Cronaca

Vaticano su pedofilia: la road map del Papa per bloccare i vescovi insabbiatori

Un momento del vertice di lotta alla pedofilia in Vaticano  
Francesco al summit: "Pensare la Chiesa con le categorie di una donna". L’idea di affidare la vigilanza a laici e metropoliti
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CITTÀ DEL VATICANO - “Pensare la Chiesa con le categorie di una donna”. Questa la richiesta di Francesco durante la seconda giornata del summit sugli abusi in Vaticano dedicata alle misure per contrastare i vescovi negligenti con la posposta di nominare un corpo intermedio di vigilanza presieduto dai vescovi metropoliti e dai laici. Il Papa dopo aver ascoltato la Relazione di Linda Ghisoni, Sotto-Segretario per la Sezione per i fedeli laici del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha voluto rimarcare l’importanza della voce femminile nella Chiesa e nel contrasto degli abusi.
 
“Ascoltando la dottoressa Ghisoni – ha detto – ho sentito la Chiesa parlare di se stessa. Cioè tutti noi abbiamo parlato sulla Chiesa. In tutti gli interventi. Ma questa volta era la Chiesa stessa che parlava. Non è solo una questione di stile: il genio femminile che si rispecchia nella Chiesa che è donna”.
 

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Per Francesco “invitare a parlare una donna non è entrare nella modalità di un femminismo ecclesiastico, perché alla fine ogni femminismo finisce con l'essere un machismo con la gonna. No. Invitare a parlare una donna sulle ferite della Chiesa è invitare la Chiesa a parlare su se stessa, sulle ferite che ha. E questo credo che sia il passo che noi dobbiamo fare con molta forza: la donna è l'immagine della Chiesa che è donna, è sposa, è madre. Uno stile. Senza questo stile parleremmo del popolo di Dio ma come organizzazione, forse sindacale, ma non come famiglia partorita dalla madre Chiesa”.
 
Come ha spiegato altre volte per Bergoglio “non si tratta di dare più funzioni alla donna nella Chiesa – sì, questo è buono, ma così non si risolve il problema – si tratta di integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pensiero. E pensare la Chiesa con le categorie di una donna".
Certo, tutto questo non potrebbe bastare. I vescovi insabbiatori sugli abusi sono ancora oggi un problema. Tanto che secondo una proposta esposta dal cardinale di Chicago Blase J. Cupich, l’idea è quella di affidare la vigilanza dell’operato dei vescovi a dei corpi intermedi che lavorino divisi per zone territoriali. La responsabilità di questi corpi potrebbe essere data ai vescovi cosiddetti metropoliti coadiuvati però da dei laici.
 
Oggi il vescovo metropolita è un titolo sostanzialmente onorifico. Il metropolita è un arcivescovo che presiede una provincia ecclesiastica (una circoscrizione che raggruppa più diocesi) e che dipende direttamente dalla Santa Sede. Il metropolita ha il diritto di indossare, sopra i paramenti liturgici, il pallio, nelle celebrazioni eucaristiche che si tengono entro i confini della sua provincia ecclesiastica. Fra le funzioni che ancora rimangono in mano al metropolita c’è quella di vigilare sulla fede e la disciplina ecclesiastica, e informare il Pontefice romano degli abusi. In questo senso affidare a lui la vigilanza sui vescovi negligenti potrebbe avere un suo senso.
 
Al metropolita, tuttavia, il summit pensa di affiancare dei laici. Svolgerebbero anch’essi un ruolo di vigilanza, oggi più che mai necessaria in una Chiesa fin troppo clericalizzata. Dice non a caso il cardinale di Boston, Sean O’Malley, che “per lasciare questa conferenza con più consapevolezza su come affrontare la questione” occorre “coinvolgere anche i laici”. E anche per l’arcivescovo di Malta Charles J. Scicluna “i laici non sono un optional, un'appendice, ma sono centrali per l'essere e il benessere della Chiesa: è importante che ci sia un ruolo essenziale per la partecipazione dei laici e per camminare insieme nelle strutture dell'accountability”.