Lunedì 29 Aprile 2024

Usa, Trump perde pezzi: si dimette capo dello staff del Pentagono

Terzo addio alla Difesa nel giro di un mese, dopo Mattis e McGurk, lascia anche Kevin Sweeney. E il tycoon pensa a Webb, ex ministro di Reagan

Kevin Sweeney (Epa Ansa)

Kevin Sweeney (Epa Ansa)

Washington, 6 gennaio 2019 - Ennesima defezione ai vertici del Pentagono, ha dato le dimissioni il capo di gabinetto del ministero della Difesa, Kevin Sweeney, 55 anni. Il passo indietro arriva poche settimane dopo l’uscita di scena del segretario Jim Mattis, che ha rassegnato le dimissioni per via delle divergenze con il presidente Donald Trump sul ritiro dalla Siria. A fine anno, il 31 dicembre, ha lasciato il suo incarico anche la portavoce del Pentagono, Dana White. In una nota, il contrammiraglio Sweeney, che ha guidato lo staff dal gennaio 2017, scrive: “Dopo due anni, ho deciso che è il momento giusto per tornare al settore privato. È stato un onore servire insieme agli uomini e alle donne del dipartimento della Difesa”.

Continua così a perdere pezzi l’Amministrazione Trump. La partenza di Sweeney, originario del Montana, segna il terzo addio illustre registrato nell’arco degli ultimi trenta giorni. In aggiunta alle dimissioni di Mattis infatti c’è stata l’uscita anticipata dell’inviato per la coalizione anti-Isis, Brett McGurk, che era stato nominato a suo tempo da Barack Obama. Anche McGurk ha deciso di lasciare l’incarico in disaccordo sul ritiro delle truppe Usa dalla Siria annunciato a sorpresa dal presidente. Al suo posto è stato cooptato James Jeffrey, precettato in una doppia funzione, anche come inviato speciale per la Siria.

Intanto, proprio mentre il nuovo segretario alla Difesa, Patrick Shanahan (ex vice di Mattis), si insediava, all’inizio dell’anno, tre funzionari della Casa Bianca hanno rivelato al New York Times che il presidente americano starebbe considerando di affidare in futuro il ruolo di titolare del Pentagono a Jim Webb, ex senatore democratico della Virginia, già segretario della Marina militare di Ronald Reagan. Contrario alla guerra in Iraq, candidato alle primarie presidenziali democratiche del 2016, Webb sarebbe allineato con la posizione di Trump, che potrebbe disimpegnarsi dal Medio Oriente, non solo dalla Siria ma anche dall'Afghanistan, per recuperare truppe e rischierarle nel Pacifico, esercitando così una maggiore pressione sulla Cina.

Durante un cruciale dibattito democratico tre anni fa, Webb si scagliò contro le mosse di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, stigmatizzando gli attacchi informatici sferrati agli americani. La decisione di Trump ha allarmato diversi Paesi alleati. Il dipartimento di Stato ha precisato che non c’è un calendario per il ritiro militare che non lascerà vuoti a beneficio dei terroristi. Washington ha inoltre assicurato che non ci saranno conseguenze per la protezione e la sicurezza di Israele, ma l’annuncio di Trump ha già prodotto i primi effetti: l’esercito siriano ha preso il controllo di Manbij, nel nord della Siria, città dalla quale si erano appena ritirate le milizie curdo-arabe, ripiegate di fronte all’imminente offensiva turca. Segno di un cambio di alleanze come conseguenza del vuoto di potere lasciato dagli americani.

L'aggressività dell'Iran in Medio Oriente, in particolare in Siria, saranno i temi al centro di un colloquio, stasera a Gerusalemme, tra Benyamin Netanyahu e il Consigliere Usa per la sicurezza nazionale, John Bolton. Lo ha detto oggi il premier israeliano nella seduta del consiglio dei ministri rilevando che questo incontro segue da vicino la decisione del presidente Donald Trump di ordinare il ritiro delle forze americane in Siria, e ricordando di aver anche esaminato venerdì la situazione nel Paese vicino in una telefonata con il presidente russo Vladimir Putin. Netanyahu ha poi osservato che le esportazioni israeliane hanno raggiunto al cifra record di 110 miliardi di dollari, con un aumento del volume di scambi verso la Cina, ha precisato, cresciuto del 56 per cento. Ma secondo i media locali le relazioni Israele-Cina irritano gli Stati Uniti e Bolton - anticipano - chiederà a Netanyahu di sottoporle a stretta revisione.