IL CASO
Svizzera arsenale della mala
Ma sulle limitazioni al mercato delle armi ricorso a un referendum per dire no all’Europa
Sembra che alcuni temi di interesse nazionale come il rimpatrio dei migranti, la legittima difesa e l’acquisto di armi, in questo periodo si sovrappongano tra Italia e Svizzera.
La Confederazione il 19 maggio prossimo porterà in votazione tramite referendum il recepimento di una direttiva europea in materia di armi modificata da Bruxelles già nel 2017, questo mentre l’Italia approva il provvedimento sulla legittima difesa.
Alla proposta voluta dall’Ue per il proliferare di armi, ma anche per combattere il terrorismo di matrice islamica, si sono opposti i promotori dell’iniziativa - la Comunità d’interesse Tiro Svizzera - che ha favorito la raccolta di 125mila firme per chiedere il referendum.
A loro giudizio, una legge del genere in Svizzera abolirebbe il diritto di possedere armi e cancellerebbe il tiro sportivo che tanto è diffuso tra i cittadini elvetici.
Il Consiglio federale, il Governo centrale di Berna, ritiene che il diritto svizzero sulle armi resterebbe sostanzialmente immutato e, da subito, avvisa gli elettori che, in caso di rifiuto la collaborazione della Svizzera con gli Stati Schengen/Dublino cesserebbe automaticamente – a meno che gli altri Stati e la Commissione europea non vengano incontro alla Svizzera.
«Il progetto - scrive il Governo di Berna - prevede diverse misure per lottare contro l’abuso di armi: tutte le parti essenziali di armi devono ad esempio essere contrassegnate. Inoltre i commercianti devono comunicare per via elettronica all’autorità cantonale competente tutte le vendite e gli acquisti di armi e di parti di armi. Queste misure permettono alla polizia di stabilirne più facilmente la provenienza. Ma anche di combattere in modo più efficace il mercato nero. Inoltre si migliora lo scambio di informazioni con gli altri Stati dell’area Schengen. Grazie alle nuove misure la polizia svizzera può sapere più facilmente a chi all’estero è stata negata la consegna di un’arma per motivi di sicurezza, e quindi rifiutarla a sua volta».
Sul banco degli imputati sono soprattutto le armi semiautomatiche dotate di un caricatore ad alta capacità di colpi che già sono inserite nella categoria delle armi vietate. Mezze verità, queste, secondo i referendari che ritengono che tale adesione violerebbe la Costituzione federale e la volontà del popolo, abolirebbe il diritto di possedere armi, peggiorerebbe la sicurezza personale degli abitanti e seppellirebbe il tiro sportivo.
«Con il recepimento della direttiva Ue - dicono - una valanga burocratica si abbatterebbe sugli uffici delle armi. Inoltre, con l’abolizione del diritto di possedere armi sparirebbe anche il corrispondente effetto dissuasivo. La criminalità non verrebbe ostacolata bensì facilitata».
A proposito delle armi in oggetto, il dato è oggettivo, va detto che alcune importanti inchieste internazionali che riguardano la malavita organizzata italiana, hanno visto proprio il passaggio di queste genere di armi dai valichi minori del varesotto e del comasco.
Su provvedimenti di arresto di molte inchieste, sulle intercettazioni fatte ai malavitosi, si evinceva chiaramente che la Svizzera era una sorta di isola felice per acquistare armi. In talune alcuni esponenti della ‘ndrangheta raccontano le modalità di acquisto e passaggio. Il tema è complesso considerando che il tiro, da questa parte della frontiera, è lo sport tradizionale più diffuso nel Paese.
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