Alla riscoperta dell’antico castello di Gropparello

Nuova puntata della rubrica di PiacenzaSera.it alla riscoperta dei castelli della provincia di Piacenza. Questa volta abbiamo scelto un maniero considerato dagli esperti dell’occultismo uno dei più “infestati dai fantasmi” del Ducato: il castello di Cagnano, meglio conosciuto come castello di Gropparello.

Castello di Gropparello

Situato a una trentina di chilometri da Piacenza, per arrivarci percorriamo la strada SP6 che da Piacenza porta a San Giorgio Piacentino; poco prima di entrare nell’abitato di Carpaneto svoltiamo a destra e proseguiamo sulla strada SP10 per giungere a meta varcando la soglia del paese di Gropparello.

Una volta posteggiata l’auto nell’ampio parcheggio dedicato ai visitatori – lungo un prato non in piano, situato a pochi metri dal castello – ci incamminiamo verso la biglietteria.

È una piacevole giornata di fine inverno e il sole gioca a nascondino tra le nuvole. Le colline timidamente hanno assunto un colorito verde, segno della primavera che avanza. Dai giardini dei villini e delle case del circondario le piante sono già in fiore, con colori vivaci che spaziano dal rosso al giallo intenso. Un paesaggio da cartolina.

Castello di Gropparello

Passiamo davanti all’entrata principale: un’enorme cancellata lascia intravedere l’imponente fortezza. Il castello si trova in cima ad un picco, di origine vulcanica, circondato da uno strapiombo, con pareti quasi verticali, in fondo al quale scorre il torrente Vezzeno.

Abbiamo scelto – previa prenotazione telefonica – di effettuare una visita guidata di gruppo, dalla durata complessiva di 1 ora e 20 minuti. Ad accogliere i visitatori Francesca e Chiara Gibelli, figlie degli attuali castellani. Chiara è anche una delle guide e con passione ci narra le tante peripezie accadute al maniero.

Castello di Gropparello

LA STORIA MILLENARIA DEL CASTELLO DI CAGNANO – L’inviolabile rocca di Cagnano, conosciuta ai più come castello di Gropparello – che deve il suo nome all’antico termine celtico “gropp”, con cui venivano indicate le fortificazioni edificate incastonandole su una sommità rocciosa – era stata concepita per essere marchingegno di difesa perfetto contro ogni tentativo d’assedio nemico.

Gli storici concordano nel ritenere che già i romani, intorno al III sec. a.C., dopo aver conquistato queste zone, avessero fortificato il luogo, probabilmente erigendo una torre di guardia, per difendere la strada che portava a Velleia, fondata proprio in quel periodo.

Il primo documento comprovante l’esistenza di Gropparello risale all’anno 780: con esso l’imperatore Carlo Magno concedeva queste terre in feudo all’allora vescovo di Piacenza Giuliano II, ottemperando ad un’espressa richiesta di quest’ultimo.

L’incastellamento vero e proprio viene nominato esplicitamente per la prima volta a chiare lettere in un documento risalente all’anno 840 e relativo ad una controversia tra la Mensa Vescovile e il Capitolo della Cattedrale di Piacenza. Con tale atto si apprende che il Vescovo Suffredo, con salomonico suggerimento, assegnò il castello al patrimonio vescovile.

Nel bel mezzo dei continui e violenti scontri tra guelfi e ghibellini, nel 1255 Azzo Guidoboi, condottiero al servizio del marchese Oberto Pallavicino (esponente della nobiltà ghibellina), espugnò dopo un’estenuante campagna d’assedio la roccaforte (che i guelfi difesero, seppur in vano, strenuamente) e ne fece abbattere la cinta muraria.

Tuttavia le lotte intestine, che erano in essere nella fazione ghibellina, costrinsero Oberto Pallavicino a sguarnirne il territorio. Si riappropriarono quindi i guelfi del castello, i quali provvidero ad escogitare e installare nuovi e più efficaci sistemi difensivi.

Castello di Gropparello

Cinque anni più tardi (nel 1260) Oberto Pallavicino tentò di riconquistare il castello. Per l’occasione inviò un contingente di 400 soldati piacentini e cremonesi (da cui l’appellativo “battaglia dei quattrocento fanti”). Stavolta le contromisure difensive del castello ebbero la meglio sugli invasori. Fu una carneficina; i pochi superstiti tra le fila ghibelline vennero fatti prigionieri e condotti al patibolo a Piacenza.

Nelle prime decadi del ‘300 furono signori del castello di Gropparello gli esponenti della potente e nobile famiglia guelfa dei Fulgosio. Il maniero rimase un loro possedimento fino al 1464, anno in cui Francesco Sforza, duca di Milano e signore di Piacenza, concedette il feudo e il castello di Gropparello a Galeazzo Campofredo, a ripagare i preziosi servigi ricevuti. Nel 1508, poi, lo ereditò la famiglia Borri di Milano.

Nel 1599 Camillo Borri alienò la tenuta alla Camera Ducale. In tal modo questi beni entrano a far parte delle proprietà di Ranuccio I Farnese, il quale lo affidò a Marcantonio Anguissola; quest’ultimo venne anche investito del titolo nobiliare (ereditario) di conte di Gropparello. Nacque così il ramo della famiglia Anguissola di Gropparello, i cui discendenti ne manterranno il possesso fino alla loro estinzione, avvenuta agli inizi dell’800 e sopravvivendo alla stessa scomparsa dei Farnese, occorsa nel 1731 (conseguente all’avvicendarsi sul trono del duca di Parma dei Borbone e degli Asburgo-Lorena, definitivamente spodestati con l’Unità d’Italia).

Con la dipartita di Gaetano Anguissola, ultimo esponente della casata, il castello fu messo in vendita (e con esso altri possedimenti). Ne seguì uno stato di decadenza protrattosi sino al 1869, quando venne comprato dal conte Ludovico Marazzani Visconti Terzi che si prodigò per restaurare l’edificio con l’introduzione di elementi tipicamente neogotici.

Per la direzione lavori fu assoldato l’architetto Camillo Guidotti (noto, tra le varie cose, per aver ricevuto l’incarico dal vescovo Scalabrini di occuparsi del restauro del Duomo di Piacenza, tra il 1897 e il 1901; nel 1922 ebbe cura dei restauri del castello di Rezzanello, della facciata monocuspidata della chiesa di Sant’Anna e della chiesetta – e la cripta – di San Dalmazio, a Piacenza).

Castello di Gropparello

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il castello fu adibito a comando tedesco. Essendo Gropparello un ottimo punto strategico, i nazisti se ne vollero impadronire e qui stabilirono comando di guarnigione per le Schultzstaffel (tragicamente passate alla storia con l’acronimo SS) per difendere dalle incursioni partigiane la strada che conduceva ai pozzi petroliferi di Montechino – i cui giacimenti vennero sfruttati tra il 1866 e il 1950 – e la cui resa massima si ebbe a inizio Novecento, periodo in cui fu persino realizzato un oleodotto che trasportava l’oro nero fino a Fiorenzuola D’Arda.

Ne seguì un ulteriore periodo in cui il castello rimase in totale stato d’abbandono, poi, nel 1994 venne acquistato dai coniugi Gianfranco Giorgio e Maria Rita Gibelli, i quali ne hanno fatto propria abitazione promuovendo numerose iniziative culturali.

Castello di Gropparello

FORSE NON UNA SEMPLICE OCCUPAZIONE MILITARE NAZISTA – Avere il controllo dei giacimenti petroliferi, forse, non era l’unico motivo che spinse i nazionalsocialisti a occupare il castello. Storicamente è comprovato l’universo oscuro del nazismo che si sviluppò all’interno delle SS grazie al suo organizzatore e capo, Heinrich Himmler.

Attratto dalle tradizioni medievali e cavalleresche, Himmler creò l’Ordine Nero con una struttura simile a quella del clero dei Gesuiti. Come i gesuiti, le SS dovevano sottoporsi a sessioni di studio di meditazione, astrologia, geometria sacra, geomanzia e simbolismo cosmico, ma con particolare attenzione all’occultismo, così come al sottoporsi a sedute spiritiche e cerimonie rituali.

Il giovane candidato a SS, per cooptazione, doveva sottoporsi a una cerimonia molto simile a quella delle iniziazioni massoniche. A coloro che entravano a farne parte veniva affidato un anello d’argento con simboli runici.

Himmler, infatti, era affascinato dalla mistica dei cavalieri teutonici di Barbarossa e di Artù, così come era fermamente convito che fosse necessario ritrovare il Sacro Graal (i cui fatti vengono romanzati nel film del 1989 “Indiana Jones e l’ultima crociata”) per imporsi al mondo; una attrazione per il mondo celtico e germanico, così legato ai miti di Odino e delle rune, le lettere che – leggenda vuole – lo stesso Odino avrebbe inciso sul legno, sulla pietra, sulle lame delle spade, origine stessa di ogni conoscenza e potere.

Così il capo delle SS stabilì, di fatto, che un quartier generale del comando dei cavalieri teutonici e quello delle SS fosse allo stesso tempo centro militare e religioso. Fulgido esempio è il castello barocco di Wewelsburg in Renania Settentrionale-Vestfalia (Germania), che per volere dello stesso Himmler venne trasformato in accademia per ufficiali superiori. Ma quello di Wewelsburg non era l’unico castello in Europa che i nazisti consacrarono a sancta sanctorum e forse il castello di Gropparello era tra questi.

Castello di Gropparello

UN CASTELLO VICINO AD UN ANTICO ALTARE SACRIFICALE – Salendo le scale del mastio si arriva al terrazzo. Un ottimo punto di osservazione che permise, in passato, ai soldati di vedetta di monitorare il paesaggio circostante, potendo dare tempestivamente l’allarme.

Oggi quel che colpisce l’osservatore è certamente una sommità rocciosa posta al di là non solo del perimetro delle mura, ma anche oltre il torrente Vezzeno, che lo separa per mezzo di una profonda gola scavata nella roccia dall’erosione dell’acqua.

Castello di Gropparello

Una sommità, spianata ad opera dell’uomo intorno al IV secolo a.C., sulla quale giacciono alcuni grossi massi di pietra lavorati e grossolanamente squadrati e le cui molte analogie con strutture similari note fanno ritenere gli archeologi che fosse luogo di culto di una tribù celtica. Qui i celti celebravano rituali offrendo sacrifici alle divinità. Le vittime venivano trafitte da pugnali sacrificali, secondo un cerimoniale ben preciso, e il loro sangue era raccolto in anfore di terracotta gettate giù dalla rupe.

Un elemento, questo dell’altare celtico e dei riti sacrificali, che avrebbe certamente affascinato molto le SS, le quali non è escluso abbiano manifestato l’intenzione di investigare e approfondire secondo quella dottrina mistica ed esoterica così profondamente inculcata nelle loro menti.

Castello di Gropparello

LA STRUTTURA DEL CASTELLO – Prima di varcarne la soglia, è impossibile non guardare stupiti il profondo fossato a “secco” (senz’acqua, oggi come in passato) che circonda la struttura su tre lati, costituendo un’invalicabile difesa naturale.

L’accesso alla fortezza era garantito solamente da due ponti levatoi: uno per il passaggio delle truppe a cavallo e dei carri, e uno pedonale. La massicciata su cui attualmente si appoggia il ponte levatoio sostituì quello che doveva essere un “ponte morto” (ovvero non dotato di meccanismo di azionamento per mezzo di contrappesi) in legno, materiale che poteva essere all’occorrenza tempestivamente distrutto in caso di pericolo. Il fossato, poi, avrebbe tenuto a distanza il nemico rendendo di fatto inutilizzabile l’ariete di guerra (marchingegno bellico medievale utilizzato per aprire una breccia nelle mura).

Nel mastio, sopra l’imponente ingresso, fa capolino una caditoia con la quale si gettava pece bollente. Altre feritoie, lunghe e strette, erano utilizzate dagli arcieri per scoccare le frecce e neutralizzare così gli assalti del nemico standosene al riparo.

Castello di Gropparello

Una volta all’interno si sviluppa la borgata ripartita in edifici distinti. Il mastio, che è anche la parte più antica del complesso, si sviluppa su tre livelli comprensivi anche di terrazza d’avvistamento. Da notare gli incavi ricavati qua e là all’esterno del mastio, adibiti a nido per i piccioni. Qui i volatili vengono ancora oggi a nidificare, e in epoca medioevale, insieme alle uova che deponevano, rappresentavano un approvvigionamento alimentare su cui si faceva affidamento.

Castello di Gropparello

Tra il mastio e il “corpo nobile” – ovvero la parte adibita a dimora del feudatario – un terrapieno conteneva un’enorme cisterna per la raccolta di acqua piovana: preziosa riserva idrica indispensabile da utilizzare in caso d’assedio.

Castello di Gropparello

Al “corpo nobile”, che subì opere di ristrutturazione nel corso del Quattrocento, si accede attraverso una scala a doppia rampa. Su questo piano anche la sala delle armi, la sala da pranzo, il salottino da conversazione, la camera dell’alcova (oggi la sala della musica) e lo studio. Nella sala da pranzo è di particolare interesse il monumentale camino italiano cinquecentesco dalle ricche decorazioni a stucco d’ispirazione mitologica, come quella del “ratto di Europa” rappresentato sull’architrave.

Al piano superiore, invece, v’era il granaio che costituiva la riserva alimentare dell’intera comunità. Al piano interrato, interamente scavato nella roccia, si trovavano le cucine e la ghiacciaia dove venivano conservati carne e frutta.

Castello di Gropparello

Di particolare interesse anche l’hortus conclusus, luogo che in epoca medioevale era adibito alla coltivazione delle erbe officinali nonché di alberi da frutto, legumi e tuberi. Affacciato sul versante con strapiombo sul torrente Vezzeno, era posto al riparo da eventuali attacchi del nemico e garantiva agli abitanti del castello un’ulteriore scorta di viveri e di medicamenti.

Castello di Gropparello

Da sottolineare anche la presenza delle prigioni, ubicate in un’altra ala del castello, e del suggestivo “camminamento di ronda” che corre lungo tutto il perimetro esterno delle mura. Seppure nota la presenza del “pozzo del taglio” (ovvero di quel trabocchetto costituito da un profondo pozzo con lame acuminate poste lungo le pareti e sul fondo, nel quale venivano gettati nemici e sventurati), esso non è ancora stato rinvenuto, così come leggende parlano di passaggi segreti e persino di una stanza in cui venne murata viva una giovane dama di nome Rosania.

Castello di Gropparello

IL FANTASMA DI ROSANIA FULGOSIO – Su questo suggestivo maniero aleggia la triste leggenda di Rosania Fulgosio, moglie di un certo Pietrone da Cagnano, feudatario intorno alla seconda metà del 1200 del castello di Gropparello.

Durante un’assenza di Pietrone dal castello, un certo Lancillotto Anguissola attaccò la roccaforte che cadde sotto l’assedio nemico. Lancillotto prese a passare in rassegna i prigionieri deciso a eliminarli, ma tra questi incontrò Rosania, che in precedenza aveva amato senza poterla sposare a causa del parere contrario della famiglia della ragazza. La donna si gettò ai suoi piedi intercedendo per la vita dei vinti; tra i due si riaccese il fuoco della passione e Rosania venne meno ai suoi doveri coniugali, commettendo adulterio. Successivamente Lancillotto fu costretto a lasciare il castello dovendo ripartire per altre imprese militari.

Fece quindi ritorno Pietrone, che ben presto fu informato da una sua fedele fantesca di nome Verzuvia del tradimento perpetrato dalla moglie. Decise quindi di vendicare il suo onore: con il pretesto di costruirsi un nascondiglio sicuro in caso di pericolo, fece scavare un antro nella viva roccia sotto le fondamenta del castello; poi una notte, al riparo da sguardi indiscreti, orchestrò di far bere vino drogato all’ignara Rosania così da farla cadere in un sonno profondo. La prese in braccio e la rinchiuse in quella stanza, murandola viva al suo interno.

Tempo dopo venne rinvenuto il cadavere di una donna, la cui descrizione combacerebbe con quella di Verzuvia. Il corpo esanime fu rinvenuto nelle forre del torrente Verzeno, a poca distanza dal castello.

La gente quindi iniziò a sospettare che vi fosse una terribile verità che fino ad allora era stata celata.

Pietrone sfuggì all’umana vendetta in quanto incontrò una morte orribile, egli infatti, mentre era in sella al suo destriero, precipitò nel baratro del fossato che circonda la roccaforte.

La leggenda, tramandata nel corso dei secoli, narra che nelle notte di tempesta sia possibile udire tetri lamenti salire dalle profondità della roccia: sarebbero gli spiriti inquieti di Rosania, di Pietrone e di Verzuvia, condannati a vagare nel luogo della loro tragica dipartita.

Secondo quanto raccontato dalla famiglia Gibelli, attuali castellani, certe notti si odono rumori di passi e scricchiolii sinistri provenire da stanze vuote del castello. In alcune sale, inoltre, in più occasioni, si sarebbe manifestato il suo fantasma, sotto forma di donna dalla corporatura minuta, con i capelli avvolti in un velo e una lunga veste bianca. Anche ad alcuni turisti, nel corso delle visite guidate, è capitato di imbattersi in un incontro ravvicinato: sarebbero state scattate fotografie che mostrerebbero figure eteree.

In una recente occasione, una domestica alle dipendenze degli attuali castellani, mentre era intenta a lavare i pavimenti di una sala, avrebbe visto comparire misteriosamente delle impronte di piedi nudi. Impronte che si dissolsero non appena il pavimento si asciugò. La sventurata donna, per lo spavento, corse fuori dall’edificio e rassegnò seduta stante le proprie dimissioni, facendo promessa di non far mai più ritorno in quel luogo.

Personalmente non credo ai fantasmi e ho trascorso un piacevolissimo pomeriggio all’interno del castello in compagnia della famiglia Gibelli. Nel corso della visita guidata, mentre eravamo nelle vecchie cucine del maniero, Chiara ha raccontato la leggenda del fantasma di Rosania Fulgosio. Io ero tra il pubblico, una quindicina di persone in tutto, e avevo deciso di filmarla.

Stranamente il mio cellulare faticava a mettere a fuoco, come se qualcosa disturbasse l’obiettivo fotografico. Ho comunque deciso di proseguire la riprese (durata totale: oltre 5 minuti) quantomeno per riascoltarmi l’audio per stendere questo articolo. Una volta a casa ho voluto capire cosa poteva aver inquadrato il mio cellulare. Dopo un paio d’ore ho notato qualcosa. Nella foto che riporto, un fermo immagine che ho ingrandito e nel quale ho “ribaltato” i colori. A voi lettori lascio l’ardua sentenza.

Castello di Gropparello

Per chi desiderasse saperne di più, l’attuale castellano Gianfranco Giorgio Gibelli, ex professore di matematica, appassionato di storia, arte e musica, ha scritto due libri che raccontano aneddoti e approfondiscono aspetti storici dell’antico castello di Gropparello.

Nei suoi volumi Gibelli mescola abilmente insieme storia e leggende: ne consegue una frizzante narrazione che spesso utilizza il discorso diretto e in cui l’autore narra la propria esperienza, un vissuto quotidiano accanto alla propria famiglia immersi in un maniero ricco di misteri ancora irrisolti che solletica la curiosità del lettore.

“Indagine su una presenza inquietante”, edito da Tep s.r.l., © 1998 e l’appena uscito in libreria “La compagnia invisibile”, edito da Bastogi Libri, tipografia Mediagraf © 2019

Castello di Gropparello

COSA SI FA AL CASTELLO – Il castello è aperto con visite guidate su prenotazione, ogni giorno, alle 11:30 e alle 15. All’interno del Parco delle Fiabe, adiacente al maniero, si tengono attività ricreative adatte ai bambini di varie fasce d’età, anche accompagnati da mamma e papà. Per tutte le iniziative si rimanda ai contatti del castello a fondo articolo.

Castello di Gropparello

PERNOTTARE NELLA TORRE – Di fianco al mastio è stata arredata la suntuosa suite “Torre del Barbagianni” del tutto autonoma, dotata di angolo “tisane e snack”, WiFi, bagno con doccia idromassaggio con cromoterapia. Può ospitare fino a 4 persone, con una camera matrimoniale, un salotto con possibilità di secondo letto e una camera con libreria e scrittoio.

Castello di Gropparello

PRANZO E CENA – A pranzo il ristorante “Taverna Medievale” è aperto nei giorni di giovedì, sabato e domenica (si consiglia di prenotare), le cui pietanze sono preparate dallo chef Alessandro Folli.

Il sabato sera nei mesi di luglio, agosto e settembre si cena a lume di candela nei giardini di rose. Il sabato sera nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, si cena a lume di candela nella sala rossa del camino.

Prossimi eventi calendarizzati: il 24 aprile “Cena con delitto”. Il 14 agosto “Cena delle Stelle”, il 31 ottobre “Halloween, la notte delle streghe”, il 2 novembre “Halloween, cena con delitto per bambini” e il 16 novembre “Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda”.

Castello di Gropparello

BANQUETING, EVENTI E WEDDING – Infine, il castello di Gropparello è anche location a disposizione per matrimoni e ricevimenti.

Contatti:

Castello di Gropparello

Tel.: +39.0523.855.814

Fax: +39.0523.855.818

www.castellodigropparello.it

info@castellodigropparello.com

Fonti:

“I Castelli del Piacentino”, di Serafino Maggi e Carmen Artocchini, pagg. 610 e succ., U.T.E.P. Unione Tipografica Editrice Piacentina 1967

“Castello di Gropparello”, di Gianfranco Giorgio Gibelli, Edizioni TEP – Piacenza 2010

“Nuovissimo Dizionario Biografico Piacentino”, Banca di Piacenza, TEP s.r.l. 2018

“Hera”, n°32 agosto 2002, anno III, periodico mensile

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