Moglie di divorziato prende l'ostia, il prete: sei irregolare

E' accaduto in Irpinia in valle Ufita al margine di un matrimonio.

Il prete, dopo aver dato l'ostia, ha spiegato alla donna che era "irregolare": aveva sposato civilmente un uomo divorziato.

Avellino.  

 

di AnFan 

Quando lei, religiosa fervente, ha visto il prete avvicinarsi non poteva certo immaginare cosa le avrebbe detto: «Sei irregolare, non dovresti prendere la comunione facendo finta di niente». Una frase che ha mandato in frantumi la felicità per la migliora amica che aveva appena pronunciato il fatidico "sì".  Lei aveva una sola “colpa”, inaccettabile per il prete, si era sposata civilmente un uomo divorziato. Quindi non poteva prendere la comunione. A nulla sono serviti i tentativi di chiarire la propria posizione: «Ma il mio è stato un matrimonio d'amore. Sono religiosissima». La notizia è stata riportata dalla collega Monica De Benedetto. 

E' accaduto in valle Ufita. Non indicheremo il nome della protagonista della vicenda che preferisce rimanere anonima né tanto meno quello del prete o della chiesa per tutelare la sua privacy. La migliore amica di Laura (nome di fantasia) aveva finalmente deciso di coronare il sogno d'amore. E lei, pur non potendo farle da testimone di nozze, aveva deciso di essere presente e gioire con l'amica di sempre. Quando ha preso la comunione non credeva di commettere peccato. Dopotutto, come ha poi spiegato al prete, la scelta di sposare quell'uomo l'ha presa consapevolmente.

Eppure, dalla disciplina ecclesiastica, casi analoghi a quelli di Laura sono classificati come «situazioni matrimoniali irregolari». La coppia, sposata solo civilmente, non può celebrare il matrimonio con rito religioso perché in questo caso l'uomo è sottoposto al precedente vincolo matrimoniale celebrato con forma canonica (davanti a Dio) e del quale non è stata dimostrata la nullità. La seconda moglie, anche se credente e praticante, non può quindi ricevere l'eucaristia. Un principio sancito anche dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica firmata nel 1994 dal cardinale Ratzinger con l'approvazione del Papa Giovanni Paolo II. In sostanza non si può riconoscere valida la nuova unione se era valido il precedente matrimonio. Papa Francesco, pur mostrandosi più tollerante, al momento non ha firmato o si è espresso in modo differente.