Giovedì 25 Aprile 2024

Omicidio a Chiavari, ucciso orefice. Era un ex pentito della guerra di mafia a Catania

Giallo sull'arma del delitto, forse un colpo solo sparato alla nuca da una distanza di 5-6 metri. Il testimone di giustizia: "Mafia e camorra portano sempre a termine le loro condanne a morte"

Polizia (foto archivio)

Polizia (foto archivio)

Chiavari, 24 aprile 2019 - Omicidio a Chiavari, dove un orefice di 70 anni è stato trovato morto dentro la sua auto nel parcheggio di un supermercato. In un secondo momento si è appreso che la vittima, originaria della Sicilia, era Orazio Pino, un ex collaboratore di giustizia, fra i più importanti pentiti della guerra di mafia a Catania degli anni '90. Secondo le prime informazioni, sarebbe stato ucciso poco dopo le 20 di ieri, orario di chiusura dei negozi.

GIALLO SULL'ARMA  - E' giallo sull'arma utilizzata per il delitto. Dopo un primo esame superficiale del medico legale, è stato rinvenuto un foro sulla nuca, molto piccolo. Qualora fosse riconducibile a un'arma da fuoco, potrebbe trattarsi - spiegano fonti investigative - di una calibro 22. Il colpo potrebbe essere stato esploso da una distanza di 5-6 metri. Ma la ferita, considerata mortale, potrebbe essere stata provocata anche da un'altra arma. Dalle prime informazioni pare sia stata inferta mentre Orazio si avviava verso la propria vettura, trovata poi ancora chiusa. Queste le ricostruzioni che giungono dagli uomini della squadra mobile di Genova, agli ordini del primo dirigente Marco Calì. 

APERTE TUTTE LE PISTE - Quando gli agenti del commissariato di Chiavari sono giunti sul posto hanno trovato il marsupio dell'orefice con ancora i soldi. Non sono stati rinvenuti segni di colluttazione nè tracce ematiche nella zona. Tutte le piste sono aperte, al momento. Dal tentativo di rapina finito male fino all'esecuzione. Gli investigatori stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza del supermercato ma anche quelle lungo la strada che dal negozio porta al parcheggio per vedere se qualcuno lo abbia seguito. Non avrebbero fornito per ora elementi significativi i testimoni individuati dagli inquirenti.  Già sentiti i parenti della vittima.

CHI ERA ORAZIO PINO - La vittima era un pentito chiave della guerra di mafia che segnò Catania negli anni Novanta. Pino ne aveva ricostruito le fasi più sanguinose, accusandosi di essere l'autore di decine di agguati. Il suo profilo criminale è descritto negli atti giudiziari come quello di un personaggio di spicco della famiglia mafiosa di Giuseppe Pulvirenti detto "u Malpassotu".

All'ombra del boss aveva ricoperto il ruolo di capo della "squadra" di Misterbianco (Catania) in aperta contrapposizione con la cosca di Mario Nicotra. Orazio Pino, come il "Malpassotu", era ritenuto vicino al clan di Nitto Santapaola nel quale avrebbe organizzato anche epurazioni interne.

Dopo varie condanne, due settimane fa aveva chiuso i conti con la giustizia. Per sua scelta, nel 2009 era anche uscito dal programma di protezione: aveva concordato una "liquidazione" economica che aveva investito nella sua attività commerciale. A Chiavari gestiva una gioielleria con alcuni punti vendita, in società con la moglie e le due figlie.

L'ex collaboratore era componente del consiglio di amministrazione e per questo la società era stata oggetto nel 2016 di una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Genova. Il provvedimento era stato poi confermato dal Tar al quale Pino aveva fatto ricorso dopo essersi dimesso dalla società. Ma la sua uscita, scrivono i giudici del Tar, "è da considerarsi un mero tentativo di salvare la società dalla censura antimafia" e quindi "permane il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nella società, proprio in ragione della sua presenza". 

L'INDAGINE PER FURTO - Orazio Pino era stato indagato lo scorso anno dopo che una sua ex socia lo aveva denunciato per il furto di alcuni gioielli dalla società che avevano messo insieme. Il procedimento era finito sulla scrivania del pm Gabriella Marino che però, dopo una perquisizione senza esito, aveva chiesto l'archiviazione. Il furto, secondo la denuncia della donna, era avvenuto dopo una lite tra i due e la chiusura della società. La donna aveva fatto opposizione all'archiviazione.

IL GRIDO DEL TESTIMONE DI GIUSTIZIA - "Siamo morti viventi perché la mafia, la camorra, portano sempre a termine le loro condanne a morte". Commenta così Gennaro Ciliberto, ex dirigente d'azienda e testimone di giustizia, l'omicidio di Pino Orazio. Che, scecondo Ciliberto è "un messaggio a collaboratori e testimoni di giustizia". L'ex dirigente d'azienda inizierà a giorni lo sciopero della fame "per cercare di dare una scossa al sistema".