Preti gay e pedofili continuano casi, Dossier dell’escort Mangiacapra. Anche due al Vaticano, dalla Diocesi Cava – Costa d’ Amalfi nessun nome

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Preti gay e pedofili continuano casi, Dossier dell’escort Mangiacapra. Anche due al Vaticano, dalla Diocesi Cava – Costa d’ Amalfi nessun nome è ancora trapelato, ma si segnalerebbero due casi fra i preti che fanno parte dell’Arcidiocesi che riguarda la Costiera amalfitana , Cava de Tirreni e Agerola, la situazione più grave fra Aversa e Caserta, in particolare a rischio gli ambienti legati all’esorcismo.

La Curia di Napoli ha convocato l’ex escort dei preti Francesco Mangiacapra per avviare un lavoro di riconoscimento sui contenuti del cd che compongono il dossier sui sacerdoti gay. L’appuntamento con don Luigi Ortagli della cancelleria ecclesiastica è fissato per domani mattina. In quella data il giovane ex prostituto aiuterà le autorità della Curia nell’opera di discernimento e riconoscimento dei sessanta uomini di chiesa le cui foto e chat erotiche figurano nelle 1300 pagine che compongono il dossier-denuncia. Ovviamente la Curia potrà occuparsi direttamente solo dei due casi di sacerdoti napoletani coinvolti mentre, come prevede l’ordinamento ecclesiastico, i comportamenti di altri sacerdoti verranno sottoposti alle diocesi di appartenenza. La natura dei video e il tenore delle chat non lasciano spazio a equivoci: preti e seminaristi appaiono dediti a frequenti e consolidati scambi sessuali, sia tra loro sia con escort. Un comportamento assolutamente incompatibile con il voto di castità a cui sono tenuti i religiosi. Inoltre, in almeno un caso, figura anche un sacerdote già sotto processo per pedofilia (vive e opera in un’altra regione), circostanza che getta ombre

Tra i casi citati con nomi e cognomi anche quelli di due alti prelati che frequentano il Vaticano e quello di un sacerdote legato da amicizia a una star italiana della musica pop. Ieri comunque sul dossier-scandalo è intervenuto il cardinale Crescenzio Sepe: «Napoli non c’entra. Ci sarebbero due sacerdoti di cui nei fatti non conosco nomi e cognomi — ha affermato — Si è voluto utilizzare Napoli come ufficio postale. Ci sono tante diocesi È stata scelta Napoli — ha aggiunto — probabilmente perché questo signore (Mangiacapra, ndr) abiterebbe a Napoli e quindi per lui era più facile consegnarlo qui. Napoli di fatto non c’entra, nel senso che trattandosi di diverse Diocesi — ha argomentato Sepe — io come vescovo di Napoli non ho competenza con nessun’altra diocesi e ognuno si prenda la sua responsabilità».

Il cardinale non si è detto preoccupato «ma indignato. Per colpa di qualcuno – ha affermato – si cerca di dipingere il volto della Chiesa come sporco per tutti. Ma io dico e parlo di Napoli ci sono circa mille sacerdoti che lavorano, si sacrificano con entusiasmo. Sono la stragrande maggioranza che lavorano nel Cristo e nella chiesa con bene enorme, un bene immenso. E poi ce ne sono alcuni che tradiscono la propria vocazione, la propria missione, infangando e violentando il volto della Chiesa. Per chi sbaglia c’è da pagare per quanto male hanno potuto fare e stanno facendo alla Chiesa. Eppure — ha tenuto a sottolineare Sepe — guardando al passato la chiesa di Napoli, «non è stata indulgente nei confronti di chi ha sbagliato. Laddove sia accertato — ha affermato — con assoluta sicurezza che qualcuno ha commesso qualche reato, non è questione di misericordia oppure no, è questione di giustizia. Chi sbaglia paga — ha concluso — affinché pagando possa redimersi e evitare di fare il male che ha già fatto fino adesso. Tutta la documentazione sarà inviata alle autorità competenti in Vaticano. Qualora i fatti fossero accertati ci sono delle misure molto chiare, precise, che verranno prese». L’ex escort Mangiacapra ieri ha replicato alle parole del presule: «A consegnare il dossier non è stato un signore anonimo, ma una persona che si è identificata e che fortemente rivendica la paternità della propria denuncia. Non si tratta di un attentato alla parte integra della chiesa della cui esistenza nessuno ha dubbi, ma un tentativo di sollevare il velo dell’ipocrisia da chi si nasconde al riparo di una tonaca».

La crepa sta diventando una voragine. Nonostante i legacci della suggestione e la paura di ritorsioni costringano molti a barricarsi ancora dietro l’anonimato. Dopo il caso del prete esorcista arrestato, si è alzato il velo su giri strani che ruotano intorno alla comunità ecclesiastica aversana e dei comuni a nord di Napoli. E spunta la storia di un prete napoletano che per alcuni anni è stato in servizio proprio tra Casapesenna, San Cipriano d’Aversa, Caivano e Villa di Briano e che, da qualche tempo, celebra in un comune della provincia di Napoli. «Il parroco tiene messe sataniche». «Il parroco fotografa a loro insaputa i suoi parrocchiani». Ma, soprattutto, «scatta di nascosto foto ai bambini inquadrando il loro sedere mentre sono in parrocchia o all’oratorio e cerca di portarseli a casa raccontando loro di essere amico di famosi calciatori».
Accuse che vengono «documentate» con una serie di file che finiscono sulla scrivania del vescovo. E che portano, a quanto pare, al solo trasferimento del sacerdote. L’ennesimo.
È il 2014 la strana passione fotografica del sacerdote sarebbe stata comunicata alla Curia di Aversa. I file che si trovano sul suo pc diventano oggetto di un dossier che alcuni parrocchiani sostengono di aver consegnato al vescovo in persona. «Andammo da monsignor Angelo Spinillo dopo aver chiesto consiglio ad altri due parroci i quali ci dissero subito di andare in Curia a denunciare i fatti». Quelle persone dicono che sul computer del prelato erano conservate più di cinquecento fotografie di bambini inquadrati di spalle, vestiti, ma le immagini ritraevano sinistramente la sola parte anatomica del fondoschiena. Foto dello stesso tipo avevano per oggetti uomini adulti, tutti maschi. Scatti rubati. Le immagini sono a volte sfocate, altre oblique. Insomma, nessuna delle persone fotografate si mette in posa, tutti sembrano immortalati a loro insaputa.
Quella delle foto non è solo questa segnalazione che circa due anni e mezzo fa arriva in Curia e all’orecchio di alcuni dei preti che tutt’ora operano tra Casapesenna e l’area aversana. Nello stesso periodo, infatti, è lo stesso don finito sotto accusa ad assumere un comportamento pubblico strano e a «manifestare» particolari propensioni. Alle foto scattate di nascosto ai bambini di spalle, si aggiunge un secondo e corposo file, contenente quanto il sacerdote ha pubblicato su Facebook tra il 2012 e il 2013. E che ha rimosso dopo essere stato trasferito. Immagini in cui appare come un adoratore del Maligno. Di quelle che si trovano sulle foto dei ragazzini che si dicono sostenitori delle sette sataniche.
Nelle immagini conservate dai suoi ex parrocchiani sia nel Napoletano che nel Casertano si vede il prelato a cavalcioni sulla capra simbolo del diavolo. Si tratta di un evidente fotomontaggio che lui stesso ha pubblicato sulla bacheca Facebook e alle quali seguono numerosi commenti di dubbia interpretazione. Il don photoshoppa una sua foto aggiungendo le corna infuocate di Satana sulla sua stessa testa. Pubblica l’immagine sul suo profilo e commenta «Sono proprio un angioletto». E, ancora, condivide inquietanti immagini che ritraggono scheletri e robot demoniaci. In un caso, la foto ritoccata lo ritrae con un occhio cavato mentre impugna una pistola. Il sacerdote posta tutto sul suo profilo Facebook. Le sue attività sui social network mettono in allerta i parrocchiani. A Casapesenna la «tradizione» che accumuna più di un prete da trent’anni è legata ai riti di liberazione e agli esorcismi, non all’adorazione del demonio. I fedeli inquietati dal comportamento del sacerdote screenshottano la sua bacheca Facebook e consegnano i file alla diocesi e a un avvocato.
Intanto sul sacerdote iniziano a confluire anche una serie di informazioni che lasciano perlomeno perplessi. Pare che quando salutava i bambini dopo le attività di oratorio cercasse di adescarli dicendo di essere amico di alcuni calciatori. E, con quella scusa, li invitasse ad andare a casa sua. Insieme alle oltre cinquecento foto di bambini ritratti di spalle e conservati sul cellulare e sul pc che usava in parrocchia, c’erano poi alcuni video hot scaricati da internet a contenuto omosessuale. E, lo stesso prete, era stato trasferito quando il vescovo di Aversa era don Mario Milano che lo aveva trasferito in quella che è diventata una girandola di nomine perché teneva messe non autorizzate riservate solo a persone omosessuali.
Tutto quanto raccolto sul suo conto nel 2014, giurano i parrocchiani, «fu consegnato al vescovo Spinillo» che li invitò «a pregare» e li rassicurò che «avrebbe messo tutto a posto», ma che alcuni mesi dopo si limitò a trasferire il sacerdote ad altra chiesa.
La vicenda emerge solo in questi giorni, dopo che l’arresto di don Michele Barone per violenza sessuale, lesioni e maltrattamenti ha squarciato una coltre di silenzio che sembra essere stata intessuta nel corso di decenni a protezione di ciò che ruota intorno al Tempio mariano, alla casetta di Nazareth e alla comunità che agiva all’ombra delle strutture ufficiali nell’ambito degli esorcismi non autorizzati, dei riti di purificazione e del business dei pellegrinaggi a Medjugorie. Situazioni tutte da chiarire, soprattutto quelle relative al presunto giro finanziario che sta alle spalle dei viaggi nelle località mariane, sugli interessi in Bosnia Erzegovina di alcune delle persone coinvolte e quali sono in corso gli accertamenti della Procura diretta da Maria Antonietta Troncone che ha affidato le indagini all’aggiunto Alessandro Milita e ai sostituti Alessandro Di Vico e Daniela Pannone.
Dopo il clamore mediatico scatenato dal caso del prete esorcista, sembra essersi rotto un argine. Già due ragazze hanno denunciato vicende inquietanti, aggiungendo le loro voci a quella della sorella maggiore della 14enne al centro del servizio de Le Iene. E in tanti si fanno avanti dal Napoletano e dal Sannio per raccontare di essersi recati a Casapesenna in quanto consapevoli che lì si potevano trovare sacerdoti capaci di scacciare il diavolo. Non il solo don Barone, ma altri prendevano parte a procedure non autorizzate. Tutti quelli che si sono serviti dei riti di liberazione affermano però di non essere stati malmenati, tantomeno abusati sessualmente. Situazioni, quindi, apparentemente diverse da quelle per le quali procede la Procura di Santa Maria che, agli atti dell’ordinanza di custodia cautelare, ha ricostruito una serie di condotte sessualmente aggressive nei confronti di ragazze che, a dire di Barone, manifestavano disturbi di natura demoniaca. Quelle stesse ragazze che hanno parlato con i pm e hanno denunciato abusi sessuali ma anche manipolazione psicologiche tali che una di loro ha riferito ai magistrati di essersi finta indemoniata per compiacere le aspettative di don Barone. Il prete, interrogato due giorni fa, ha respinto tutte le accuse. E si è detto pronto a tutelarsi nelle sedi opportune, eventualmente anche querelando le sue presunte vittime.

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