenne coincisa con la processione della Madonna dell'Incoronata, molto sentita dal popolo melitese.

"Una cerimonia in onore di un nostro concittadino, che ha sacrificato la propria vita per gli altri. Un ricordo doveroso e che ha un valore importante, sia dal punto di vista etico, morale e culturale. Serve a rafforzare lo spririto di comunità. Attraverso questa consegna - afferma Spinazzola - sostanzialmente annunciamo all'intera comunità  il rientro seppur in maniera ideale di Giovanni Caruso nella sua terra."

Encomiabile il lavoro svolto dal Gruppo Alpini di Abbiategrasso, sezione di Milano, attraverso il responsabile Antonio Respighi, battezzato come l’angelo degli Alpini dispersi in Russia, tra cui il melitese Caruso. Consegnate centinaia di piastrine in varie parti d'Italia. Presente in Irpinia i rappresentanti della sezione di Napoli.

Il ringraziamento del sindaco Spinazzola: " Siamo stati contattati tre mesi fa, volevamo organizzare la cerimonia nel periodo natalizio, in modo da poter consegnare il piastrino al figlio del militare disperso, il compianto Prisco Caruso, Ma ciò non è stato possibile essendo venuto a mancare purtroppo il 22 dicembre scorso. Da qui la scelta di consegnare la targa commemorativa al nipote Giovanni."

La storia:

Figlio di Prisco ed Emilia Luongo, Giovanni Caruso è nato il 5 aprile 1909 a Melito Irpino. Contadino, soldato di leva nel distretto di Avellino, il 16 novembre 1928 gli viene riconosciuto il diritto alla ferma riducibile.

Il 3 maggio 1929 viene chiamato alle armi ed assegnato al 2° Reggimento Fanteria. Ammesso alla ferma minima ed il 21 ottobre 1929 viene mandato in congedo illimitato con dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di avere servito con fedeltà ed onore.

Il 4 gennaio 1942 viene richiamato alle armi nel deposito del 40° Reggimento Fanteria a Cava dei Tirreni e dal 9 gennaio in territorio dichiarato in stato di guerra. L’11 febbraio viene aggregato al 19° Reggimento Fanteria.

Parte per la Russia il 4 luglio 1942 con l’89° Reggimento Fanteria mobilitato facente parte del Corpo di Spedizione Italiano. Partecipa alle operazioni sul fronte orientale e viene dichiarato disperso in combattimento nella zona del Don il 17 dicembre 1942.

89° Reggimento Fanteria "Salerno” nella battaglia del Don. La Divisione di fanteria Cosseria, era formata dai reggimenti di fanteria 89° e 90° Salerno ed il 108° reggimento artiglieria divisionale, rinforzata dal 318° reggimento granatieri tedesco. L’89° reggimento di Fanteria, partì con numerose tradotte da Ventimiglia dal 15 giugno al 10 luglio 1942.

Dopo un viaggio di 15 giorni e altri 5 di marcia, il reggimento si posizionò sulla sponda del fiume Don in una zona a sud dell’ansa di Werch Mamon. Successivamente l’intera divisone Cosseria si spostò nel tratto di fronte fra Nowo Kalitwa sino ad ovest dell’ansa di Werch Mamon.

Fino a dicembre inoltrato sulle rive del placido Don la situazione era accettabile. Si susseguivano delle sparatorie con armi portatili, qualche tiro di artiglieria e colpi di mano notturni da una parte e dall’altra (alle ore quindici si faceva buio; la luce del giorno durava solo otto ore).

Nella prima decade di dicembre le azioni offensive dei russi si facevano più frequenti ed accanite fino a rendersi conto che stavano preparando un’offensiva vera e propria.

Un attacco condotto dai russi con notevoli forze contro il I° Battaglione del 90° costò la vita al comandante del battaglione e ai quattro comandanti di compagnia, morirono molti ufficiali subalterni e militari di truppa. Per ristabilire la situazione fu impiegato il III° Battaglione dell’89° fanteria che respinse il nemico.

Il 12 dicembre 1942 alle 5,30 ebbe inizio la grande offensiva russa con largo impiego di uomini, armi, carri armati e aerei.

I sovietici riuscirono a realizzare una azione di sorpresa in un periodo invernale, che i tedeschi nelle loro previsioni avevano scartato, attaccando il punto più favorevole dopo aver quasi sguarnito del tutto il resto della linea del Don.

L'ampiezza del settore da difendere, 270 km da Kamilschova a Vescenskaja, era eccessiva. L'ottava armata poteva schierare in media una Divisione ogni 30 km di fronte, mentre il settore del II Corpo d'Armata (Divisioni Cosseria e Ravenna), prescelto dai sovietici per l'attacco, aveva un'ampiezza persino superiore ai 60 km. La dottrina militare italiana dell'epoca, stabiliva in 3-5 km il settore da affidare alla difesa di una Divisione di fanteria.

L'attacco violentissimo, preceduto da azioni di bombardamento intense e micidiali, travolse alcune postazioni del II° Battaglione dell’89° fanteria.

Sopraggiunsero gruppi di rinforzo che ristabilirono la situazione della linea del fronte. Verso le ore 21 un contrattacco condotto dalle forze russe contro l'11^ compagnia fu respinto e disperso. Da quel momento ci furono attacchi e contrattacchi condotti dai superstiti del II° e del III° battaglione dell’89°. Durante la notte del 13 e 14 dicembre si svolsero aspri combattimenti durante i quali, in un contrattacco, il comandante del Reggimento, Paolo Maggio, riunì tutti i soldati che poté, cucinieri e autisti compresi, e più volte andò all'assalto delle forze russe cadendo ferito a morte. Con lui il suo aiutante in seconda, e molti ufficiali e militari di truppa.

Nel corso del giorno 15 e della notte del 16 crollò la resistenza del I° battaglione. I resti del reggimento si raggrupparono alla periferia di Nowo Kalitwa e formarono un caposaldo con l'ordine di resistere ad oltranza e di non arretrare a prezzo della vita. Mentre gli ultimi caposaldi combattevano sul Don, era già caduta Zapkovo sede del Secondo Corpo d'Armata, 20 chilometri più addietro della linea del fronte.

Momenti di sangue e di morte

I giorni di 17, 18 e 19 furono giorni di lotta assediati da in nemico inarrestabile. Nel pomeriggio del giorno 19 dicembre il caposaldo di Nowo Kalitwa si spostò a quota 196 dove giungeva il battaglione Cividale della divisione Cuneense che dava il cambio ai resti dell'89° reggimento. Il tramonto era insolitamente rosso quando i superstiti del reggimento mossero i primi passi della lunga ritirata. Nella battaglia del Don la Divisione Cosseria, che si ritirò un mese prima del Corpo Alpino, ebbe 1273 morti, tutti sulla linea di combattimento.

L’emozione del nipote Giovanni, che porta lo stesso cognome di suo nonno

"C'è un senso di forte gioia,  dopo 76 anni dalla scomparsa di mio nonno oggi idealmente lo riaccogliamo nel nostro paese. Per me lo è ancora di più, perchè porto anche il suo nome. Tutto il paese oggi ha riabbracciato un suo grande eroe. Se oggi siamo qui è grazie a persone straordinarie come lui."