Fuori le associazioni pro vita dai reparti Igv, la sentenza

Il Tar di Napoli respinge il ricorso dell'associazione Parrocchia per la vita

Le donne dell'Udi: "Sentenza importante, sapevamo di avere ragione, ma non sempre chi deve applicare la legge sta dalla nostra parte"

Napoli.  

Fuori le associazioni pro vita dai reparti di ostetricia e ginecologia dove si pratica l’Ivg, l’interruzione volontaria di gravidanza. Lo ha stabilito con una sentenza il Tribunale Amministrativo della Campania che ha respinto il ricorso presentato dall’associazione “Parrocchia per la vita”, un movimento di matrice cattolica  che andava nei reparti ospedalieri e nei consultori pubblici a predicare contro la legge 194 e distribuire “materiale dissuasivo” per convincere le donne a rinunciare alla loro libera scelta di interrompere la gravidanza.

Alla vigilia dell'8 marzo arriva da Napoli una decisione molto importante a difesa della legge 194, legge per la libertà di interruzione della gravidanza. Legge che dopo 40 anni è nuovamente messa in discussione dalla recrudiscenza di movimenti anti abortisti, sempre più numerosi e pressanti, dentro e fuori le istituzioni laiche del nostro Paese. 

Il movimento pro life aveva ottenuto nell’estate scorsa l’autorizzazione ad entrare in ospedale attraverso la firma di una convezione sottoscritta dall’ex direttore generale dell’Asl Napoli 1 Mario Forlenza. Quella convenzione suscitò la reazione delle associazioni femministe dell’ Udi, l’associazione Salute Donna, il Comitato 194, Arcidonna Napoli, La Casa delle Donne di Napoli. Al loro fianco anche le associazioni dei medici dell’Anaao (regionale e provinciale) e i camici bianchi che lavorano nei centri per l’interruzione volontaria di gravidanza agli ospedali San Paolo e Loreto mare.

Dopo lettere di protesta, esposti e denunce alla Procura della Repubblica e un appello al Governatore Vincenzo De Luca, l'incontro tra il manager della Asl Mario Forlenza e il mondo dell’associazionismo femminile: la delibera fu ritirata e quindi interrotta la convenzione con l’associazione Parrocchia per la vita.

Quest’ultima decise di presentare ricorso al Tribunale amministrativo per far valere le proprie ragioni, ma il Tar gli ha dato torto. In sostanza si è stabilito che quella convenzione violava la privacy delle donne e violeva anche la legge 194 che non consente a nessun tipo di associazione (pro o contro l’aborto) di intervenire o accedere direttamente ai locali ospedalieri sede di strutture di interruzione di gravidanza.

«E' una sentenza importante. Sapevamo di aver ragione e la nostra ragione è stata riconosciuta» hanno ribadito le attiviste dell’Udi - Non sempre, però, la legge e i giudici sono dalla nostra parte dato che la libertà femminile è considerata un elemento di disordine e di cambiamento pericoloso delle prospettive politiche e sociali. Alcune leggi (la 194, la legge 75 e soprattutto la Convenzione di Istanbul), sono dalla nostra parte, ma non sempre chi dovrebbe applicarle».