Mercoledì 1 Maggio 2024

La croce di Tria. Il ministro Cireneo

"Non mi siedo mai lì dietro", mi disse Giovanni Tria quando andai a trovarlo nel suo ufficio di ministro del Tesoro. "Lì dietro" era la scrivania di Quintino Sella, l’uomo che nel 1875 portò l’Italia al pareggio di bilancio. Meglio lasciar perdere, visti i tempi. Indicato da Paolo Savona, in propria sostituzione dopo la bocciatura di Mattarella, Tria è stato descritto sempre vicino alle dimissioni, anche se non ha mai pensato di darle. Il motivo è semplice. Il ministro dell’Economia deve applicare le regole in un governo nato per strapparle. Questo braccio di ferro ha un costo, che si chiama spread, cioè il differenziale tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi. Al momento delle elezioni del 4 marzo 2018, lo spread era di 131 punti. Ieri pomeriggio ha chiuso a 261. I 130 punti di differenza costano circa quattro miliardi e mezzo di interessi in più all’anno: il triplo di quanto basterebbe per garantire l’asilo nido gratis a tutti i bambini italiani. È vero che Bruxelles ha regole economiche e finanziarie ormai fuori del tempo. È vero che nel tentativo di rispettarle il governo Gentiloni ha fatto una legge finanziaria per il 2018 avarissima.

Ed è scandaloso che Olanda e Lussemburgo, i più occhiuti nemici della politica finanziaria italiana, abbiano trasformato i loro paesi in paradisi fiscali che attraggono tutte le maggiori aziende che operano in Europa, Fiat compresa. Ma finché quelle regole non cambieranno, i Mercati staranno dalla loro parte. E Tria è il Cireneo che porta la croce in una quaresima perpetua. Stretto tra le regole e la politica di chi vuole violarle, il ministro cerca ogni giorno gli aggiustamenti che può. All’inizio dell’autunno scorso, mi disse che sarebbe stato rivisto il codice degli appalti e chiamati 300 ingegneri come supporto per la progettazione delle amministrazioni locali sprovviste di tecnici. È sbocciata la primavera e non s’è visto ancora nulla. Perché? Intoppi di ogni genere. Di più: il programma per la crescita con cui Tria spera di evitare la manovra aggiuntiva di metà anno (cioè nuovi tagli e tasse) viene rinviato di giorno in giorno, come quello per sbloccare i cantieri che sarebbe un toccasana per far girare un po’ di soldi. Ultimo elemento di scontro: il rimborso ai risparmiatori truffati dalle banche. A una parte o a tutti? Per darli a tutti, Tria chiede regole nuove e questo ha richiesto un nuovo rinvio. Che ha innervosito oltremodo il vicepremier Di Maio. In un governo politico tradizionale, un ministro così sarebbe andato via da tempo. Ma Tria non è solo un ministro: è Atlante costretto a reggere sulle spalle per punizione l’intera volta celeste. Se va via lui, crolla tutto. Perciò Mattarella lo ha blindato, Giorgetti (additato dai 5 Stelle come la quinta colonna dei Mercati) lo sostiene senza darlo a vedere per conto della Lega e lui ieri sera ha annunciato serafico con l’Unione europea che c’è un largo accordo sul Def, il documento finanziario dei buoni propositi. Poi verranno le elezioni e si vedrà il da farsi.