Giovedì 25 Aprile 2024

Trump e i dazi, dopo la Cina tocca al Giappone. L'offensiva del presidente Usa

Il capo della Casa Bianca potrebbe gravare di imposte altri 267 miliardi di dollari di beni cinesi, e le misure potrebbero scattare "molto presto". Dopo Pechino gli strali del tycoon sono rivolti a Tokyo

Donald Trump, presidente Usa, sull'Air Force One (Ansa Ap)

Donald Trump, presidente Usa, sull'Air Force One (Ansa Ap)

New York, 7 settembre 2018 - Nuova pesante offensiva di Donald Trump sul versante degli scambi commerciali attraverso il Pacifico. Le relazioni economiche con Cina e Giappone sono entrate in rotta di collisione, al punto che Washington ostenta una volontà dichiarata di voler scardinare l’assetto attuale per stabilire un nuovo equilibrio tra i piatti della bilancia. In particolare, sono i ventilati dazi sulle importazioni dalla Cina, per un controvalore annuo di 200 miliardi di dollari, a occupare il primo posto nei pensieri dell’Amministrazione americana.

Duri provvedimenti potrebbero essere adottati “molto presto, a seconda di cosa succede”. Lo ha detto il presidente Usa alla stampa accreditata a bordo dell’Air Force One diretto in North Dakota. “Odio alzare barriere doganali”, ha chiarito, “ma in aggiunta alle misure prese ci sono altri 267 miliardi di dollari di dazi dietro l’angolo, pronti a scattare senza troppi preavvisi, se lo voglio”.

Considerato che gli Stati Uniti hanno già applicato tariffe doganali del 25% su un volume pari a 50 miliardi di dollari di prodotti cinesi, le mosse andrebbero a colpire il valore totale dei beni che il colosso asiatico ha fatto arrivare negli Usa. Secondo analisi recenti della Federal Reserve di New York, l’anno scorso il valore dei beni Made in China importati ha superato quota 568 miliardi di dollari, il deficit commerciale americano nei confronti di Pechino, secondo gli ultimi calcoli, è pari al 2,9% del Pil statunitense.

Trump pare irremovibile, focalizzato com'è sulla missione di ridurre a tutti i costi i deficit commerciali con i principali partner economici, e il prossimo bersaglio sarebbe il Giappone. L’ha scritto il Wall Street Journal, e non è stato smentito. Nel pieno di una guerra commerciale con la Cina, cui si aggiungono i nodi intricati tra Unione europea, Canada e Messico, il presidente sembra sempre più assillato dall’idea di “far pagare” anche per le merci giapponesi. Quanto ai negoziati con il Canada, questi stanno "andando avanti" agitando lo spettro di un incremento delle tariffe sulle importazioni di auto come effetto leva.

Trump, in seguito alla pubblicazione, ha chiamato James Freeman, vicedirettore della pagina degli editoriali del Wall Street Journal, e ha precisato il concetto che ha in mente per colmare il gap, il divario tra esportazioni e importazioni. “Sembra che la Casa Bianca sia disturbata adesso dai termini dell’accordo che regola i commerci Usa con il Giappone – ha scritto Freeman – in questo senso ha decantato le buone relazioni con la leadership di Tokyo", ma il cronista ha aggiunto con malcelato sarcasmo, citando le parole del suo interlocutore: "Naturalmente nel momento in cui io dirò loro quanto devono pagare, ha detto Trump, questo feeling finirà".

Nei confronti del Giappone, gli Usa hanno un deficit di 56,6 miliardi di dollari, a tanto ammontava lo scarto lo scorso anno. Per dare un’idea degli effetti innescati dalle attuali politiche commerciali basta guardare alle strade che conducono alle metropoli. Sono irriconoscibili, nel senso che circolano auto del Sol Levante e coreane a profusione, più qualche europea, principalmente berline e coupé tedesche di grossa cilindrata. Ma di autentiche vetture fabbricate a Detroit, lungo le leggendarie highway, si vedono più che altro vecchi modelli ormai superati.