Autobomba a Limbadi, 6 provvedimenti di fermo per esponenti del clan Mancuso

A quasi tre mesi dall’esplosione dell’autobomba che ha ucciso Matteo Vinci e ferito gravemente il padre, sono stati eseguiti all’alba 6 fermi dalla Dda

 

VIBO VALENTIA – L’operazione antimafia per l’esecuzione dei fermi è in corso dalle prime luci dell’alba a Limbadi. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia e del Ros di Catanzaro che stanno eseguendo i provvedimenti a carico di altrettanti esponenti della famiglia Mancuso di Limbadi, fra i clan più temuti della ‘ndrangheta.

I fermi sono scaturiti dalle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro, a seguito dell’omicidio di Matteo Vinci avvenuto il 9 aprile scorso in una campagna di Limbadi, mediante la deflagrazione di un ordigno esplosivo dell’auto su cui era a bordo assieme al padre Francesco rimasto gravemente ferito e tuttora ricoverato nel reparto “Grandi ustioni” dell’ospedale di Palermo.

I soggetti sottoposti a fermo sono: i coniugi Rosaria Mancuso, 63 anni, ed il marito Domenico Di Grillo; la figlia Rosina Di Grillo, l’altra Lucia Di Grillo, 29 anni, con il marito Vito Barbara, 35 anni, e Salvatore Mancuso, 46 anni, fratello di Rosaria Mancuso, questi ultimi due indicati appartenenti a vario titolo all’omonima famiglia di ‘ndrangheta. Gli arrestati sono tutti di Limbadi.

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Le richieste estorsive per un terreno

L’azione criminale mafiosa sarebbe stata messa in atto per fare cedere la famiglia Vinci-Scarpulla alle loro richieste estorsive: é questo, secondo la Dda di Catanzaro, il movente dell’attentato, messo in atto con una bomba collocata sotto la loro automobile ed azionata con un radiocomando a distanza, in cui il 9 aprile scorso a Limbadi fu ucciso Matteo Vinci, di 42 anni, e gravemente ferito il padre Francesco, di 70.

Le motivazioni dell’attentato vengono indicate nel provvedimento col quale la Dda di Catanzaro ha disposto il fermo di sei persone, appartenenti alla famiglia Mancuso-Di Grillo, eseguito dai carabinieri di Vibo Valentia e del Ros, nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Matteo Vinci ed il ferimento del padre. Oggetto delle richieste estorsive rivolte dai Mancuso-Di Grillo alla famiglia Vinci sarebbe stata la cessione di un terreno limitrofo ad alcuni fondi di loro proprietà. La resistenza da parte della famiglia Vinci nel non volere cedere il terreno, prolungatasi per anni ed accompagnata da varie minacce ed intimidazioni, sarebbe stata la causa scatenante della reazione da parte della famiglia Mancuso-Di Grillo, con la messa in atto dell’attentato compiuto la sera del 9 aprile.

La madre di Matteo: “non sono presunti, ma reali colpevoli”

“Spero che questa gioia che ho dentro non venga smorzata come l’altra volta. Stanotte non ho dormito affatto, sono felicissima”. Sono le prime parole di Rosaria Scarpulla, madre di Matteo Vinci che in questi mesi, nonostante la grave perdita e il ferimento del marito Francesco nell’esplosione dell’ordigno, ha continuato a condurre la propria battaglia chiedendo giustizia per il figlio: “Sono stati arrestati non i presunti colpevoli – ha aggiunto Rosaria Scarpulla – ma quelli reali. Io li ho visti, li ho indicati, ho fatto nomi e cognomi. Finalmente un po’ di serenità. Ringrazio gli investigatori per questo provvedimento che mi restituisce un po’ di gioia dopo tanto dolore”.

Gratteri: “il piano probatorio è solido”

“Il gesto è stato eclatante, perchè uccidere qualcuno con un’autobomba non è comune. E’ un messaggio che bisognava dare – spiega il procuratore Nicola Gratteri – alla collettività a tutti quelli che stanno attorno al contesto criminale di Limbadi, per terrorizzare e far abbassare la testa a tutti. E’ stato importante che nell’arco di pochi mesi siamo riusciti a dare una risposta e risolvere questo caso che è stato di grande allarme sociale non solo per la Calabria ma per tutta l’Italia. Bravi i carabinieri che hanno subito intuito la causale e a fare attività tecnica nei punti giusti. Sul piano probatorio siamo tranquilli perchè è un fermo molto solido. Per qunto riguarda questo fatto è stata una risposta adeguata ma su questo territorio c’è bisogno di ancora ulteriore grande attenzione perchè è uno dei territori a più alta densità mafiosa d’Italia e di massoneria deviata. Io penso che oggi il territorio di Vibo Valentia possa avere concreta fiducia. Da due anni, ho inserito tre pubblici ministeri nel circondario di Vibo e siamo riusciti ad ottenere tra i migliori investigatori d’Italia. Non abbiamo avuto collaborazione dalla gente che è terrorizzata e ha paura. Dobbiamo fare di più per essere credibili”.

“Siamo dinanzi ad un delitto efferato e con modalita’ brutali e mafiose, siamo dinanzi all’esternazione di un vero potere mafioso sul territorio e non ad una semplice lite fra vicini – ha detto ancora il procuratore Gratteri nel presentare l’operazione “Demetra” che ha portato a sei fermi per l’autobomba del 9 aprile scorso costata la vita al biologo Matteo Vinci:  “Era un caso importante da risolvere – ha affermato Gratteri – e cio’ e’ stato possibile grazie alla presenza di polizia giudiziaria ed investigatori dell’Arma di primo livello. I Mancuso-Di Grillo sin dal 2014 si erano messi in testa che il terreno dei Vinci doveva passare a loro, con le buone o le cattive. L’aver chiuso l’indagine in tempi brevi – ha aggiunto Gratteri – dimostra che i vibonesi possono iniziare ad avere fiducia in questa Dda che mai come prima dispone ora sul territorio di ben tre sostituti procuratori dedicati interamente alla provincia di Vibo Valentia per il contrasto ai reati mafiosi”.

 

 

 

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