Domenica 28 Aprile 2024

La tattica di Salvini

Racconta chi lo conosce bene che Matteo Salvini non procede per principali e subordinate, per piani A e piani B, ma ha di solito sul tavolo due piani A. Due progetti politici che, a seconda dei casi e dei momenti, si contrappongono o si intersecano. Ma entrambi pronti per l’uso e attivabili rapidamente. Una tattica, se vogliamo spregiudicata o da guerrigliero della politica, che ha funzionato non solo il 4 marzo ma, anzi, ancora di più nelle confuse e irripetibili settimane delle trattative per la formazione del governo. Passando per le vittoriose elezioni in Molise e in Friuli e fino al risultato, più che soddisfacente, di domenica scorsa nel primo o unico turno delle amministrative in quasi 800 comuni. La Lega traina e trascina il centro-destra alla riconquista delle città venete del Pd, Vicenza e Treviso. Ma fa la differenza anche nel Centro, nel Sud e in Sicilia: basti pensare a Terni, a Catania, a Teramo, a Barletta. E poco conta che lo stesso numero uno di via Bellerio si schermisca con i suoi ("Potevamo fare meglio") e addirittura strattoni quelli che ritiene che si siano dati poco da fare, come a Brescia, in Piemonte o in Emilia-Romagna. Il raccolto con i vecchi alleati è stato fruttuoso. Ma lo è e continua a esserlo, in termini politici, anche con i nuovi: la vicenda Aquarius, dal suo punto di vista, diventa un caso esemplare. Dunque, il leader del Carroccio mentre a Roma governa con i 5 Stelle, sui territori macina voti con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Mentre avvisa di essere alternativo al Movimento, di fatto lo conduce alla battaglia campale dell’emergenza immigrazione secondo le sue regole di ingaggio. Uno schema movimentista consolidato, se proviamo a leggere in controluce anche quel che è accaduto nei mesi passati: da un lato, l’alleanza storica con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, dall’altro il retro-pensiero dell’intesa populista con Luigi Di Maio. Tutti indizi, quelli vecchi e quelli nuovi, che indicano una sua sola strategia: che non è quella dei due forni, semmai quella del formo unico, il suo. Perché, in definitiva, almeno nella sua prospettiva, si tratta solo di verificare chi, dei due partner paralleli, sarà più facile da inglobare. E a quel punto, la formula e la forma saranno solo una delle mutevoli sovrastrutture della politica.