Cronaca

Ultim'ora

Calenda: “Io candidato in tutte le circoscrizioni”

Braccianti sfruttati, arresti in Calabria: immigrati pagati meno di un euro all'ora

Operazione dei carabinieri: tre persone arrestate, due con l'obbligo di firma. Indagine nata dalla denuncia di un lavoratore romeno. Emersi anche due casi di violenza sessuale ai danni di due lavoratrici straniere
2 minuti di lettura
REGGIO CALABRIA. Costretti a lavorare a schiena curva dall'alba al tramonto, senza mai un giorno di riposo, fatta eccezione per quelli in cui piogge torrenziali inondavano i campi. Le donne persino abusate e "usate" per soddisfare le voglie dei padroni.

Era un vero e proprio inferno quello dei dieci braccianti migranti di Sant'Eufemia, zona aspromontana in provincia di Reggio Calabria, "liberati" questa mattina all'alba dai carabinieri che hanno arrestato gli imprenditori che li sfruttavano. In due, Antonino Violi e Giuseppina Zagari, sono finiti in carcere. Nella loro casa questa notte sono state trovate anche armi clandestine, munizioni e un'ingiustificabile quantità di contante. Un altro imprenditori, Luigi Violi, è finito ai domiciliari, mentre la moglie Concetta Cannizzaro e il caporale che lavorava per loro, Vasile Dobrea, sono stati sottoposti all'obbligo di firma. Per tutti le accuse sono pesantissime. A vario titolo, vengono loro contestati i reati di intermediazioni illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione, istigazione alla corruzione e violenza sessuale.

Sono loro - ne sono certi i magistrati della procura di Palmi - ad aver sfruttato ed abusato dei braccianti impiegati nelle loro aziende agricole. "Erano trattati come schiavi" commenta uno degli investigatori impegnati nelle indagini. Partita dalla denuncia di uno dei lavoratori, che si è presentato alla stazione dei carabinieri per denunciare il trattamento che subiva, l'inchiesta ha svelato una condizione quasi inumana di sfruttamento.

 Dieci braccianti, di cui 9 romeni e un maliano, venivano costretti a lavorare alla raccolta di frutta e ortaggi ogni giorno, dall'alba al tramonto, senza neanche un momento di riposo, per meno di un euro l'ora. Alla sera, spesso anche dopo le 22, venivano portati in un rustico lurido e fatiscente di proprietà dei due imprenditori, e costretti a dormire su vecchie brandine. Giusto una tregua di qualche ora, perché poco dopo, anche prima dell'alba, i braccianti venivano caricati su un furgone e costretti nuovamente a tornare nei campi. Era così ogni giorno, incluse domeniche e festivi. E spesso ai braccianti veniva persino negata la misera paga mensile pattuita, che si aggirava attorno ai 350-400 euro e ovviamente veniva versata in nero. Un inferno che per le donne era anche peggiore. Più volte - hanno scoperto gli investigatori - sono state violentate da uno degli imprenditori e dal dipendente che impiegavano come caporale.

L'operazione, coordinata dalla procura di Palmi ed eseguita dai carabinieri, arriva alla vigilia dello sgombero del vicino ghetto di San Ferdinando, dove da anni trovano riparo i braccianti migranti sfruttati nelle campagne della Piana di Gioia Tauro. Costretti a scegliere se morire di freddo nelle baracche che hanno costruito o di fuoco a causa dei bracieri che sono costretti ad usare per scaldarsi, i braccianti da tempo chiedono soluzioni alloggiative decenti, ma soprattutto dignità e diritti per il lavoro che svolgono. Impiegati spesso a nero nei campi o con contratti fasulli, pagati a cassetta o a giornata, sono di fatto costretti ad una condizione di clandestinità totale o parziale che non permette loro di uscire dal ghetto. Ma adesso dovranno rinunciare anche a quelle baracche che fino ad oggi hanno chiamato casa. In seguito all'ultimo incendio, costato la vita al terzo bracciante in meno di un anno, il 29enne Moussa Ba, è stato disposto lo sgombero e la bonifica dell'area.

Nelle ultime settimane, la prefettura ha cercato di dirottare la maggior parte dei braccianti in Sprar e Cas, ma molti di loro hanno declinato l'offerta perché le strutture individuate sono lontane dai campi in cui lavorano. Nell'area ci sono ancora mille persone, ma pur di mandarle via domani entreranno in azione oltre 900 uomini fra forze dell'ordine e guastatori dell'esercito.