Bauman, la paura dello straniero e l’inevitabile confronto con la realtà Seguici su Telegram e resta aggiornato Nato nel 1925 in Polonia, Zygmunt Bauman è considerato il padre della sociologia contemporanea, ed è stato uno dei pensatori più lungimiranti del nostro secolo. Scomparso l’anno scorso Bauman ha saputo nel corso della sua vita spiegare i motivi del mutamento della società e anticipare la precarietà della vita moderna, lavorativa e sentimentale, coniando il termine di “società liquida”. Prima di lasciarci ha fortunatamente fatto in tempo a scrivere del cambiamento sociale che caratterizzerà il nostro secolo, ovvero le “migrazioni di massa”. Stranieri alle porte (Laterza, tradotto da Marco Cupellaro), saggio del 2016, è uscito in una nuova edizione in collaborazione con il “Corriere della Sera” con la prefazione di Donatella Di Cesare. Per il sociologo la questione dello “straniero” è destinata a creare sempre più conflitti nei prossimi anni, per questo è urgente capire come affrontarla. Visto che oggi tutti parlano di migrazione, ma pochi hanno la pazienza di documentarsi, il consiglio è quello di far leggere questo libro anche perché Bauman raramente ha sbagliato i suoi pronostici. (Spoiler: leggere un libro richiede più tempo e concentrazione che scrivere un tweet). Il libro è illuminante e ogni tentativo di sintetizzarne i concetti in questo poco spazio parrebbe riduttivo. Posso però anticiparvi il punto di partenza del ragionamento di Bauman, ovvero che la questione della migrazione è destinata a generare sempre più problemi, e che anche le soluzioni per risolverla ne genereranno altri. Quindi non sarà un cammino indolore. Innanzitutto è fondamentale ricordare che la popolazione europea è in forte diminuzione percentuale rispetto a quella globale, e quindi sarebbe impensabile mantenere l’odierno standard di vita di un europeo se non arrivasse forza lavoro dall’esterno. Il mercato, che ormai ha un potere superiore a quello dei singoli governi, si può reggere solo se il movimento delle merci e delle persone rimarrà aperto. Analizzando i dati di crescita demografica ci accorgiamo che – al contrario dell’Europa – l’Asia e l’Africa stanno crescendo velocemente. Per avere un’idea più concreta, con l’attuale tasso di natalità, nel 2050 la popolazione della sola Nigeria sarà pari a quella di tutta l’Europa. Veramente pensiamo che fermare al confine o in mare sparuti gruppi di migranti possa cambiare l’inevitabile confronto con la realtà? Per il sociologo la strada da seguire è quella di un dialogo informale tra residenti e migranti, che parte dai singoli e non necessariamente dalle istituzioni, percepite come distanti e deboli. La reazione xenofoba e razzista di parte della popolazione è naturale e deve essere superata affrontandola. Visto che non è immaginabile fermare questo movimento di persone, l’unica soluzione è imparare a conviverci. Il timore delle persone però è da prendere in seria considerazione, comprendendo che la paura dello straniero è in realtà frutto di una più generale insicurezza sociale. «Abbiamo eletto gli stranieri a causa di tutti i nostri mali. In realtà il nostro senso crescente di precarietà e paura dipende dalla incapacità di governare l’enorme forza dei processi di globalizzazione». C’è una paura generalizzata dovuta all’insicurezza del nostro modello economico attuale, l’immigrato è diventato un facile appiglio a cui aggrapparsi, per scaricare una colpa che in realtà è del sistema economico globalizzato. La situazione incerta dovuta all’economia e alla presenza di governi fragili porta gli individui a vivere in uno stato di perenne ansia e timore a cui non sanno dare una ragione precisa. La presenza di persone sconosciute nelle proprie città, dal comportamento diverso dal loro, li porta a dubitare e a temere questa novità. Gli immigrati sono un elemento sconosciuto e l’incertezza incarna il pericolo. Il mondo oggi è più complesso e questo aumenta la naturale diffidenza dell’uomo verso il diverso. «Non so chi sono, non capisco come pensano e quindi mi fanno paura». È una reazione legittima. L’unico antidoto è la conoscenza reciproca, ma è una conoscenza che richiede tempo e fatica, da entrambe le parti. Total3 3 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: La Biblioteca di Babele