Cronaca

'Ndrangheta, i carabinieri arrestano a Roma un capo cosca latitante

Dopo un anno di indagini i militari hanno individuato Filippo Morgante in un quartiere della capitale. Accusato di associazione mafiosa è considerato il reggente della cosca Gallico, della quale rappresentava anche un braccio armato. Al momento dell'arresto non ha opposto resistenza, deve scontare 18 anni

1 minuti di lettura
ROMA - Doveva scontare 18 anni per associazione di tipo mafioso, minaccia, detenzione di armi clandestine e associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ma dopo la condanna a Reggio Calabria si era dato alla latitanza. I carabinieri però ne hanno seguito le tracce per un anno e lo hanno arrestato a Roma, dove aveva trovato rifugio nella zona del Forte Tiburtino.

È stato il nucleo deI Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei militari della capitale e del Ros, a porre fine alla latitanza di Filippo Morgante, 48 anni, considerato esponente di spicco della cosca "Gallico" di Palmi. L'arresto di Morgante, latitante dall'ottobre del 2017, é stato il frutto, riferiscono i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, "di una meticolosa e articolata attività d'indagine finalizzata alla sua cattura, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia reggina, avviata nell'autunno del 2017 e supportata da un'ampia attività tecnica".

Per circa un anno i carabinieri hanno infatti stretto il cerchio intorno alle relazioni e i fiancheggiatori di Morgante, finché lo hanno individuato all'esterno di un bar, poco lontano da dove abitava in via del Forte Tiburtino. Quando i carabinieri lo hanno arrestato non ha opposto resistenza, non era armato e aveva con sé dei documenti e un telefono cellulare dei quali era stato denunciato lo smarrimento.

"Filippo Morgante - si legge nel comunicato dei carabinieri - è ritenuto elemento di elevata caratura, a completa disposizione della cosca Gallico, che gode di ampia autonomia decisionale in merito sia alla pianificazione degli omicidi sia alle azioni delittuose da compiere per la gestione degli interessi economici del sodalizio. Si tratta di un profilo criminale delineatosi dettagliatamente nel corso dell'indagine 'Cosa Mia' della Dda reggina a seguito della quale si era reso latitante. L'indagine aveva consentito di accertare come Morgante fosse "al costante servizio dell'associazione mafiosa, dando attuazione a tutti gli ordini impartiti dai capi (Giuseppe, Domenico e Carmelo Gallico) e dai reggenti (Rocco e Teresa Gallico), in particolare in materia di estorsioni".

"Filippo Morgante, inoltre, avrebbe fatto parte del 'braccio armato' della cosca Gallico e avrebbe partecipato attivamente alla faida che era in corso con la 'ndrina Bruzzise, mettendosi più in generale a completa disposizione degli interessi della cosca e cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo".
Inoltre - conclude il comunicato dei carabinieri - dal momento che tutti i principali esponenti della consorteria sono detenuti, Morgante di fatto figurava come il 'reggente' della cosca".

Immediato il plauso del ministro dell'Interno: "I boss devono marcire in galera. Grazie ai carabinieri, che l'hanno braccato, e a tutti gli uomini e donne in divisa d'Italia: siamo orgogliosi di voi". ha dichiarato Matteo Salvini alla notizia dell'arresto di Morgante.