Sabato 27 Aprile 2024

Calderoli e gli altri, il coraggio del dolore

Da Wojtyla alle star di Hollywood: è cambiato il modo di raccontare le ferite dell’anima

Roberto Calderoli in Senato (Ansa)

Roberto Calderoli in Senato (Ansa)

Roma, 9 marzo 2019 - Ha sollevato molta commozione, suscitando applausi e standing ovation nel Senato, una dichiarazione del vicepresidente Roberto Calderoli che, coordinando una seduta dedicata alla lotta al tumore, ha rivelato che egli stesso sta da sei anni lottando contro la malattia. Hanno giustamente commosso la serenità, il coraggio e l’orgoglio con cui l’esponente leghista ha informato l’assemblea. In realtà, questo episodio di virtù personale e civica è molto più significativo di quanto a prima vista potrebbe sembrare. Allo stesso modo per quanto in un differente contesto, il parlamento Usa, ha tributato un riconoscimento identico a una senatrice che ha narrato di aver in tempi passati subito violenza sessuale da un superiore. Del pari, l’attrice Charlize Theron è stata elogiata per il coraggio con cui raccontò se stessa bambina soggetta all’arbitrio di un padre violento.   Tutti ci commuovemmo, nel 2005, dinanzi allo "spettacolo esibito" della lunga agonia di papa Wojtyla. Le ferite del corpo e dell’anima sembrano oggi degne di venir considerate in sé, non per quel che il loro significato profondo può insegnarci. Su un piano molto diverso, ma in fondo nel medesimo ambito di questioni, è invalso l’uso di applaudire il defunto nei funerali di chi si sia distinto per meriti pubblici – un carabiniere caduto in servizio, per esempio – ma più spesso di chi abbia saputo guadagnarsi la stima dell’opinione pubblica attraverso performance nello sport o lo spettacolo. Non è stato invece notato come questi episodi siano significativi a livello etico e sociologico: rappresentano la definitivamente raggiunta meta della "inversione di canone" imposta negli ultimi decenni dall’avanzare della Modernità.    Oggi si apprezzano in massimo grado le prove di virtù individuale in quanto frutto di libera scelta e tendenti ad affermare, in qualunque modo, il proprio ego, la propria individualità. Si tratta più di mostrar valore contro le avverse condizioni dell’esistere personale che non di presentarsi al servizio di un principio o una comunità. Siamo dinanzi all’essenza dell’Occidente moderno. Nelle società tradizionali e anche da noi, almeno finché è perdurata memoria dell’ancien régime, vigeva il principio dei vizi privati, pubbliche virtù: quel che apparteneva al proprio vissuto andava rigorosamente celato, mentre al contrario le cose proposte a oggetto di esempio degno di lode erano il sacrificio dell’interesse o del benessere privato sull’altare del pubblico bene.    La capacità stoica di sostenere prove esistenziali difficili o sventure o privazioni poteva certo venir apprezzata e lodata, ma in fondo rientrava in quei doveri ai quali era considerato ovvio – quindi non particolarmente lodevole – l’ottemperare. Nessuno ha mai lodato Cicerone o Napoleone per la capacità di sopportare la colite cronica o il mal di denti. Ora, il nucleo forte e profondo della Modernità è invece proprio questo: l’esaltazione dell’individuo e della libertà e volontà individuali come supremo e assoluto valore a scapito di tutto il resto.    Ciò ha comportato, dal Cinquecento in poi, secoli di progressiva eclissi di tutto quanto era pubblico a vantaggio del primato di quanto era individuale: la ricerca della felicità, del piacere, del successo, della salute, della longevità. Rispetto a questi traguardi, sono destinati a retrocedere le virtù che hanno specifico valore sociale: l’onestà, l’altruismo, il senso della cosa pubblica. Dulce et decorum est pro patria mori, è cosa dolce e onorevole morire per la patria, dicevano i latini. E i Padri della Chiesa rincaravano la dose, sentenziando: "Martyrem non facit poena sed causa", l’essenza del martirio non sta nella pena sopportata, bensì nella causa servita.    Oggi non è più così. L’ammalato Calderoli, la senatrice violentata, la star dall’infanzia infelice commuovono in quanto hanno fatto di necessità virtù, sopportando che una parte del loro diritto a benessere e a felicità sia stata loro tolta. La Modernità ha raggiunto il capovolgimento della scala dei valori, svalutando tutto quel che è pubblico o comunitario e valorizzando sempre e comunque quel che è individuale e privato. Sarà per sempre così? Questo è il trend di quel che Zygmunt Bauman ha definito la "modernità solida". Ma all’orizzonte se ne avanza un’altra, "liquida", che comporta il ritorno di valori negli ultimi decenni troppo frettolosamente giudicati come appartenenti al passato. Il mondo cambia rapidamente.