{{IMG_SX}}Catanzaro, 13 luglio 2007 - L’INCHIESTA condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, Luigi De Magistris, denominata «Why not», su un presunto comitato d’affari e una loggia massonica con base a San Marino, ha avuto un’accelerazione il 18 giugno scorso con 26 perquisizioni compiute in tutta Italia a carico di tre consiglieri regionali, un generale della guardia di finanza, e imprenditori. Il personaggio principale dell’inchiesta, secondo l’ipotesi accusatoria, è l’imprenditore Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria.

 

Tra le infinità di contatti telefonici che Saladino avrebbe avuto con esponenti politici di vari schieramenti, c’è ne è anche uno con una utenza che l’imprenditore calabrese avrebbe archiviato sotto il nome «Prodi». Tra gli indagati figura anche Pietro Scarpellini, indicato come un punto di riferimento all’interno della Loggia di San Marino, consulente non pagato dell’ufficio del Consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio per i Paesi africani. Una perquisizione è stata eseguita anche nei confronti del figlio di Pietro Scarpellini, Alessandro, anche lui definito dal magistrato come collaboratore di Romano Prodi. Un’altra persona sottoposta a perquisizione è l’ex giornalista Luigi Bisignani, consulente della Ilte spa, coinvolto in passato nell’inchiesta Tangentopoli.

 

IL COMITATO d’affari, sull’asse San Marino-Bruxelles, si sarebbe arricchito incassando finanziamenti dell’Ue in modo illegale. In particolare le truffe ai danni della Comunità europea sarebbero avvenute attraverso una serie di società che sarebbero state create ad hoc per ottenere finanziamenti pubblici. Sulla vicenda, il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Mariano Lombardi, non è a conoscenza dell’iscrizione di Romano Prodi, nel registro degli indagati: «Ritengo che se il sostituto De Magistris avesse deciso o avesse iscritto il Presidente del Consiglio nel registro degli indagati avrebbe dovuto informarmi», ha dichiarato.

 

SI MORDE la lingua, Romano Prodi, prima di commentare la notizia apparsa nel primo pomeriggio sul sito di Panorama, che sarebbe indagato dalla procura di Catanzaro per abuso d’ufficio nell’inchiesta su un presunto comitato d’affari tra San Marino e Bruxelles: «Pur non avendo ricevuto alcun avviso di garanzia o informazione al riguardo, non posso che testimoniare come sempre la mia totale fiducia nel lavoro dei magistri che hanno voluto tutelare la mia persona, se l’avviso di garanzia sarà confermato, con un atto che permetterà di dimostrare la mia totale estraneità a qualsiasi eventuale accusa». 

 

Si mantiene fedele allo stile istituzionale, il presidente del Consiglio ma a chi gli sta vicino non nasconde la profonda amarezza per il basso livello raggiunto dalla battaglia politica. Tranne la Lega, nessuno nell’opposizione infierisce: lo stesso Berlusconi augura al premier di uscirne fuori con onore. Resta il fatto — si nota nell’Unione — che la voce di un presunto coinvolgimento (alcune telefonate, si legge sul sito, porterebbero a un’utenza di Palazzo Chigi e a persone vicine al Professore) viene rilanciata — mentre infuria la battaglia sulla giustizia — da un settimanale non proprio amico che, di fronte alle dichiarazioni del procuratore capo di Catanzaro («non ne so nulla») conferma tutto. Sospira Pecoraro Scanio (Verdi): «Non vorrei che ci trovassimo di fronte alla strategia di voler per forza alimentare confusioni e problemi».

 

Ora: il Professore — spalleggiato dalla sua maggioranza — è convinto che tutto finirà in una bolla di sapone, ma sa bene che il tam-tam mediatico insinuerà comunque nell’opinione pubblica il sospetto difficile da dissipare. E dunque, la vicenda appare come la ciliegina su una torta avvelenata dalle guerre intestine, che partono dalla giustizia e terminano con le pensioni. Con l’infinito rimbombare di voci sulla morte del suo governo all’ombra del partito democratico, su soluzioni e leader istituzional-tecnici, comunque alternativi.

 

Bisogna notare che, dopo aver incassato con filosofia il risultato favorevole al governo in Senato, Silvio Berlusconi fa mostra di fair play pure quando deve commentare la novità: «Auguro di cuore a Prodi di uscire presto e con onore da questa situazione». Spiega il suo portavoce Paolo Bonaiuti: «Noi non cavalchiamo ondate giustizialiste. Siamo garantisti, sempre». Appare evidente che il Cavaliere non potrebbe assumere un atteggiamento diverso: come è noto, quello della giustizia è per lui un campo minale.

 

E’ FACILE però immaginare che non abbia pianto quando è saltata fuori una notizia che comunque gli fa gioco. In linea con questo discorso anche il leader dell’Udc Casini: «Non speculerò né oggi né mai sulle vicende giudiziarie perchè non si può essere garantisti con gli amici e forcaioli con gli avversari politici», dice dopo aver premesso «mi auguro che al più presto Prodi getti la spugna». Molto più duri sono i repubblicani con Nucara che si augura, è vero, venga riconosciuto l’estraneità del premier, però aggiunge: «Certo che in altri tempi cadevano i governi». Chi non va proprio per il sottile è la Lega: «Qualcuno nell’Unione pensava che far approvare una legge sull’ordinamento giudiziario scritta dai magistrati potesse garantire qualche trattamento di favore», sottolinea Castelli.