Meeting di Rimini, il monito forte e straordinario di Papa Francesco (1)

 «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice» 

di Maurizio Pizzuto
Mercoledì 22 Agosto 2018
Rimini - 22 ago 2018 (Prima Pagina News)

 «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice» 

Dopo il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ecco l’annunciato messaggio di papa Francesco. Quattro pagine a firma del segretario di stato vaticano cardinale Pietro Parolin che si configurano come una lettura del titolo scelto per l’edizione di quest’anno, “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”. Il messaggio è stato letto dalla presidente della Fondazione Meeting Emilia Guarnieri prima della santa Messa delle 11.30 celebrata dal vescovo di Rimini Francesco Lambiasi nell’Auditorium Intesa Sanpaolo A3 della Fiera di Rimini. “Anche quest’anno il Santo Padre Francesco – scrive il Segretario di Stato Cardinale Parolin-desidera far pervenire, attraverso di Lei, un cordiale saluto agli organizzatori, ai volontari e ai partecipanti al XXXIX Meeting per l’amicizia fra i popoli, saluto al quale unisco il mio personale augurio per la buona riuscita dell’evento. Il titolo del Meeting - «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice» -, riprende – sottolinea l’uomo più vicino a Papa Francesco- un’espressione di Don Giussani e fa riferimento a quella svolta cruciale avvenuta nella società intorno al Sessantotto, i cui effetti non si sono esauriti a cinquant’anni di distanza, tanto che Papa Francesco afferma che «oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca» “La rottura con il passato divenne l’imperativo categorico di una generazione che riponeva le proprie speranze in una rivoluzione delle strutture capace di assicurare maggiore autenticità di vita. Tanti credenti cedettero al fascino di tale prospettiva e fecero della fede un moralismo che, dando per scontata la Grazia, si affidava agli sforzi di realizzazione pratica di un mondo migliore. Per questo è significativo che, in quel contesto, a un giovane tutto preso dalla ricerca delle “forze che dominano la storia”, Don Giussani disse così: «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice». Con queste parole lo sfidava a verificare quali siano le forze che cambiano la storia, alzando l’asticella con cui misurare il suo tentativo rivoluzionario”. Che ne è stato di tale tentativo?- si chiede il Segretario di Stato-. Che cosa è rimasto di quel desiderio di cambiare tutto? “Non è questa la sede per un bilancio storico, ma possiamo riscontrare alcuni sintomi che emergono dalla situazione attuale dell’Occidente. Si torna ad erigere muri, invece di costruire ponti. Si tende ad essere chiusi, invece che aperti all’altro diverso da noi. Cresce l’indifferenza, piuttosto che il desiderio di prendere iniziativa per un cambiamento. Prevale un senso di paura sulla fiducia nel futuro. E ci domandiamo se in questo mezzo secolo il mondo sia diventato più abitabile”. Per il Cardinale Parolin “Questo interrogativo riguarda anche noi cristiani, che siamo passati attraverso la stagione del ‘68 e che ora siamo chiamati a riflettere, insieme a tanti altri protagonisti, e a domandarci: che cosa abbiamo imparato? Di che cosa possiamo fare tesoro? Da sempre la tentazione dell’uomo è quella di pensare che la sua intelligenza e le sue capacità siano i principi che governano il mondo; una pretesa che si realizza secondo due modi: «Uno è il fascino dello gnosticismo, [...] dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti. L’altro è il neopelagianesimo [...] di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze».Ma allora, il cristiano che vuole evitare queste due tentazioni deve necessariamente rinunciare al desiderio di cambiamento? No, non si tratta di ritirarsi dal mondo per non rischiare di sbagliare e per conservare alla fede una sorta di purezza incontaminata, perché «una fede autentica [...] implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo» (ibid., 183), di muovere la storia, come recita il titolo del Meeting”.(1-Segue) m.p.


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