Governo, più vicino l'accordo Salvini-Di Maio. "Ci sarà un premier terzo"

Circola ottimismo all'incontro decisivo al Pirellone, dove si discute su una 20ina di punti. Monito di Mattarella: "Il presidente non è un notaio". Totoministri, sale la stella di Bonafede. E l’uomo forte sarà Giorgetti "Berlusconi è candidabile", sì del giudice alla riabilitazione

Salvini e Di Maio durante il vertice al Pirellone (Twitter / Ansa)

Salvini e Di Maio durante il vertice al Pirellone (Twitter / Ansa)

Milano, 12 maggio 2018 - Alla fine del vertice di oggi per un governo giallo-verde si respira ottimismo e accordo, sotto il Pirellone: il nome del premier ancora non si intravede, ma intorno alle 20 i due leader si mostrano più che soddisfatti: "La discussione va avanti, ci sono ampi punti di convergenza - dice Luigi Di Maio - Ovviamente domani dovremo continuare a lavorare per il governo del cambiamento". E ancora: sul contratto "dobbiamo acquisire il miglior risultato, altrimenti non ha senso andare al governo, ma vedrete che presto sarà possibile vedere un governo che potrà cambiare veramente le cose per gli italiani".

E Matteo Salvini concorda: "Sui punti fondamentali c'è accordo, e lavoriamo notte e giorno. Preferisco dare un governo che dia risposte agli italiani piuttosto che avere governi strani, neutrali. Entro poche ore chiuderemo, perché giustamente il presidente della Repubblica attende una risposta". E il conflitto d'interessi? Gli chiede qualcuno: "Stiamo lavorando anche a questo, anche se ovviamente non è una delle mie priorità - ammette l'alleato di Berlusconi  - Abbiamo parlato di tutto. Senza voler punire nessuno, ma nessuno nemmeno nell'ambito dei 5 Stelle ha mai pensato a leggi punitive o restrittive che mettano a rischio l'economia, lo sviluppo o i posti di lavoro. È un dibattito che non c'è mai stato". E sull'Europa:  il futuro dell'Italia "passa ovviamente attraverso la rinegoziazione dei trattati europei, altrimenti l'Italia soffoca. E su questo mi sembra ci sia una volontà comune".

Domani, in un round che si preannuncia decisivo, tutti i punti del programma dovranno avere la vidimazione dei due partiti. Perché il tempo stringe e sia M5S sia la Lega non vogliono rischiare nel chiedere altro tempo al Quirinale.

Il refrain sul programma dominava anche in apertura di vertice: la trattativa "sta andando molto bene", aveva detto Luigi Di Maio arrivando al Pirellone con oltre un'ora di ritardo. E Salvini: "Sono contento perché si sta parlando di temi, non di nomi, non di cognomi, non di ministri. Se c'è accordo sui punti fondamentali è meglio un governo che si impegni sulla base di un programma". Il ritardo del leader politico a 5 stelle ufficialmente è dovuto alla necessità di evitare gli esponenti dei centri sociali che si sono radunati sotto il Pirellone per protestare contro la "casta". Ma stando alle voci circolate tra la stampa, Di Maio ha prima pranzato con il consigliere pentastellato Dario Violi, e poi, avrebbe avuto un incontro con un possibile "nome terzo" per la premiership.

Intanto il presidente Sergio Mattarella lancia un monito ai due quasi-vincitori: citando Einaudi manda a dire che il capo dello Stato ha un ruolo 'tutt'altro che notarile'.

NODO PREMIERSHIP - E stando a quanto filtra da fonti vicine alla trattativa sono stati fatti passi avanti anche sul nodo della premiership. Secondo alcune fonti, che non trovano al momento conferma ufficiale, Luigi Di Maio e Matteo Salvini avrebbero certificato il loro passo indietro aprendo la strada al premier terzo. La soluzione del premier terzo era stata indicata, già due giorni fa ma ieri sembrava aver subito un brusco stop.

LA BOZZA DEL CONTRATTO - Nero su bianco il 'contratto per il governo del cambiamento' prevede di una ventina di punti (c'è chi parla di 19 e chi di 22). Per molte ore il capo politico del M5s e il segretario leghista sono rimasti chiusi in riunione, mentre i loro 'sherpa' stavano portando avanti ala trattativa sulla bozza per la stesura del contratto. Sul tavolo anche il tema dell'Ilva, su cui i due partiti hanno espresso posizioni molto distanti. Si propenderebbe, secondo quanto si apprende, per far passare la posizione 'soft' leghista, anziché la chiusura proposta dai pentastellati.

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L'incontro di oggi potrà scongiurare il governo neutrale proposto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella? Ancora presto per dirlo, memori anche degli alti e bassi di una trattativa infinita. Sul piatto potrebbe pesare  anche il fatto che il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha riabilitato alla candidabilità Silvio Berlusconi. Su questo il capo politico dei 5 Stelle commenta secco: "Non cambia nulla nella trattativa con la Lega. Ne prendo atto ma la mia considerazione resta la stessa". Una posizione che coincide poco con quella ottimistica dello stesso Salvini: "Berlusconi che torna candidabile è una buona notizia per lui ma soprattutto per la democrazia. Ne sono felice".

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L'ombra del Cavaliere incombe dunque ancora una volta sul possibile accordo tra Lega e Movimento 5 Stelle, soprattutto dopo le accuse ai grillini, poi ritirate dall'ex premier, di voler introdurre la patrimoniale. Ma c'è anche un altro aspetto che crea tensioni tra i due possibili 'contraenti' dell'accordo di governo: l'annuncio fatto da Davide Casaleggio che il contratto sarà messo ai voti dei militanti pentastellati sulla piattaforma Rousseau. Alla domanda dei giornalisti che gli chiedevano cosa succederebbe se gli iscritti bocciassero l'accordo, Di Maio si è limitato a rispondere con uno stringato "io credo che sarà un buon contratto".

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MONITO DI MATTARELLA - Il capo dello Stato, celebrando oggi il 70esimo anniversario dell'insediamento al Quirinale di Luigi Einaudi, sembra in qualche modo avvisare Lega e M5S: quello del presidente della Repubblica, dice, è un ruolo di "tutore dell'osservanza della legge fondamentale della Repubblica". E specifica: "Einaudi rinviò due leggi approvate dal Parlamento, perché comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell'art.81 della Costituzione". Insomma, la presidenza di Luigi Einaudi fu "tutt'altro che 'notarile', come dimostrò anche la vicenda del diritto di nomina dei cinque giudici di spettanza del Presidente, secondo il disposto dell'art. 135 della Costituzione".

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