STORIE DI SUCCESSO...... da Jenin uno dei principali centri agricoli palestinesi, spesso teatro di scontri e di tensioni

Jenin. Arriviamo in questa città della Cisgiordania situata a 26 chilometri a nord di Nablus, uno dei principali centri agricoli palestinesi, spesso teatro di scontri e di tensioni con le incursioni notturne dell’esercito israeliano.

(Prima Pagina News)
Sabato 23 Marzo 2019
Roma - 23 mar 2019 (Prima Pagina News)

Jenin. Arriviamo in questa città della Cisgiordania situata a 26 chilometri a nord di Nablus, uno dei principali centri agricoli palestinesi, spesso teatro di scontri e di tensioni con le incursioni notturne dell’esercito israeliano.

di Clara Ballari

Jenin. Arriviamo in questa città della Cisgiordania situata a 26 chilometri a nord di Nablus, uno dei principali centri agricoli palestinesi, spesso teatro di scontri e di tensioni con le incursioni notturne dell’esercito israeliano. Uno di quei luoghi che meglio di tutti permette di capire la Palestina. Tra i 110.000 abitanti convivono la parte musulmana e la parte arabo-cristiana. Sono all’incirca le 15, le strade brulicanti di vita e di colori.

Saliamo al secondo piano di un edificio nel centro della città.

Ad aspettarci c’è Abla, che in arabo vuol dire bella. Una signora ben vestita, ben curata nell’aspetto in totale contrasto con l’atmosfera che si respira fuori. Ha lavorato per 30 anni nel settore dell’infanzia con un’associazione che si occupa dello sviluppo di programmi per bambini in età pre-scolare e formazione delle maestre e del personale.

Ci dice súbito che quello che si impara in quella fascia di età che va dai 3 ai 6 anni, influenzerà la qualità della vita da adulti. Durante questi anni ha lavorato in tanti programmi, ha cercato di essere innovativa, di proporre sempre nuovi spunti. Ma nel 2012, senza preavviso e senza un vero motivo, è stata licenziata: “è stato un vero choc, mi ha fatto entrare in conflitto con me stessa, ho cominciato a farmi delle domande, dov’ero e dove sono arrivata.

Non riuscivo a trovare le forze per reagire, ma per natura non mi rassegno mai”. Abla non si è arresa, era troppo forte il rapporto con il mondo dell’infanzia. Ha cominciato a seguire dei corsi di formazione durante i quali ha capito che la cosa più importante era il legame tra il bambino e il giocattolo, “voglio produrre giocattoli educativi che possano essere utili per lo sviluppo delle capacità intellettive ed emozionali dei bambini”.

Ha trovato a Jenin un’associazione che la sosteneva in questo lavoro, che la spingeva ad andare avanti. Ha cominciato a fare disegni per poi trasformarli in dei veri e propri giocattoli educativi, di lógica, di matemática, “ora sto facendo un gioco che si chiama Loto, sono 24 figurine diverse tra di loro, questo per abituare l’occhio a distinguere tra una figura e l’altra; accanto ci sono delle schede che il bambino dovrà riempire associandole alla figura, questo è il primo livello.

Poi c’è un secondo livello che è più difficile perchè ci sono due figure, ci vuole più concentrazione”. Nel 2013 ha cominciato lei ad organizzare corsi di formazione, seminari per le donne di Jenin, essendo lei nata e cresciuta in quella zona.

Diceva alle sue ragazze di creare sempre cose nuove “se faccio le cose due volte mi dovete fermare, per me è importante creare qualcosa di nuovo aldilà se ci sono o meno i finanziamenti. Ci ha spiegato che lei cerca di programmare questi corsi di formazione secondo i fabbisogni del mercato e non secondo la presenza di finanziamenti.

Durante la sua prima fiera di giocattoli educativi, in collaborazione con un’associazione locale, è rimasta sorpresa dal numero di partecipanti e questo è stato un grande stimolo per andare avanti e per proporre nuove idee, “hanno aderito a questa iniziativa molti asili di Jenin; ho visto per la prima volta i bambini mentre giocavano con i miei giocattoli intelligenti e ho sentito dentro di me qualcosa che si muoveva”.

Il momento più emozionante è stato quando i bambini le hanno chiesto: “come ha fatto questa cosa?”.

Per partecipare a questi corsi, che avvenivano due volte l’anno, con un numero che variava dalle otto alle undici persone, la quota di iscrizione era minima; ci ha raccontato che ha cominciato ad insegnare anche pianificazione, “le ragazze erano contente di apprendere nuovi argomenti ed io credo che imparare è un progetto continuo che stimola a produrre nuove idee”. E così ha cominciato oltre ai giocattoli, a creare libri educativi, si è fatta conoscere sempre rimanendo con i piedi per terra.

E’ rimansta meravigliata quando una mamma riconoscendola l’ha fermata in una libreria e le ha detto: “mia figlia è innamorata dei tuoi libri, dei tuoi disegni, è il più bel regalo di compleanno che io le possa fare”.

Abla ci racconta che negli asili insegnano la lettera A poi la B e poi si fermano per un periodo; invece il suo è un proceso continuo che non si ferma mai. Ci rivela che in molti asili hanno cambiato il loro método educativo da quando lei ha proposto i suoi giocattoli, “bisogna dare il ruolo al bambino, renderlo responsabile giocando, è lui la figura più importante”, sottolinea Abla, “bisogna dare al bambino il tempo e lo spazio necesario per l’autosviluppo e cercare attraverso il gioco di stimolare la sua immaginazione”.

Facendo un giro negli asili ha parlato con insegnanti ma anche con bambini chiedendogli quale fosse la cosa più importante per loro ed ha rilevato che i giocattoli educativi erano la prima richiesta. Attraverso i giochi dei bambini riesce a capire se hanno un problema rispetto ad un altro, “anche il modo di usare il pennarello ti dà delle indicazioni”.

Il suo sogno? Vorrebbe creare uno spazio all’aperto senza barriere, spazi verdi, aree per l’agricultura, zone d’acqua per sviluppare l’attività motoria per bambini con disabilità e insegnare ai piccoli l’importanza dell’ambiente. Abla non smette di ringraziarci, ci dice che grazie al nostro Programma è meno disorientata, ha imparato a conoscere i costi di produzione, la fattibilità, sa come muoversi, vuole che i suoi prodotti abbiamo un suo marchio, un suo logo, che vengano registrati al Ministero del Commercio, vorrebbe imparare a fare software, fare qualcosa che appartenga solo a lei, “voglio promuovere qualcosa che sia mio e non copiarlo da internet”.

Ci dice che quest’anno vorrebbe sviluppare 15 idee nuove, facendo una sorta di “idee campione”. Alla domanda torneresti a fare il lavoro di prima, ci responde con un lapidario “no”, confidandoci e affidandosi a un famoso detto arabo “un danno può anche darti dei vantaggi”.

Quando l’hanno licenziata ha avuto tempo per pensare, “quando lavoravo non avevo tempo di immaginare e di creare, adesso si”.


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