Mercoledì 24 Aprile 2024

Governo, sull'orlo del precipizio

La crisi non si sblocca, il Quirinale cerca di evitare la paralisi istituzionale. Ma non è facile Di Maio contro tutti: "Al voto, no ammucchiate" PD / I renziani: "Niente conte in direzione"

Renzi, Berlusconi, Salvini, Di Maio

Renzi, Berlusconi, Salvini, Di Maio

Siamo ormai al tutti contro tutti, e davvero nessuno vorrebbe trovarsi al posto del presidente della Repubblica che dopo sessanta giorni dalle elezioni non vede schiarirsi in nessun modo il fronte politico. Non solo il tempo non è servito, ma ha forse peggiorato la situazione perché innescato accuse e recriminazioni incrociate, sommate alle frustrazioni per gli obiettivi mancati e i veti e controveti posti o subiti.

Il richiamo alla responsabilità formulato nel messaggio del primo maggio dal Quirinale non è stato evidentemente recepito. Il clima è avvelenato, con i leader che adesso non se le mandano a dire. Il più duro è Di Maio che si brucia i ponti dietro le spalle, accusando Salvini di prendere soldi da Berlusconi, Renzi di oscure manovre sabotatorie, Berlusconi delle solite cose. Gli altri vengono a ruota. E’ evidente che in uno scenario di questo tipo è difficile ipotizzare qualsiasi tipo di collaborazione tra le forze politiche, sia pure all’interno in un governo del presidente con dentro tutti.

I partiti non accettano di interagire tra di loro (ognuno con le sue ragioni e i suoi dinieghi) ma non si dicono neppure disponibili a uno sforzo di quella "responsabilità" istituzionale cui il capo dello Stato entro breve potrebbe invitarli. Per adesso solo il Pd e Forza Italia, tra le maggiori forze, si sono mostrati propensi ad accettare un richiamo al "dovere", mentre Salvini e Di Maio hanno preferito chiamarsi fuori. Ma il gioco del cerino, oltre che la pazienza di Mattarella e con lui degli italiani, stanno arrivando alla fine. Entro un giorno, massimo due, la crisi sarà giunta a un punto di non ritorno, e il presidente della Repubblica calerà il suo asso.

Magari dopo un ulteriore giro di consultazioni, magari con un appello pubblico o una spiegazione al Paese, Mattarella farà di tutto per non far precipitare l'Italia verso una crisi istituzionale senza precedenti, con i partiti che in un modo o nell’altro preferiscono star fuori piuttosto che dentro, e guardano solo al prossimo appuntamento elettorale. Infischiandosene della legge di bilancio e del possibile esercizio provvisorio, del fatto che un esecutivo troppo debole come sarebbe uno di minoranza alzerebbe la palla alla speculazione internazionale sempre in agguato, e che senza un governo degno di questo nome al prossimo vertice intergovernativo europeo i nostri amatissimi parteners farebbero polpette delle legittime richieste italiane, specie su fondi comuni (è in ballo la programmazione fino al 2026) e immigrazione. Senza contare che tornare al voto senza una nuova legge elettorale che preveda una qualche forma o di ballottaggio o di premio di maggioranza non farebbe altro che prolungare l’incubo dell’ingovernabilità.