Le Rubriche di PiacenzaSera - Nave in bottiglia

Piacenza di frontiera, Le Mose e il polo logistico

Lo sguardo di Mauro Molinaroli si posa questa volta sulla periferia di Piacenza, per raccontare lo scorrere del tempo nella nuova puntata della “Nave in bottiglia“.

Terre di frontiera: Le Mose e il polo logistico

A Le Mose lo sguardo non può che volgersi a quella pianura urbanizzata, paesaggio ripetitivo e straniante, dove l’espansiva e incontrastata costruzione di aree per l’ampliamento del Polo logistico ha fagocitato terreni un tempo coltivati per la produzione di granturco, grano e per la coltivazione del pomodoro. Sotto l’orma pesante dell’industrializzazione, però, sono ancora leggibili tracce di quel mondo, la cui storia è storia dai tempi lunghi. Filari, reti di canali, percorsi interpoderali e, soprattutto, organismi architettonici.

Trama un tempo continua e coerente, oggi interrotta e spesso contraddetta; in essa si proiettavano i ritmi ciclici della tradizione agraria, il vitale legame col luogo, i saperi costruiti nell’arco di generazioni; tutto quello, in pratica, che non può più convivere col modello industriale: rapido divoratore tecnologico, esso è soprattutto indifferente all’idea di memoria come risorsa e valore identitario, l’incapacità stessa di narrare la storia del territorio e dell’edilizia rurale, la loro rimozione dalla coscienza collettiva.

Ancora, la perdita di un suggestivo patrimonio all’interno del quale l’architettura è documento di vita comunitaria nel corso dei secoli, come ad esempio la corte agricola Cascina San Savino, tutelata da vincolo monumentale ma ormai assediata dall’area fieristica di Piacenza, dal Polo logistico e dal Palabanca. Occorrerebbe un recupero in grado di dare nuova vita al complesso e restituire Cascina San Savino alla comunità, assegnandole una rinnovata funzione in linea con l’attuale tessuto e domanda culturale, e valorizzandola quindi quale testimonianza di una storia che è soprattutto nostra.

Un viaggio nel passato e uno sguardo verso il futuro per capire Le Mose, frazione paradossalmente vittima di più epoche, di un boom economico che non ha fatto alcuno sconto a queste terre, di scelte a volte scellerate, dell’Autosole, delle zone industriali e artigianali, del Centro per le dogane e infine dell’insediamento del Polo logistico, accolto inizialmente come uno scoop di tipo archeologico e diventato più avanti non-luogo, i cui capannoni hanno alimentato prostituzione, microcriminalità e degrado.

Nei primi anni Duemila, durante gli scavi per la realizzazione di uno dei magazzini dell’Ikea, è ritornata alla luce una necropoli di ventisei tombe con scheletri che risalgono a seimilacinquecento anni fa, molti dei quali fanno oggi parte del Museo archeologico di Palazzo Farnese, dove sono esposti anche altri oggetti ritrovati sempre nell’area di Le Mose, a partire dalla fine degli anni Novanta. Ulteriori dati su antiche presenze umane nella zona ci sono giunti grazie al rinvenimento, nei pressi dell’odierna Agenzia delle dogane, di una fornace romana del I secolo a.C, oggi esposta all’interno della struttura di via Coppalati.

Nella zona, comunque, dalla fine degli anni Ottanta, mentre facevano la loro comparsa sigle quali Imebep e Salind, molte cose sono cambiate. Mai come da queste parti Piacenza è “terra di passo” e crocevia stradale e ferroviario, trovandosi al centro dei principali collegamenti tra nord-sud ed est-ovest. Il polo di Le Mose, insieme al Logistic Park di Castel San Giovanni e al Magna Park di Monticelli d’Ongina, è uno dei centri più importanti per la logistica nel nord del Paese. Dietro a tutto questo sta l’esigenza di un mondo globalizzato che non intende affatto fermarsi ma piuttosto correre giorno e notte, mettendoci a volte paura, facendosi poi perdonare regalandoci, a tempo di record, oggetti e prodotti di che soltanto pochi anni fa avremmo impiegato settimane per ricevere.

Pertanto, la strada Caorsana, conosciuta anche come Statale 10, è diventata punto di smercio di prodotti provenienti da tutto il mondo, ospitando un centro di movimentazione delle merci con oltre mille aziende coinvolte nei trasporti, e quasi 6.500 addetti attivi all’interno del comparto.

Tornando alla logistica piacentina, comunque, a quasi vent’anni dal primo insediamento avvenuto nel 1999, il colosso Ikea, che occupa da solo quasi 400mila metri quadrati della superficie totale del Polo, dal centro di Le Mose, serve tutta Italia e il Sud Europa. All’interno dei depositi operano complessivamente più di 1800 addetti, la maggior parte di questi è personale di cooperative di facchinaggio cui gli operatori logistici esternalizzano le attività di gestione dei magazzini. E’ prevista anche la costruzione di un nuovo terminal intermodale che dovrebbe consentire lo sviluppo di aree attrezzate per i trasportatori (si parla, in particolare, di servizi igienici e aree ristoro) perché i sabati e le domeniche non siano più teatro di camionisti in sosta lungo i piazzali del Polo senza poter usufruire di alcun servizio igienico.

Dopo Ikea agli inizi degli anni Duemila, arrivarono le proprietà di Piacenza Intermodale e di Prologis, e nel 2005 Generali Properties realizzò le sue prime installazioni. Facendo due conti, dunque, risulta che gli operatori presenti siano quattordici. Lungo la Statale 10 svetta anche il Centro direzionale di via Coppalati, un edificio elegante di 7500 metri quadrati la cui illuminazione fu progettata e realizzata dall’architetto lighting designer Francesca Storaro, figlia del pluripremiato direttore della fotografia romano, Vittorio.

Questo esempio di architettura moderna nostrano fu voluto tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila dall’allora presidente di Piacenza Intermodale, l’imprenditore Maurizio Tarasconi, e pensato prima ancora da uno dei fondatori della logistica piacentina, Tito Fugazza. In Via Strinati, invece, nel cuore del Polo logistico piacentino sorge il terminal intermodale adibito a magazzino e a terminal ferroviario dove vengono movimentate 1,5 milioni di tonnellate di merci all’anno.

Nonostante tutto, il panorama da queste parti è spettrale. Viene da chiedersi se queste costruzioni abbiano dato davvero una svolta all’economia o se il Polo logistico non diventi col tempo un problema destinato a travolgerci. D’accordo che la Caorsana e in particolare Le Mose, dagli anni Sessanta in poi hanno visto sorgere piccole e medie imprese che hanno costituito l’ossatura dell’economia piacentina, ma quelle aziende erano una volta di proprietà di imprenditori che a Piacenza vivevano e lavoravano e che avevano a cuore la loro gente e il territorio.

Un piccolo esercito di artigiani e di imprenditori che guardava al futuro con fiducia e con costanza, che credeva nel valore del lavoro più che nel guadagno facile con la finanza creativa. In pochi anni Piacenza è cambiata, ha perduto i propri centri direzionali, e il cielo del futuro, un tempo azzurro, si è fatto plumbeo. Da smemorati del nostro tempo osserviamo quanto accade intorno a noi, quasi con distacco, senza amore e con disincanto.

Mauro Molinaroli

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