Arriva a Piacenza il viaggio di Liberaidee contro mafie e corruzione

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Dal 22 novembre al 10 dicembre il viaggio di Liberaidee contro mafie e corruzione sarà in Emilia-Romagna: iniziative, spettacoli, dibattiti, eventi sportivi, cene e formazioni per animare un dibattito locale che, a partire dai dati raccolti in ogni regione attraverso una ricerca sociale sulla presenza e sulla percezione delle mafie e della corruzione nel nostro paese, ha l’obiettivo di riscrivere l’agenda dell’associazionismo in tema di mafie e corruzione.

La ricerca sociale partecipata sulla presenza e percezione delle mafie e della corruzione è stata condotta con un approccio innovativo, “volto non solo a descrivere le azioni criminali, ma anche a indagare sulla percezione del fenomeno nei diversi contesti, mettendo insieme due visioni: quella percettiva diffusa e quella qualitativa di chi fa un lavoro da un punto di vista inquirente e di azione repressiva contro le mafie”.

Il 26 novembre la tappa piacentina di questo viaggio sarà dedicata
 “al futuro dei beni confiscati in Emilia Romagna”.

“In questi anni – spiegano da Libera – abbiamo riscontrato come i beni confiscati alle mafie e alla criminalità organizzata siano presenti non solo nella nostra regione ma anche nella nostra provincia. 
Abbiamo pensato quindi di dedicare l’intera giornata a questo tema con un approccio concreto: vogliamo offrire agli amministratori locali strumenti utili per affrontare questa evenienza”.

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Abbiamo visto infatti come un evento fortemente critico, come lo scoprire nei nostri territori una presenza mafiosa possa tramutarsi in una occasione costruttiva e positiva per la collettività. Per questo partner della giornata sarà la Scuola Edile di Piacenza che ha partecipato attivamente al percorso di presa in carico del capannone confiscato alle mafie da parte del Comune di Calendasco”.

“In questi anni abbiamo riscontrato come l’essere rete, la collaborazione tra Comune di Calendasco, Regione Emilia Romagna, il mondo dell’associazionismo rappresentato da Libera e un ente paritetico come la Scuola Edile abbiano permesso di trasformare quello che si presentava come un problema in una opportunità per la collettività”.

Il programma della giornata prevede al mattini
 alle ore 10 presso la Scuola Edile, via Caorsana 127, ka presentazione del programma “Confiscati bene 2.0” con Leonardo Ferrante, settore Anticorruzione Civica del team di gestione Confiscati 2.0. A seguire laboratori sperimentali.

Nel pomeriggio, ore 15, al capannone del Comune di Calendasco dedicato a “Rita Atria”, in via Trebbia 3 “I Beni Confiscati in Emilia Romagna”.

Cosa emerge dalla ricerca – In Emilia-Romagna, dove sono stati somministrati 674 questionari, il fenomeno mafioso è percepito da quasi otto intervistati su dieci come un fenomeno globale, mentre di fatto quasi nessuno – né in Italia né tanto meno in Emilia Romagna – ritiene che i gruppi mafiosi siano presenti solo nel Sud
del paese.

Per due rispondenti emiliano-romagnoli su tre (66,8%) la presenza della mafia nella propria zona è preoccupante e, tra questi, la maggior parte la considera anche socialmente pericolosa (un dato congruente con quello nazionale). Un quarto circa degli intervistati considera invece marginale il ruolo della mafia nel luogo in cui risiede.

Secondo i rispondenti, tra le attività principali della mafia in Emilia Romagna vi sono innanzitutto il traffico di stupefacenti e poi, a seguire, il riciclaggio di denaro, la turbativa di appalti e lo sfruttamento della prostituzione.

Il riciclaggio e lo sfruttamento della prostituzione, insieme al controllo del gioco d’azzardo, si distinguono inoltre per essere segnalati in misura significativamente superiore alla media nazionale, le estorsioni, la corruzione dei dipendenti pubblici, smaltimento illecito di rifiuti e lo scambio di voti appaiono sottostimati rispetto a quanto emerge a livello nazionale.

Nell’opinione dei rispondenti – che potevano scegliere due diverse modalità di risposta – la mafia toglie soprattutto libertà, giustizia, sicurezza e fiducia nelle istituzioni.

Nella maggior parte dei casi – due rispondenti su tre, un dato congruente con il campione nazionale – gli intervistati sanno che i beni che sono stati confiscati vengono poi dati in uso per fini istituzionali o sociali.

Quasi due rispondenti su tre sono a conoscenza dell’esistenza di almeno un bene confiscato in Emilia Romagna; tra questi, prevale la quota di coloro che, pur avendone notizia, non dispongono di informazioni puntuali circa la sua collocazione sul territorio.

La conoscenza di progetti di riutilizzo dei beni confiscati nel territorio regionale è meno diffusa in Emilia Romagna rispetto al campione nazionale, mentre è molto più elevata la quota di coloro che dichiarano di essere a conoscenza di progetti localizzati al di fuori della regione.

La percezione della diffusione complessiva della corruzione in Emilia Romagna risulta meno marcata rispetto al campione nazionale (66,3% a fronte dal 73,4%). In particolare, oltre la metà dei rispondenti ritiene che la corruzione sia “abbastanza” presente nel territorio regionale, mentre meno del 15% la ritiene molto diffusa.

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