Cronaca

Nuove intimidazioni per la famiglia di Mario Congiusta, il paladino dell'anti 'Ndrangheta

Il figlio Gianluca fu ucciso nel 2005. Lui è morto un mese fa

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Un cumulo di terra che ricorda una sepoltura lasciato di fronte al negozio di famiglia. Una croce di sigarette, della marca e del tipo che Mario Congiusta ha fumato tutta la vita. Sono due inequivocabili messaggi di morte quelli che negli ultimi giorni si sono visti recapitare i familiari di Mario Congiusta, figura simbolo dell’antimafia della Locride, spentosi meno di un mese fa dopo oltre 13 anni battaglia civica e giudiziaria per dare un nome all’assassino del figlio Gianluca.

Giovane imprenditore di Siderno, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria, Gianluca Congiusta per i magistrati è stato ucciso il 24 maggio del 2005 per la sua determinazione a denunciare il tentativo di riorganizzazione del clan Costa in paese.
Ufficialmente scomparsi da Siderno dopo la feroce faida con i Commisso, nei primi anni Duemila, in silenzio i Costa stavano tornando in paese. Tessevano alleanze, in segreto facevano estorsioni. Ne era stato vittima anche il suocero di Gianluca, che lo aveva confidato al ragazzo.  E lui non aveva intenzione di rimanere in silenzio, Gianluca quel sopruso lo voleva denunciare. Ma lo hanno fermato prima con tre colpi di pistola.

Questa la ricostruzione dei magistrati che ha portato più volte alla condanna del boss Tommaso Costa, Individuato come responsabile dell’omicidio del giovane imprenditore sidernese per ben due volte, sia in primo grado, sia in appello. Ma per la Cassazione non c’erano sufficienti elementi per arrivare ad una condanna. Qualche mese fa, gli ermellini hanno deciso per un annullamento delle precedenti sentenze, senza rinvio ad altro tribunale per un nuovo esame del procedimento. Il boss Tommaso Costa è all’ergastolo, per associazione mafiosa ed altre condanne, ma per la giustizia dei tribunali, l’uomo che ha deciso la morte di Gianluca non ha ancora un nome.

Suo padre invece ne era convinto, sapeva che a decretare la morte del figlio erano stati i vertici del clan Costa e per anni lo ha denunciato, nelle piazze, nelle scuole, nei tribunali. Bassino, magrissimo, sempre con cappello e occhiali, Mario Congiusta, a Reggio Calabria e nella Locride,  è diventato una figura tanto nota quanto scomoda, perché non ha mai esitato nel puntare il dito contro il boss Costa e il suo clan nei processi, né si è tirato indietro nel denunciare pubblicamente la dittatura dei clan. Un esempio pericoloso per la ‘ndrangheta della Locride, i cui uomini oggi sembrano volersi assicurare che nessuno raccolga il testimone della battaglia di Mario. Soprattutto fra i suoi familiari. Dal giorno della sua morte, la moglie e le figlie di Mario Congiusta sono state costrette a denunciare una lunga serie di minacce e intimidazioni, più o meno gravi. Quando la notizia è trapelata, chi ha deciso di terrorizzarle è tornato a colpire con quella croce di sigarette, lasciata sull’uscio di casa per dimostrare che neanche lì la moglie e le figlie di Mario sono al sicuro. Una prova di forza – si commenta in ambienti investigativi – con cui qualcuno ha voluto dimostrare di infischiarsene della straordinaria ondata di solidarietà che si è generata quando si è saputo che la famiglia Congiusta è nuovamente sotto attacco.

Attorno alla moglie e alle figlie di Mario, si sono stretti gli attivisti di associazioni e comitati di base, come il movimento antimafia Reggio Non tace, alcuni sindaci, moltissimi cittadini. “I soliti ignoti-noti sappiano che i Congiusta non sono soli” scrive su facebook, don Pino De Masi, uno dei responsabili di Libera del reggino. La politica invece tace. Come un mese fa ha disertato il funerale di Mario Congiusta, oggi sembra aver abbandonato i suoi familiari.