Israele introduce una valuta digitale di stato: riuscirà il cripto shekel a consolidarsi nel mercato odierno?

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Sembra che non siano soltanto le autorità venezuelane ad avere serie intenzioni per quanto riguarda la creazione di una propria criptovaluta nazionale come mezzo in grado di risolvere la crisi finanziaria interna. Israele, per esempio, già da tempo elabora un piano d’inserimento della valuta digitale di stato all’interno dei propri confini finanziari. Dall’inizio del 2018 infatti, le discussioni sull’ argomento hanno raggiunto nuove vette, arrivando fino al Ministero delle Finanze.

Secondo i funzionari di stato, tale innovazione permetterà di ridurre il volume delle operazioni cash, stroncando così la frequente pratica dell’evasione fiscale. In più, il mercato nero, il quale conta circa il 22% del PIL, potrebbe a sua volta ridursi nel caso della comparsa di una cripto moneta nazionale, riporta La Stampa.

Un duplice gioco del governo?

Attualmente, il progetto sta assumendo una forma legislativa elaborata dal governo. Il che non sorprende affatto, considerando il boom che sta passando la cripto industria del paese. Tale successo è dovuto al grande numero di brevetti rilasciati, al quale va ad aggiungersi lo sviluppo tecnologico del settore nel suo complesso. Tutto questo ha alimentato diverse voci di tipo cospirativo che si sono fatte sentire negli ultimi tempi sul fatto che il progetto non sia un’idea dello stato d’Israele, ma che nasconda in sé motivazioni di matrice lobbista: una serie di banche importanti d’Israele ha iniziato improvvisamente a lavorare a stretto contatto con le aziende IT. La banca Hapoalim, ad esempio, collabora con Mircrosoft Azure in materia di digitalizzazione degli asset.

Mentre nel mese di febbraio, la corte Suprema d’Israele ha vietato alla banca Leumi di chiudere i conti dei clienti Bits of Gold. Inoltre, la Commissione per i Titoli e gli Scambi di Israele ha rilasciato una serie di raccomandazioni create “per chiarire le incertezze in materia d’innovazione tecnologica e tutela degli investitori”, e ha ufficialmente dichiarato che i bitcoin non possono essere considerati come titoli finanziari, riportato sta volta invece Cryptonomist. Una tale decisione ha spinto diverse aziende, interessate al mercato israeliano, a dichiarare le loro pretese sulle quote della cripto industria del paese.

Parallelamente, alcuni scettici hanno indicato una serie di fattori in grado d’interferire sullo sviluppo delle relazioni a lungo termine tra stato e asset digitali. Già adesso, le criptovalute in Israele sono soggette al 46% di tasso d’imposta sul ricavato delle strutture commerciali e al 25% per quanto riguarda i privati. Una tale quota potrebbe danneggiare in modo significativo l’espansione del mercato in questione.

Quali sono i vantaggi del nuovo Siclo?

Nel complesso, gli esperti sono positivi in merito all’iniziativa proveniente da Israele, in quanto sembrerebbe in grado di risolvere numerosi problemi finanziari del paese. Non parlando della velocità delle transazioni e di scambio che verranno raggiunte in questo modo, garantite da diverse piattaforme di exchange, come per esempio la piattaforma Bittrex. Ricordiamo che tale iniziativa è già stata attuata in diversi paesi, tra cui l’Islanda, Grecia, Cipro, Irlanda, Cina e Singapore.

In ogni caso, la questione etica e le possibilità che una criptovaluta nazionale venga introdotta ancora oggi suscita accese discussioni tra i cripto appassionati. Alcuni di quest’ultimi ritengono che nessuna moneta sia necessaria, in quanto “il protocollo andrà a sostituire il fenomeno degli stati, e non solo la moneta fiat”. Altri osservano la vicenda con uno sguardo del tutto ironico. A ogni modo, sembra che, nonostante le critiche, tale pratica sia destinata a espandersi nel corso dei prossimi anni, ma se questa riuscirà a passare la prova del tempo, rimane ancora da vedere.

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