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“Piacenza città inclusiva, ma si valorizzi dialogo tra religioni”

Convivenza, inclusione ed accoglienza nella Piacenza multietnica e multireligiosa“. Questo il titolo dell’incontro a distanza (RIGUARDALO QUI) organizzato da Rotary Piacenza nella serata del 24 gennaio per il ciclo “Servire la comunità ideando il futuro“.

Come spiegato dal moderatore Augusto Pagani, tema centrale dell’iniziativa è “la crisi demografica, argomento sempre più attuale e importante, soprattutto per Piacenza, trattato da diversi punti di vista in ogni serata, grazie al confronto con relatori autorevoli e competenti”. In tal senso, il focus dell’incontro è stato quello dell’integrazione tra comunità locale e straniera, analizzato attraverso il particolare osservatorio di tre esponenti del mondo religioso piacentino: Yassine Baradai, direttore del centro della Comunità Islamica di via Caorsana e segretario dell’Ucoii, l’unione delle comunità islamiche d’Italia, Adriano Cevolotto, vescovo di Piacenza e Bobbio e il diacono della Chiesa Ortodossa rumena di Piacenza, Teodor Ursachi.

Tra discussione sul presente e prospettive future, i tre religiosi, sollecitati dalle domande di Pagani, sono stati i protagonisti di un dibattito ricco di spunti e riflessioni su molteplici tematiche. A partire da come il dialogo interreligioso possa favorire la convivenza tra persone di etnie e culture diverse. “Si tratta di un tema importante, a cui si dedica però poco spazio – ha affermato Baradai -. La nostra comunità – ha aggiunto – è abbastanza recente, trovandosi da non più di 20 anni sul territorio piacentino. La composizione è variegata, anche se spesso si mette tutto nello stesso calderone: ci sono infatti albanesi, marocchini, egiziani, arabi e non solo. Nonostante le differenze la convivenza è pacifica e questo è un fatto che può essere replicato su larga scala anche in tutta la città. Piacenza, infatti, è una città accogliente e i dati lo dimostrano: se abbiamo un’altissima percentuale di stranieri è perché qui possono vivere bene. Contiamo circa 10mila persone che ruotano attorno alla nostra comunità, o comunque di musulmani residenti a Piacenza. Sono in maggior parte nuclei familiari, comunità stabili: questa è una caratteristica importante per favorire l’integrazione anche grazie al dialogo interreligioso, che in questo contesto può essere strumento da utilizzare e valorizzare per introdurre le famiglie nella vita della società piacentina. Lo stiamo cercando di fare anche con i rappresentanti delle altre confessioni, partendo dai valori che insieme condividiamo. Insomma, questa non è una città esclusiva, ci sono grandi opportunità di integrazione e credo che il dialogo interreligioso – ancora poco valorizzato – sia strumento importantissimo per continuare su questa strada”.

Idee simili sono state espresse anche dal vescovo Cevolotto e da Ursachi. “Il fenomeno dell’immigrazione è recente, questo non va dimenticato – ha detto Cevolotto -. Tra la popolazione italiana ci sono quindi una pluralità di sentimenti che convivono: la sorpresa, la paura, il sospetto. Ma anche l’interesse a conoscere e capire il diverso, che è quello su cui si dovrà puntare sempre più. Sono convinto – ha proseguito – che serva un dialogo interreligioso, perché l’aspetto religioso è costitutivo di ogni persona, anche di coloro che non sono particolarmente credenti: se c’è infatti interesse a dialogare e a conoscersi non si può escludere questo tratto, rilegandolo alla sfera personale del singolo. Cogliere le differenze è fondamentale, il dialogo può aiutare a capire che le distinzioni non sono separazioni. Essere differenti non significa essere all’opposto: il dialogo integra, mette insieme diverse realtà. Puntiamo su questo dialogo per abbattere pregiudizi”.

“Il dialogo religioso è prima di tutto dialogo umano, poiché aiuta tutti noi – ha commentato il diacono Ursachi – . Prima di tutto dobbiamo essere in unità con noi stessi, poi con gli altri e, per chi vuole, anche con Dio. Questo dialogo umano è la comunione tra l’uomo e l’uomo. Come diciamo in una nostra preghiera, preghiamo che lo Spirito Santo ricolmi tutte le nostre debolezze, paure e iniquità. Questo è il punto di partenza secondo me, poiché può favorire la convivenza pacifica con gli altri e con noi stessi”.

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