Provinciali Salerno, il centrosinistra trionfa ma perde seggi

Cresce l'opposizione a Palazzo Sant'Agostino. Nuovo caso di "voti ribelli" al Comune di Salerno

Salerno.  

Il centrosinistra conferma la sua leadership nel Consiglio provinciale di Salerno ma perde due seggi rispetto alle elezioni del 2017. È il dato principale che è emerso dalla tornata per il rinnovo dell’assise di Palazzo Sant’Agostino che, nella giornata di ieri, ha chiamato al voto gli amministratori della provincia di Salerno. Ai seggi si sono recati 1703 sindaci e consiglieri comunali su 1977, pari all’86,14% degli aventi diritto. Le operazioni di spoglio, considerato anche il farraginoso sistema del voto ponderato, sono andate avanti fino a notte inoltrata.

Alla fine 11 seggi sono andati ai partiti del centrosinistra (6 Partito Democratico, 2 Campania Libera, 2 + Centro per i Territori e 1 Psi) che sostengono il presidente in carica Michele Strianese, 4 al centrodestra (2 Forza Italia, 1 Fratelli d’Italia, 1 Lega) e uno alla sinistra (1 Provincia di Tutti). Il nuovo Consiglio provinciale di Salerno sarà composto da: Carmelo Stanziola, Paky Memoli, Antonio Rescigno, Luca Cerretani, Vincenzo Servalli, Roberto Robustelli (Pd), Antonio Sagarese, Fausto De Nicola (Campania Libera), Fausto Vecchio, Felice Santoro (+ Centro per i Territori), Giovanni Guzzo (Psi), Roberto Celano, Giuseppe Ruberto (Forza Italia), Ernesto Sica (Lega), Clelia Ferrara (Fdi), Dante Santoro (La Provincia di tutti).  

Il primo segnale politico importante, ancor prima della proclamazione, era arrivato già durante lo scrutinio dei comuni appartenenti alla fascia F, comprendente la sola città di Salerno. Anche stavolta, com’era già accaduto due anni fa, il Consiglio comunale guidato dal sindaco Enzo Napoli ha riservato sorprese nell’urna. Delle 33 preferenze espresse, 10 sono andate alla lista del Pd, 7 a Campania Libera, 4 al Centro per i Territori, 3 al Psi, 2 a La Provincia di Tutti, 4 a Forza Italia e 3 alla Lega. Nove voti, dunque, sono andati alle forze di opposizione (Lega, Forza Italia e La Provincia di Tutti) che in Consiglio comunale, però, possono far leva soltanto su sei elementi. Un dato che ha fatto storcere il naso negli ambienti del Partito Democratico e della maggioranza dove è già partita la caccia agli autori del "voto ribelle".